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Strage Capaci, procuratore Sava: «Il tritolo chiave di volta delle indagini»

Di Redazione |

ROMA – «La chiave di volta di tutte le stragi del ’92 e de ’93 è il tritolo. Nel corso di questo processo abbiamo compreso dove è stato preso il tritolo (le bombe residuati bellici del secondo conflitto mondiale) e chi poi lo ha macinato». Lo ha detto il procuratore generale Lia Sava nel corso della sua requisitoria al processo che si celebra a Caltanissetta per la strage di Capaci. «Per quanto riguarda Capaci – ha aggiunto – e a seguito delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, Cosimo D’Amato e Fabio Tranchina abbiamo individuato con chiarezza il ruolo del mandamento di Brancaccio anche in questa strage».

Il procuratore generale ha sottolineato l’importanza dei grandi collaboratori che hanno parlato in questo processo. «Brusca, Siino e Antonino Giuffrè. Quest’ultimo – ha detto Lia Sava – ci ha permesso di ricostruire la responsabilità di Salvatore Madonia. Lui con il suo livello culturale non poteva non rendersi conto che Cosa Nostra stava avviando la stagione stragista. E poi per il coinvolgimento di Brancaccio, nella fase esecutiva, Spatuzza, Tranchina e a un livello più basso Cosimo D’Amato». 

«Le indagini per la Strage di Capaci non si fermano», ha quindi precisato la Sava. «Il 26 luglio 2017 – ha ricordato – c’è stata la sentenza del Capaci bis di primo grado, ed era il 27 maggio del 2016 quando dissi che le indagini per individuare altre responsabilità anche esterne a Cosa Nostra sarebbero continuate; la prova è che in questo giudizio di appello abbiamo ascoltato altri collaboratori di giustizia e abbiamo messo a disposizione delle difese acquisizioni sul cosiddetto doppio cantiere ancora in corso di approfondimento. Per fare i processi ci vogliono elementi di prova certi e il nostro impegno è quello di non fermarsi mai». Sono cinque gli imputati nel processo accusati, a vario titolo, di aver ricoperto un ruolo, nell’ambito della strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovani Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Alla sbarra i boss Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro, Lorenzo Tinnirello e Vittorio Tutino. I primi quattro in primo grado furono condannati all’ergastolo mentre Tutino fu assolto per non aver commesso il fatto anche se adesso la Procura generale tornerà a chiedere la sua condanna. Per l’accusa Salvo Madonia fu uno dei mandanti della strage mentre gli altri avrebbero ricoperto un ruolo esecutivo. «Fermo restando che la responsabilità di Cosa Nostra – ha aggiunto Lia Sava – è scontata, si pensi a titolo meramente esemplificativo alle risultanze dei colloqui in carcere del 2013 fra Salvatore Riina e Alberto Lorusso, ove il capo dei capi Riina rivendica con malsano orgoglio di avere realizzato la strage di Capaci e quella di Via d’Amelio, le indagini per individuare eventuali concorrenti esterni continuano e non si fermano».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA