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Una cena al buio per riscoprire il “senso” del cibo e i prodotti siciliani

Il progetto di “Scialari” la rete di cooperative e produttori siciliani che ha acceso un faro sul consumo etico e sostenibile

Di Carmen Greco |

Riportare il piacere del cibo al centro di una riflessione su quello che mangiamo eliminando il “senso” più fuorviante nel gesto quotidiano del mettersi a tavola: la vista. È l’obiettivo delle “Cene al buio” organizzate periodicamente a Catania da Scialari, un progetto di cooperativa sociale il cui obiettivo è fornire opportunità a persone che nella vita hanno avuto meno fortuna, recuperando il legame tra cibo, benessere, territorio e sostenibilità.Come fare? Un’idea che funziona è partecipare a una delle periodiche “cene al buio”, esperienza che da un lato mette in crisi le nostre certezze su quello che ingurgitiamo spesso senza rendercene conto, e dall’altro ci può avvicinare a condividere una disabilità.Seduti a tavola con commensali estranei, bendati, con posate, bicchieri e tovaglioli raggiungibili solo con il tatto e chiaramente senza lo smartphone, l’esperienza è una forma di ri-educazione alimentare condita dal divertissement.La prima “prova” è stata distinguere delle lenticchie in tre consistenze: purea, stufate e in polpetta, un “gioco” che ha messo in difficoltà più di un commensale. I conti si fanno – letteralmente – alla fine della cena con una scheda di autovalutazione in cui ognuno scrive cosa crede di aver mangiato e poi “spunta” con l’aiuto della cuoca, tutti gli errori fatti. Non senza aver evitato le forche caudine di un finto dolce, servito però senza benda, in modo da dimostrare quanto la vista possa essere ingannevole.

«Mi è capitato di servire di un piatto in cui c’erano delle castagne e il cliente bendato era convinto di mangiare del pomodoro – racconta la cuoca di” Scialari”, Deborah Micci . Questo per dire quanto può interferire la vista sul gusto. La verità è che quando ci sediamo a tavola siamo presi da mille altre cose, la tv, il cellulare che squilla, i figli che parlano, e mangiamo di default, senza badare a quello che abbiamo nel piatto. Invece per gustare una pietanza ci vorrebbe una sorta di “calma” che, secondo me, è necessario ritrovare».«Mi ha sorpreso la mia stessa curiosità nello sviluppare gli altri sensi – dichiara Valentina Manuele, impiegata aeroportuale, la più “brava della classe”, quella che ha indovinato ben 16 ingredienti vincendo anche un premio -. Ho ascoltato ogni minimo suono, dalla sedia che si spostava, al vino versato nel bicchiere».«Una sensazione stranissima, curiosa, era la prima volta che mangiavo al buio – confessa Saro Guastella, responsabile di cantiere – ho apprezzato molto la spiegazione sui vini (condotta dall’assaggiatore Onav Rosario Occhipinti ndr), ma la cosa che mi ha colpito di più è stata mangiare le lenticchie al buio. Mi ha “sbloccato” un ricordo olfattivo, che non credevo di avere».«Normalmente mangiamo con gli occhi – commenta Alfredo con la moglie Eleonora – siamo abituati al connubio occhio-sapore. Certo non siamo stati bravissimi, abbiamo riconosciuto solo 10 ingredienti su 21; «Io non sono riuscita a capire le varie consistenze della lenticchia e poi non conoscevo la varietà gialla che ci hanno servito».«È proprio questo il senso del format – spiega Giulia Tudisco, project manager di Scialari, valorizzare i prodotti siciliani e farli scoprire attraverso le degustazioni delle nostre cene periodiche, oltre che “costringere” in qualche modo i partecipanti a sviluppare gli altri sensi oltre la vista».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA