Riesi. Lo scorso 30 novembre all’Università di Pavia si è svolta la cerimonia di premiazione “Donne che ce l’hanno fatta” organizzata dal Forum Nazionale degli Stati Generali delle Donne, coordinate da Isa Maggi, in collaborazione con Sportello Donna, Fondazione Gaia e l’Ateneo pavese.
“Donne che ce l’hanno fatta” racconta esperienze professionali e di vita, unite da un unico comune denominatore: apprendimento continuo, credere in sé stesse e rimettersi in gioco, anche con grande fatica.
Quest’anno, il Premio per l’innovazione in campo medico è stato conferito alla riesina Roberta La China, ortopedica presso l’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato.
“Forse la fatica è quello che più frequentemente le donne sperimentano nel percorso verso la loro realizzazione. – commenta Roberta La China – Nel mio percorso di crescita professionale ho dovuto fare i conti con tutto quello in cui si può imbattere una donna, giovane e del sud, che decide di fare un mestiere faticoso, in cui “si sega e si martella”, un mestiere per cui ti chiamano in urgenza nel cuore della notte e in cui non esistono le pause pranzo, insomma un mestiere per uomini. Ma non mi sono mai data per vinta! “Credici” è stato il mio mantra! Tanta determinazione, impegno incessante, e un pizzico di fortuna che non guasta”.
Presso l’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato, La China ha avuto la possibilità di fiorire professionalmente, arrivando ad importare, per la prima volta in Italia, Adapt 2.0, una innovativa tecnica chirurgica per il trattamento delle fratture del femore, che ha avuto modo di apprendere a Straburgo e che, al momento, si pratica solo in altre tre strutture in Europa.
“Ma il mio è un lavoro d’équipe e, per essere arrivata fin qui, devo ringraziare tutto il team con cui collaboro” – precisa sorridendo la dottoressa riesina.
La China ha inoltre posto l’attenzione sulla questione di genere.
“Un Paese che tollera il gap salariale tra lui e lei, – ha detto l’ortopedica – che privilegia gli uomini ai vertici, che classifica le sportive nella categoria dilettanti o che decide per le donne – sull’abbigliamento, sull’istruzione, sulla carriera, sui figli – facendo credere che siano loro a scegliere, non è un Paese civile, non è un Paese moderno. E noi dobbiamo fare qualcosa: assumerci la responsabilità del cambiamento”.