Antonello Montante come Cesare Battisti. O giù di lì. Una sorta di “rifugiato politico”, condannato in tribunale a 14 anni da uno Stato che, secondo la sua tesi, sarebbe correo nell'unica «associazione a delinquere» di cui l'ex paladino antimafia si dichiara colpevole.
Nell'ultima udienza del processo d'appello a Caltanissetta, lo scorso 18 giugno, l'imputato precisa che non s'è «mai occupato fuori dal ruolo istituzionale di nessuna cosa con.. né con magistrati né con forze dell'ordine», dice nel verbale che La Sicilia ha avuto modo di leggere. «Tutti mi vogliono far diventare una star, perché se parlo contro i magistrati Io parlerei contro i magistrati se ci fosse stato un minimo di reato, ma nessun magistrato mi ha chiesto mai nulla, come non mi ha chiesto mai nulla un uomo delle forze dell 'ordine', scandisce.
E poi l'affondo: «Quindi, Montante “assolve” toghe e divise. Ma, esaminati dai suoi difensori, col consueto metodo di aprire aperte e chiuse quasi casualmente, avvinghia a sé, trascinandoli nel fango, i personaggi di spicco della politica siciliana. Dopo Nello Musumeci e Gaetano Armao (tirati in ballo per incontri fino al 2018, in cui, fra pranzi partite e bocce, chiedevano a Montante «cosa fare», secondo la testimonianza dell'imputato), è il turno di Giancarlo Cancelleri.
Dell'attuale sottosegretario ai Trasporti, già nel maggio 2018, Montante aveva parlato nell'interrogatorio dopo l'arresto. Partendo dall'ex datore di lavoro del politico grillino: Salvatore Lo Cascio. L'imprenditore, raccontò più di tre anni fa, «stava fallendo e si presentò da me Cancellieri, l'attuale leader di Cinque Stelle, da deputato delle Cinque Stelle, mi chiese un appuntamento. Io per due, tre volte non avevo tempo di incontrarlo. Un giorno mi venne a trovare in ufficio alla Camera di Commercio». Che voleva? Il leader M5s, al quale Montante aggiunge sempre una “i” nel cognome, «mi venne a chiedere di Lo Cascio, se potevamo fare una attività forte verso il Tribunale per non farlo fallire perché era una situazione… perché lui era stato il magazziniere di Lo Cascio».
Per queste dichiarazioni, all'epoca rivelate dal nostro giornale, Cancelleri querelò Montante per diffamazione. Il fascicolo (il sottosegretario è stato sentito) è ancora aperto. «Incontrai Montante per quello che rappresentava: il presidente della Camera di commercio di Caltanissetta», si difese l'ex vicepresidente dell'Ars, ricordando che «fu un incontro ufficiale, al termine del quale diramai anche un comunicato alla stampa», Ma adesso Montante torna alla carica. «Vi dico una cosa fondamentale», la premessa nel verbale dello scorso 18 giugno. «Lo Cascio nel 2015, dopo l'articolo sempre (quello di Repubblica sull'indagine per mafia, ndr) mi ha… me lo accompagna Giancarlo Cancelleri. Già… l'onorevole Cancelleri me lo accompagna, chiedendomi sempre nel ruolo istituzionale, signor presidente, di cose lecite parlo, perché non c'è… me lo accompagna in Camera di Commercio dopo… previo appuntamento e ricevo sia a Cancellieri che a Lo Cascio, per aiutarlo in una situazione bancaria, dove la Camera di Commercio si occupava di costituirsi parte civile in quei processi dove… penali dove la banca potesse vessare l'imprenditore e allo ste… a Lo Cascio ».
Rosario Crocetta che nella campagna elettorale del 2012 aveva sollevato ombre sull'ex datore di lavoro di Cancelleri, definendolo «molto molto, molto amico di quell'ingegner Di Vincenzo. Guardasse chi sono gli “amici degli amici' e ricordasse che io sono stato il primo politico in Sicilia a denunciare i rapporti di Di Vincenzo con la mafia mentre lui, candidamente, non sa chi ha che fare quotidianamente». Crocetta, poi eletto governatore, fu rinviato a giudizio per diffamazione il 2 maggio 2015, con annuncio di richiesta di risarcimento danni di due milioni in sede civile. Ma, nel febbraio dell'anno dopo, Lo Cascio ritirò la querela. E il giudice del tribunale di Gela dispone il «non doversi procedere» nei confronti di Crocetta.
Nel frattempo Di Vincenzo, presidente degli industriali nisseni nell'era pre-Montante, uscì pulito da tutte le inchieste che lo vedevano coinvolto, tranne una in cui è stato condannato per estorsione ai danni di due suoi operai. Assolto in via definitiva dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel 2006, si è visto confiscare in via definitiva il suo patrimonio, stimato in circa 280 milioni. Contro il provvedimento Di Vincenzo ha presentato ricorso in Cassazione. E nel processo sul sistema Montante, in cui lo stesso Di Vincenzo è parte civile, anche Lo Cascio ha rivendicato l'orgoglio della Confindustria nissena old style. «Prima del suo arrivo il clima era sereno e costruttivo». La testimonianza nell'aula-bunker con riferimento all'imputato.
«Rimasi in Confindustria fino all'elezione di Montante – ha spiegato il teste – non condividevo le sue idee e quelle del suo gruppo. Non volevo parlare né con lui, né con chi stava al suo fianco, quindi dopo la sua elezione presentai le mie dimissioni. I miei rapporti con Montante non erano buoni». Lo Cascio costituì un comitato, “Liberi imprenditori”, che appoggiava Salvatore Mistretta, sfidante di Montante alla presidenza. «Il comitato era contrario al codice etico ripreso da Confindustria. effettivamente – ha rivelato in aula Lo Casio – erano un gli imprenditori che avevano dato la loro adesione al comitato, ma con il tempo presero le distanze». Montante vinse l'elezione del 2005: fu l'inizio della brillante carriera antimafiosa in Confindustria. È finita come sappiamo. Ma la vendetta, per tutti, è un piatto che si consuma freddo. Con una ricca insalata di veleni per contorno.
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