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San Cataldo, i genitori di Aldo vogliono che si faccia luce sui veri responsabili

Di Claudio Costanzo |

SAN CATALDO (CALTANISSETTA) – A casa di Aldo Naro si respirano emozioni forti. Alla porta d’ingresso c’è ancora il fiocco bianco col manifesto d’annuncio di quella tragedia che la notte tra il 13 e 14 febbraio 2015 lo ha strappato alla vita ed ai propri cari. Il medico sancataldese aveva appena 24 anni, quando venne ucciso nel privè della discoteca “Goa”, nel quartiere Zen di Palermo.

Ad accoglierci in quelli che erano e sono tuttora i suoi luoghi, le stanze colme di ricordi e fotografie, sono la mamma Anna Maria ed il papà Rosario: nel loro sorriso c’è candore. Aria di rassegnazione? No, tutt’altro. In questi quattro anni, loro e la sorella di Aldo, Maria Chiara, non hanno mai smesso di lottare per avere verità e giustizia. Una “battaglia” che proprio lo scorso 13 febbraio è arrivata ad un punto di svolta: la sentenza di giudizio abbreviato, emessa al Tribunale di Palermo, ha cambiato la storia di questa vicenda. Ad uccidere Aldo non sarebbe stata una sola persona, versione che resisteva da quattro anni, con il coinvolgimento di un giovane, Andrea Balsano, all’epoca minorenne. Per altri tre uomini, infatti, è stato prospettato il reato di omicidio in concorso.​ Nel dettaglio, il giudice ha ordinato la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica di Palermo per le valutazioni nei confronti di Gabriele Citarrella, Francesco Troia e Pietro Covello, circa il reato di omicidio in concorso. Inoltre, per il solo Citarrella, è stato disposto che la Procura valuti la sua responsabilità per il reato di rissa aggravata dall’evento morte.​

Negli occhi e nelle parole dei genitori di Aldo Naro si legge una forza d’animo ed una determinazione dirompenti, unite alla lucidità e compostezza delle loro affermazioni. In questi anni, hanno parlato di lui in tutte le sedi, descrivendolo come un ragazzo che amava profondamente la vita. Un ragazzo con un viso da poster pubblicitario. Un giovane di talento anche negli studi («quando terminava un esame all’università e ci chiamava, la domanda da fare era una sola: “Con o senza?” (la lode)», ricordano i genitori) e pronto a svolgere la professione medica.​

«Dopo la sentenza del rito abbreviato, proviamo sollievo – le parole d’esordio dei coniugi Naro -. Finalmente, viene condivisa la nostra tesi, basata su fatti oggettivi, concreti, reali. E’ stata condivisa da un giudice terzo, dopo l’esame delle nostre argomentazioni mirabilmente rappresentate dall’arringa dei nostri avvocati, Salvatore e Antonino Falzone. A quattro anni dall’assassinio, brutale e feroce, di Aldo e dopo la nostra insistente richiesta di verità, manifestata in tutti i modi consentiti, compresa l’ostentazione di immagini che mai avremmo ritenuto di rendere pubbliche (le foto dell’autopsia postate su Facebook un anno fa, n.d.r.), ma che hanno dato forza formidabile al convincimento che avevamo maturato circa la responsabilità di più persone e non di un solo individuo, è stata riconosciuta la veridicità della nostra tesi». ​

Coniugi Naro, perché si era pensato alla responsabilità di una sola persona per l’omicidio di Aldo?​«Ignoriamo quali possano essere stati i motivi. Però, siamo rimasti profondamente sorpresi dal convincimento circa l’esclusiva responsabilità della persona all’epoca minorenne di fronte all’evidenza di fatti (testimonianze, video eccetera), che invece deponevano per un pestaggio collettivo. Primo tra tutti, l’autopsia di Aldo: il corpo del nostro amato figlio parlava in maniera chiara ed evidente. Ma quanta fatica, quante umiliazioni e oneri di qualsiasi natura, abbiamo dovuto sostenere per evidenziare una verità che si era manifestata fin dalle prime ore successive all’omicidio! Dalla vicenda di Aldo sono scaturiti più processi: da quello conclusosi con la condanna definitiva del minorenne a quello relativo alla rissa aggravata e favoreggiamento, che ha visto 13 imputati, di cui 10 hanno optato per il rito abbreviato appena conclusosi. Infine, un altro procedimento per omicidio che pende, con richiesta di archiviazione da parte della Procura e nostra opposizione, che si discuterà a marzo. Alla luce di ciò, noi confidiamo in una riapertura delle indagini, per giungere all’individuazione completa e definitiva delle singole responsabilità. Chiediamo che coloro i quali si sono resi responsabili di questo omicidio ne rispondano di fronte alla legge. Lo dobbiamo ad Aldo e a noi stessi, non possiamo rassegnarci all’oblio ed all’ingiustizia che rischiavamo di subire». ​

Qual è il vostro stato d’animo dopo 4 anni?​«Noi siamo più motivati che mai e con una aumentata dose di coraggio. Vedere il possibile concretizzarsi di una giustizia vera e autentica ci riempie di orgoglio e soddisfazione. La sentenza del 13 febbraio ha restituito ad Aldo quella dignità che gli era stata strappata, anche dal punto di vista umano». ​

Uno degli aspetti che maggiormente hanno interessato ed anche diviso l’opinione pubblica riguarda la posizione di quanti, quella notte, erano con Aldo Naro al “Goa”, ossia gli amici e la fidanzata. Di qui, l’interrogativo rivolto ai genitori.​

Cosa si può dire a proposito di coloro che facevano parte della comitiva di Aldo?​«Abbiamo avuto grosse difficoltà a capire il loro comportamento. Precisiamo che, dalle loro testimonianze, non è venuto alcun aiuto alle indagini. E’ comprensibile che, al verificarsi del pestaggio, possano anche aver temuto per la loro incolumità, del resto non hanno riportato neanche un graffio. Però, quello che davvero non riusciamo a comprendere e che vorremmo che qualcuno ci spiegasse, è come mai da parte loro quella notte non vi sia stata neanche una minima reazione a distanza: urla, richieste di aiuto o anche la semplice, doverosa e umanissima richiesta d’intervento alle forze dell’ordine».​

Alla fine di questa intervista, una domanda che da quattro anni torna prepotente, che attanaglia i familiari e quanti volevano bene ad Aldo. ​Perché è stato ucciso?​«Al momento, questo è l’unico aspetto oscuro della vicenda. Il fatto che dopo 4 anni non si sia mai neanche formulata una ipotesi, la dice lunga sulla possibile natura e sui possibili scenari dell’omicidio. Sicuramente la verità verrà a galla prima o poi e, quando succederà, potrebbero esserci delle sorprese eclatanti».​

Il 7 marzo verrà discussa l’opposizione presentata dai legali della famiglia Naro alla richiesta di archiviazione di due querele contro ignoti per omicidio. L’auspicio degli avvocati è quello che si abbia la formale iscrizione al registro degli indagati delle persone per cui, nella sentenza del 13 febbraio, è stato prospettato il reato di omicidio in concorso. A tal riguardo, gli avvocati Falzone depositeranno il contenuto del pronunciamento del giudice per l’abbreviato. Il 13 dello stesso mese, invece, si celebrerà una nuova udienza con il rito ordinario: saranno sentiti alcuni testimoni dei fatti del “Goa”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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