MILANO – C’è un ulteriore presunto responsabile nella vicenda del cadavere trovato murato in una parete di una villa a Senago (Milano) nel gennaio del 2019, poi identificato come quello di un albanese di 41 anni. All’alba, i carabinieri dei nuclei investigativi di Monza e Caltanissetta, al termine di una complessa attività investigativa, hanno eseguito a Riesi (Caltanissetta) un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Monza a carico di Salvatore Tambè, di 45 anni. Lo rende noto il Comando provinciale dei Carabinieri di Monza.
L’uomo era già agli arresti domiciliari con l’imputazione contestata di aver fatto parte dell’associazione mafiosa «Cosa Nostra della famiglia di Riesi». Adesso viene ritenuto responsabile dell’omicidio volontario commesso a Muggiò (Monza e Brianza) nel 2013 del cittadino albanese Astrit Lamaj, scomparso nel gennaio 2013 e rinvenuto il 15 gennaio 2019, appunto, murato in un appartamento in ristrutturazione a Senago. Dietro la vicenda vi sarebbe la fine di una relazione e il furto di alcuni gioielli, che avrebbe fatto scattare una terribile vendetta. Per la vicenda sono già state individuate altre persone, ritenute vicine ala criminalità organizzata.
L’indagine. A fare il nome di Salvatore Tambè è stato il collaboratore di giustizia di Riesi Carmelo Arlota il quale, avviata la sua collaborazione con la Dda di Caltanissetta, ha raccontato l’omicidio dell’albanese e la presenza di diversi riesini molti dei quali si trovavano in Lombardia. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri Tambè, che si trovava agli arresti domiciliari per aver far parto dell’associazione di mafiosa di Cosa nostra, in particolare della famiglia di Riesi, era riuscito a crearsi un alibi il giorno dell’assassinio dell’albanese Astrit Lamaj. Aveva raccontato di essersi allontanato dalla rivendita di ricambi per autovetture perché andare all’ufficio postale. Una circostanza, quest’ultima, ritenuta falsa. Ora per l’uomo si sono aperte le porte del carcere con l’accusa di omicidio.