Più che un nuovo filone, in pratica è l’ultimo (per ora) sequel di un grande classico del sistema Montante: la saga degli spioni. E anche stavolta, a Caltanissetta, è sotto inchiesta un pezzo grosso: Valerio Blengini, vicedirettore dell’Aisi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna. Indagato per false dichiarazioni ai pubblici ministeri; al momento smentite le voci, circolate soprattutto a Roma, su altre ipotesi di reato come rivelazione di segreti investigativi e accesso abusivo a sistema informatico. Blengini ha già ricevuto la notifica dell’indagine a suo carico. Non risulta invece sotto inchiesta a Caltanissetta il suo superiore, Mario Parente, capo dei servizi segreti civili, per il quale è ipotizzabile la trasmissione del fascicolo a Roma.
La notizia, clamorosa per la caratura dei personaggi coinvolti – entrambi ritenuti molto vicini a Matteo Renzi, che mise Parente al vertice dell’Aisi e gli affiancò Blengini dopo anni da capocentro a Firenze – non è tuttavia un colpo di scena nello scenario delle molteplici indagini sul sistema Montante. Era stata infatti Graziella Luparello (il giudice che ha condannato in abbreviato l’ex leader di Confindustria Sicilia a 14 anni per associazione a delinquere finalizzata, fra gli altri reati, a corruzione e accesso abusivo) a trasmettere ai pm nisseni i verbali di Blengini e Parente «per le valutazioni di competenza».
E, negli ultimi sei mesi, i magistrati guidati dal procuratore Amedeo Bertone hanno fatto il loro lavoro. Quanto meno per capire il ruolo di Blengini. La vicenda ruota attorno a un altro imputato nel rito ordinario: Andrea Cavacece. L’agente dei servizi è accusato di aver girato all’ex direttore dell’Aisi, Arturo Esposito (sotto processo), notizie sull’indagine a carico del colonnello Giuseppe D’Agata, anch’esso alla sbarra. Che ruolo ha il vice capo dei servizi civili? Blengini, sentito dai pm, racconta: «Durante un incontro con personale dello Sco per gli auguri di Natale, a un nostro collaboratore erano state chieste informazioni su D’Agata, tanto da indurlo a ritenere che vi fosse un’ attività investigativa sul colonnello». È proprio Cavacece a confermare la circostanza, con più particolari: Blengini lo informa che «aveva ricevuto dallo Sco della polizia una informazione che riguardava un’attenzione investigativa in territorio siciliano nei confronti del colonnello D’Agata» e gli dice che «era stato il dottore Andrea Grassi (ex questore di Vibo Valentia, ora trasferito a Roma dopo la condanna a un anno e quattro mesi, ndr) a contattare un nostro dipendente dell’Aisi».
Non finisce qui. Blengini si rivolge all’allora questore di Caltanissetta, Bruno Megale. «Gli chiesi conferma se avesse notizia di un’ indagine su D’ Agata perché bisognava valutare l’ opportunità di trasferirlo in Sicilia» . E lo fa, annota il giudice, «attivato per esplicita direttiva del generale Esposito». Ma il questore è esemplare: «Si trincerò in un silenzio imbarazzato, mi rappresentò solo l’inopportunità di trasferire D’Agata in Sicilia», racconta Blengini. Megale scrive subito una relazione di servizio sull’accaduto. Eppure scatta quello che i pm definiscono «un ulteriore campanello d’allarme negli ambienti dell’Aisi». Per il gup è «trasudamento di notizie segrete che, in maniera inizialmente inspiegabile, riuscivano a raggiungere i diretti interessati». Compreso Montante, che tira tutti i fili.
Al posto di Esposito arriva Parente. Che ammette di aver saputo da Blengini di quelle domande su D’Agata, ma aggiunge «di non averne parlato né con Cavacece, né con il direttore Esposito, in quanto la notizia era indeterminata». Parla di quella raccolta alla cena di Natale. Un autogol, secondo il gup, perché «se, come sostenuto dai due appartenenti ai servizi segreti, l’informazione loro pervenuta sulla possibile indagine sul conto di D’Agata fosse stata veramente così generica, non si comprende il senso dell’iniziativa esplorativa condotta presso la Squadra mobile nissena, in quanto, in assenza di dettagli sull’oggetto dell’indagine, non era neppure possibile supporre la commissione di reati funzionali da parte di D’Agata, tali da agganciare l’indagine, presunta, ai luoghi di pregresso servizio dello stesso». Per sintetizzare questa storia aggrovigliata, magari, basta il giudizio del gup Luparello sugli interrogatori di Parente e Blengini: «Mentono sapendo di mentire».
Twitter: @MarioBarresi