Caltanissetta – La Polizia di Caltanissetta ha eseguito 4 ordinanze di misura cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica, per associazione mafiosa aggravata per aver fatto parte del clan Rinzivillo.
L’attività investigativa, conclusasi con gli arresti di oggi, costituisce una costola dell’operazione ‘Extra fines’ che portò all’arresto nel 2017 di 37 affiliati al clan-Rinzivillo. L’indagine fece luce sull’ascesa, nella famiglia di cosa nostra gelese, del boss Rinzivillo il quale, approfittando della carcerazione dei suoi fratelli e dell’assenza sul territorio di uomini in grado di contrastarne il carisma, riorganizzò il clan facendo leva sia su figure tradizionalmente appartenenti ad esso sia su figure nuove ed emergenti che si erano messe a sua disposizione per assicurare il mantenimento in vita del clan.
Nell’ambito dell’indagine, condotta dai poliziotti della Squadra Mobile di Caltanissetta con l’ausilio della Squadra Mobile di Parma, è emersa la figura dell’avv. Grazio Ferrara del foro di Gela, quale uomo di fiducia del boss gelese Rinzivillo sin dal 2016 (durante il periodo delle indagini poi confluite nell’Operazione Extra Fines) quando lo aveva fatto contattare da un suo affiliato. L’avvocato costituiva la longa manus del Rinzivillo negli affari intessuti dal boss gelese con altri appartenenti al clan Rinzivillo, in particolare con Luigi Rinzivillo (di cui assunse la difesa nell’ambito del blitz “Extra fines”) e poi con Benedetto Rinzivillo, inteso “Peppe u curtu”; con Carmelo Collodoro, esponente di cosa nostra gelese; con Santo Napoli, mafioso di Milazzo; con Paolo Raito, uomo d’’onore della famiglia di Salemi, autista degli esattori Nino ed Ignazio Salvo; con Roberto Salerno, reggente della famiglia di cosa nostra di Vittoria (RG). Rinzivillo avrebbe impartito al legale ordini precisi che andavano ben oltre gli incarichi forensi. La disponibilità del legale nei confronti del boss gelese si manifestava anche dopo la carcerazione del boss: infatti, è proprio al suo avvocato che Rinzivillo, approfittando del suo status di insospettabile legale, affidava il compito di fare uscire i suoi ordini per altri esponenti della consorteria mafiosa, ancora liberi sul territorio.
Nel corso dell’indagine è stato anche rilevato che l’avvocato Grazio Ferrara faceva pervenire al boss messaggi dai sodali liberi, attraverso l’esibizione di fogli manoscritti durante i colloqui in carcere: una modalità ingegnosa con la quale l’avvocato gelese pensava di eludere eventuali intercettazioni ambientali a suo carico. L’avv. Ferrara era il “prescelto” da Salvatore Rinzivillo tant’è che il boss si sarebbe fatto accompagnare dal legale il 14 aprile di due anni fa ad un incontro riservato con il boss di Salemi Paolo Rabito.
Le altre ordinanze. Oltre all’avvocato Ferrara di 39 anni in carcere sono finiti Benedetto Rinzivillo, inteso “Peppe ucurtu”, 55 anni, imprenditore gelese attivo nel commercio delle carni; Giuseppe Incorvaia, imprenditore di Licata (AG) in pensione, 73 anni ed Emanuele Zuppardo, 62 anni, di fatto domiciliato a Parma, in atto sottoposto alla libertà vigilata.
L’imprenditore Benedetto Rinzivillo, inteso “Peppe u curtu”, opera tradizionalmente nel commercio di carni, appartenente a cosa nostra-clan Rinzivillo, avrebbe assicurato aiuto economico all’’associazione criminale; inoltre avrebbe offerto disponibilità al capo dell’’associazione ad assumere alle proprie dipendenze personale indicato dal capomafia e avrebbe favorito l’’infiltrazione del clan rinzivilliano nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di danaro di provenienza illecita. L’imprenditore Benedetto Rinzivillo è indagato anche per tentata estorsione, aggravata per averla commessa in qualità di appartenente al clan mafioso, per avere tentato di procurarsi un ingiusto vantaggio in danno di un imprenditore concorrente, rappresentante di carni e salumi, che veniva minacciato di morte qualora avesse continuato ad offrire ai clienti, la stessa carne da lui commercializzata.
Il ruolo del licatese Giuseppe Incorvaia. Impegnato nel commercio di cosmetici e profumi si sarebbe messo a disposizione del boss Salvatore Rinzivillo che dal carcere faceva pervenire precisi ordini tramite l’avv. Ferra. Incorvaia avrebbe favorito il boss fornendogli il suo contributo per l’’attivazione di attività economiche funzionali all’’investimento e riciclaggio di illeciti proventi, avvalendosi dell’avv. Ferrara.
Non meno importante è la figura di Emanuele Zuppardo, storico appartenente al clan rinzivilliano di Gela, il quale, approfittando dei permessi premio durante la carcerazione a Milano, riprendeva i contatti con Salvatore Rinzivillo, favorendo l’incontro tra quest’’ultimo e lo storico esponente di cosa nostra di Salemi, Paolo Rabito.