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Gela, la bioraffineria guarda avanti nonostante la crisi per il Covid-19

Di Maria Concetta Goldini |

GELA (CALTANISSETTA) – La bioraffineria che ad un anno e mezzo dall’avvio si appresta a essere potenziata per migliorare le sue performances in termini di produzione e rispetto dell’ambiente, gli obiettivi raggiunti, pur tra lockdown e restrizioni imposte dalla pandemia, i traguardi futuri, il rapporto tra Eni e territorio: ne parla, nella sua prima intervista dopo la nomina, Massimo Lo Faso, da settembre amministratore delegato di Rage. Un incarico che attiva dopo 10 anni di lavoro nel sito industriale di Gela, seguendo in prima linea la grande scommessa di trasformazione della raffineria di greggio voluta da Enrico Mattei.

Ing. Lo Faso, il 2020 è stato un anno difficilissimo per il mondo ed il primo di vita per la bioraffineria. In questo scenario gli obiettivi programmati hanno subito un ridimensionamento?

«Assolutamente no. Anzi la bioraffineria ha chiuso il 2020 con 500 mila tonnellate di prodotto lavorate, il 30% in più del bugdet previsto. Durante il lockdown è stata l’unica raffineria che ha prodotto a pieno regime. Il mercato, specie quello tedesco e olandese, ha mostrato di apprezzare i nostri prodotti».

La pandemia ha avuto effetti negativi nell’organizzazione del vostro lavoro?

«Siamo riusciti a dotarci immediatamente delle linee guida sanitarie per contrastare il contagio e lavorare in sicurezza. Abbiamo modificato i nostri comportamenti prevedendo anche posti singoli alla mensa aziendale. Negli impianti sono state effettuate tre sanificazioni ogni cambio turno, le postazioni dei manutentori sono state separate con plexiglas. Inoltre abbiamo incrementato lo smart working. Durante il lockdown abbiamo fermato tutte le ditte terze ma siamo stati i primi a riavviare le loro attività nei primi giorni di maggio. In totale abbiamo avuto 9 casi di Covid con un contagio non generato al nostro interno e senza focolai associati».

In questo nuovo anno ancora segnato dalla lotta al virus avete programmato nuovi obiettivi?

«Il nostro mercato è nuovo e molto sfidante. Nel 2020 abbiamo testato fin dove possiamo spingere gli impianti della bioraffineria. Vogliamo ottenere un prodotto con caratteristiche ancor più severe. Perciò effettueremo una fermata in estate per avere impianti più veloci e realizzare prodotti più severi da piazzare nei mercati del Nord Europa. Servono dei correttivi che stiamo mettendo in campo. Inoltre è in atto uno studio per ottenere la certificazione alle normative americane, un mercato a cui guardiamo. Lavoriamo ad un ampliamento dell’ecofining per produrre biojert perché quello del carburante per gli aerei è un mercato che può darci sviluppo e ci stiamo preparando».

Andiamo alle cariche usate per alimentare la bioraffineria. L’obiettivo di eliminare del tutto l’olio di palma è ancora attuale per Eni?

«Si, l’impianto Btu lo dimostra. E’ stato realizzato e a febbraio si completeranno le prove. Servirà a raggiungere l’obiettivo di non usare olio di palma entro il 2023. Subito si potrà lavorare l’olio esausto di frittura. Si userà un prodotto l’Uco (used cocking oil) che viene lavato e centrifugato da Ecorigen, una nostra insediata. Poi si useranno i grassi animali che arriveranno con le navi. Nel 2023 arriverà poi la prima partita di olio di ricino della sperimentazione che si sta conducendo in Tunisia».

Quali opportunità può offrire al territorio la bioraffineria?

«Abbiamo preso contatti con la società locale che opera nella raccolta di oli esausti. Questa filiera di approvvigionamento di prodotti va potenziata e speriamo che qualcuno investa negli oli esausti. La presenza della bioraffineria è il motore dell’accordo che stiamo per chiudere con l’Università Kore di Enna per il corso di laurea in Ingegneria ambientale da ospitare nella sede di Macchitella Lab mentre gli studenti potranno imparare molte cose da noi, come per esempio nel campo delle bonifiche».

In questi mesi da Ad di RaGe come ha percepito il rapporto tra città ed Eni?

«Un rapporto sereno e maturo. La città ha capito il nostro modello di conversione e c’è la consapevolezza che Eni è un valore aggiunto per tante iniziative che si rivolgono alla comunità come i progetti di Pcto per le scuole, il banco alimentare pronto entro un anno, i nuovi posti di rianimazione quando ci consegneranno i locali su cui intervenire. E poi gli interventi su Bosco Littorio su cui abbiamo interlocuzioni con la Soprintendenza».

Nel dicembre del 2019 l’Ad di Eni Descalzi e il ministro Costa hanno siglato un’intesa sullo smantellamento dei vecchi impianti della raffineria. Lo avete messo in atto?

«Si, abbiamo già speso 7 milioni di euro nonostante le solite lungaggini burocratiche. Aspettiamo da un anno ad esempio l’autorizzazione a demolire la torcia più alta. Ma non siamo rimasti inattivi ed entro l’estate si vedranno i risultati nel panorama della città perché stiamo smontando il camino Snox che poi sarà eroso con un intervento dall’alto, siamo fiduciosi di potere eliminare d’estate pure la torcia più alta, elimineremo le trivelle che servivano al vecchio cocking. Dopo la caldaia 300 demoliremo le altre due. Sono stati già demoliti tutti gli impianti che non servivano nell’isola 8 per potere lavorare meglio in quell’area in cui c’è l’ecofining della bioraffineria e realizzare gli interventi utili al nostro futuro».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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