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la storia
Una notte nel vigneto… in camper
L’Etna, il paesaggio, la tranquillità, una colombaia del ’700 a. C., il vino e l’accoglienza, tutti gli elementi che attraggono i turisti
Hans e Susy sono due camperisti che in questo “autunno” caldissimo stanno girando per la Sicilia. Lui è un medico tedesco, lei un’insegnante neozelandese e viaggiano in camper, un “bestione” bianco con tutti i comfort, con vista su un campo di ciliegi da un lato e i filari di Nerello mascalese dall’altro, “parcheggiato” nell’azienda agricola di Pippo La Monaca, a Passopisciaro, cuore della doc Etna, sul versante nord del Vulcano. È solo l’ultima coppia di camperisti che usufruisce di questo “posteggio” a contatto con la natura, nel quale i turisti si alternano, un giorno dopo l’altro, per sostare – ma solo una notte – all’ombra dell’Etna. Infatti, l’unica regola da rispettare è proprio questa, una notte e non di più.
«Sì – conferma La Monaca, ingegnere in pensione, da vent’anni titolare di Feudo Arcurìa, dieci ettari coltivati a vigneto, uliveto e ciliegeto in contrada Feudo di Mezzo – chi viene qui, sosta solo per una notte. Io ho aderito all’associazione Agricamper che mette a disposizione dei camperisti una serie di aziende agricole in tutt’Italia. Noi offriamo solo il posteggio, non ci sono i servizi tipici di un’area camper, tipo l’energia elettrica o l’acqua. È un’ospitalità gratuita, i camperisti in cambio possono acquistare i prodotti dell’azienda agricola, ma non è un obbligo. Per noi è un modo per far vivere il territorio in un modo diverso a gente, soprattutto stranieri, che poi torna nel suo Paese e racconta la vera Sicilia. Loro conoscono la nostra realtà, noi abbiamo la possibilità di uno scambio di culture, di esperienze. Ci sono quelli che amano chiacchierare, ci sono quelli più riservati, ma tutti restano colpiti dal paesaggio e dalla natura. Non si aspettano una Sicilia verde e “di montagna”, soprattutto gli stranieri e io ci tengo che conoscano la Sicilia come la raccontiamo noi, non secondo gli stereotipi che, magari, arrivano attraverso i telefilm nei loro Paesi».
La “chicca”, per i visitatori, è la colombaia, un monumento divenuto il simbolo dell’azienza, che risale al 700 d. C. un piccolo gioiello in pietra che svetta come una torretta d’avvistamento sui muretti in pietra lavica. «Questa colombaia ha visto di tutto nella sua storia, guerre, traffici, amori, se i muri potessero parlare… (ride ndr). Secondo le informazioni che abbiamo risale al 700 d.C. ed è un unicum sull’Etna. Il mio sogno sarebbe un concerto con un pianoforte a coda ai piedi della colombaia, anzi se qualcuno volesse condividere con noi queste emozioni sarò felice di mettere a disposizione la mia azienda».La relazione con i camperisti di passaggio è, quindi, solo il tassello di una narrazione che parte dal vino e si allarga al territorio, alle persone, alla comunità.
Una piccola “soddisfazione” in una stagione in cui le gratificazioninon arriveranno certo dalla vendemmia. La malattia della Peronospera – mai così violenta da oltre 50 anni – ha “massacrato” infatti la produzione di uve e il 2023 sarà un’annata da dimenticare per tutti i produttori, grandi e piccoli.«Normalmente noi facciamo fra i 150 e i 200 quintali di uva, quest’anno la stima è sui 10-15 quintali, un disastro, ma la natura è così e bisogna accettarlo».