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Ast, le parcelle d’oro per la scalata mancata del “socio” Montante

Di Mario Barresi |

CATANIA. Nella sentenza di condanna di Antonello Montante viene definito «l’ennesimo atto predatorio in danno della cosa pubblica», che «si svolgeva sotto il cono d’ombra di Confindustria Sicilia». Il riferimento è alla (mancata) scalata dell’imprenditore di Serradifalco all’Azienda siciliana trasporti. Montante, attraverso la quota del 49% che la sua Msa Spa detiene ancora in Jonica Trasporti, partecipata di Ast, provò a ottenere un posto in prima fila in caso di privatizzazione della società regionale degli autobus. Per il gup di Caltanissetta un «interesse privato alla fagocitazione dell’immenso patrimonio immobiliare dell’azienda dei trasporti».

Quell’operazione non si fece. Ma gli scheletri, negli armadi palermitani, restano. E la Regione, proprietaria del 100% di Ast, è costretta a pagare – e in parte l’ha già fatto – le parcelle al professionista che curò all’epoca le perizie per il progetto di fusione tanto caro a Montante. Benedetto Buccheri (81 anni, ex docente di Ragioneria del “Crispi” di Palermo) ha chiesto alla direzione generale dell’Ast il «pagamento delle spettanze dovute» per i «due incarichi» come «esperto per conto del Tribunale di Palermo in occasione del progetto di fusione».

E il conto, per l’azienda regionale, è salato: un «credito residuo» che «per la sola somma capitale e al netto di interessi e rivalutazione, come per legge» ammonta a «un importo pari alla somma di circa euro 200.000». Una cifra, si legge nella richiesta, «al netto degli acconti già versati» al professionista, «pari a circa euro 60.000» sempre «al netto gli oneri di legge», s’intende. In una prima comunicazione, del 10 settembre, Buccheri parla di «debito dovuto come da accordi intercorsi con l’allora direttore generale», ma in una successiva istanza del 1° ottobre chiede la «immediata liquidazione delle somme residue discendenti da quanto determinato dal Tribunale Penale e Civile di Palermo nei due prefati decreti già messi nelle vostre mani».

Il presidente di Ast, Gaetano Tafuri, che per primo nel 2010 denunciò «l’operazione farlocca» di far entrare Montante dentro Ast con lo 0,003% delle quote, non ha «alcuna intenzione di pagare la parcella». E anzi: ha «chiesto agli uffici una relazione dettagliata sulla somma già corrisposta». La posizione è netta: «Non tiro fuori un euro. Semmai ci fossero i titoli, del debito risponderanno gli amministratori e i dirigenti dell’epoca». Con una certezza sventolata: «Il tempo del saccheggio di Ast è finito».

Resta il fatto che le due perizie sulla fusione “montantiana” di Ast rischiano di costare quasi 300mila euro. E cioè quanto vale il patrimonio netto di Jonica Trasporti: 295mila euro, di cui 120mila di capitale sociale e 175mila di riserve. L’azienda, che svolge il servizio di trasporto nella fascia jonica messinese con 18 dipendenti, non naviga in buone acque. E i revisori dei conti stimano una perdita, a fine 2019, di oltre 200mila euro. A questo punto è la Regione a dover decidere cosa fare col “socio” Montante. E con le parcelle d’oro, magari legittime, per le perizie sulla scalata che non si fece.

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