Caltanissetta
Depistaggio via D’Amelio, Scarantino rivela pressioni da poliziotti
PALERMO – «Sono sereno, anche se sono povero e non ho più niente»: il falso pentito Vincenzo Scarantino ostenta serenità nonostante ancora una volta si sia contraddetto davanti all’autorità giudiziaria. Sentito, in controesame al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio che vede imputati i poliziotti Bo, Ribaudo e Mattei, Scarantino ha indicato solo nei tre funzionari gli autori delle pressioni che lo indussero a mentire sulla fase esecutiva dell’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino. Una versione, che gli è stata contestata dall’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di Gaetano Murana, uno degli accusati ingiustamente per la strage ora costituito parte civile.
Di Gregorio, all’affermazione di Scarantino, ha reagito contestando vecchie dichiarazioni in cui il falso pentito aveva sostenuto di avere rivelato la sua estraneità ai fatti agli ex pm di Caltanissetta Annamaria Palma, Gianni Tinebra e Carmelo Petralia. Questi, raccontò il falso pentito, avrebbero reagito sostenendo che chi era stato accusato ingiustamente della strage comunque di certo aveva fatto qualche reato. Scarantino ha reagito alla contestazione attribuendo ai poliziotti imputati ogni responsabilità e di avere saputo da loro, e non direttamente dalla Procura, che la polizia si muoveva d’intesa con i magistrati. Il controesame prosegue nel pomeriggio. Sul depistaggio è in corso, a Messina, un’indagine che mira ad accertare se ci sono eventuali responsabilità dei magistrati nel depistaggio delle indagini sulla strage.
«Ho sentito il nome di Giuseppe La Mattina, volevo chiedere scusa anche a lui». Così l’ex pentito Vincenzo Scarantino al processo sul depistaggio sulla strage Borsellino a Caltanissetta dopo avere appreso della presenza in aula di uno degli imputati condannati all’ergastolo, con le sue false accuse, per la strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Scarantino in precedenza si era scusato anche con Gaetano Murana, un’altro dei condannati che aveva accusato ingiustamente. Al processo a Caltanissetta per calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra ai poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, l’ex pentito nel controesame pressato dai legali torna anche sulla posizione dei magistrati che indagavano sulla strage di via D’Amelio: «Oggi mi sento di dire che il dottore Petralia non mi ha mai suggerito niente, il dottore Di Matteo non mi ha mai suggerito niente. Il fatto che i poliziotti mi dicevano sempre di stare tranquillo, tranquillo, tranquillo – spiega alla Corte – mi ha messo in testa la cosa che i magistrati erano consapevoli di ogni cosa…». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA