Un menù con il pesce protagonista dall’antipasto al dolce? Sì può. Altroché se si può. E piace. Come dimostra quel che è accaduto al ristorante “L’Abbazia” di Santa Maria di Licodia, dove la prenotazione dei tavoli per il pranzo dell’Immacolata è andata sold out già ben prima che finisse novembre.
Merito di chi – come il patron Luigi Abate e lo chef Moreno Emmi – ha voglia di non ancorarsi a schemi stantii, puntando piuttosto sull’evoluzione della cucina contemporanea, nell’occasione influenzata dalle esperienze personali di chi dirige la cucina, magari ammiccanti all’indirizzo dell’Oriente.
E qui si fa strada la vera “star” del menù in questione, ovvero il tonno pinne gialle che viene catturato dalle due imbarcazioni della famiglia Testa, fra le ventidue in Italia autorizzate alla pesca del tonno rosso nel Mediterraneo. I Testa si rivolgono per il 90% al mercato giapponese e per questo attuano un protocollo assai rigido dopo la cattura del tonno, che avviene fra i mesi di giugno e luglio. La mattanza non è immediata: i tonni vengono dotati subito di un codice Bcd-e che indica luogo, giornata e barca che si è assicurata la preda (codice che è possibile ritrovare anche nelle conserve messe in vendita dai Testa), quindi vengono trasferiti nelle farm di ingrasso, a Malta, dove sono continuamente monitorati e nutriti di pesce azzurro.
Nell’Isola dei Cavalieri, i grossi pesci vengono sottoposti a severi controlli eseguiti periodicamente anche dagli acquirenti per il mercato giapponese. Quindi, nel mese di novembre, si procede alla mattanza. In questo caso, a meno di dieci minuti dalla loro uccisione, i tonni vengono porzionati in filoni e abbattuti alla temperatura di meno 60 gradi, così come prevede la procedura giapponese. Normalmente vengono conservati a meno 20 gradi. Una percentuale dei tonni pescati non viene spedita, in ogni caso, in Giappone. Una parte viene ripresa dalla stessa famiglia Testa, che li adopera per le proprie conserve: dai filetti alla buzzonaglia.
Ma non è stato soltanto il tonno il protagonista del pranzo dell’Immacolata. Nei piatti hanno fatto capolino anche l’alalunga, il sugarello, lo sgombro e l’acciuga, che contrariamente a quel che ci si poteva attendere non era quella importata dai Paesi baschi, dal Cantabrico, dove pare che a insegnare ai baschi la conservazione del prodotto sotto sale sia stato un italiano. Gli stessi Testa garantiscono che l’efficace operazione di marketing portata avanti negli anni dal Cantabrico non trovi esatta rispondenza nella qualità del prodotto: “La nostra acciuga, benché di pezzatura inferiore, è certamente di migliore qualità”.
Tonno, acciuga e l’altro pescato sono stati accompagnati da prodotti a Km zero e altri a filiera corta. Sono stati garantiti intolleranti e allergici e, particolare che ha reso quantomeno sorprendente il menù è stato il dolce, con la bottarga utilizzata come esaltatore nel dessert. Ha fatto parte di una cialda realizzata dalla fusione di tre zuccheri – zucchero, fondente e isomalto – assumendo la forma di un cristallo. Il dessert in questione era una mezza sfera di melanzana sciroppata con ricotta dolce, crumble alla vaniglia di bourbon, dressing al cioccolato fondente e cialda di caramello alla bottarga. Anche gli scettici hanno gradito.
Questo il menù proposto
Alalunga, chutney di cipolla adranita e gel di erbe fini
Tonno rosso, spuma di fagioli cannellini, teriyaki al caffè
Sgombro, zucca e sinapu
Sugarello, peperoni in agrodolce maionese allo yogurt
Quadro di tonno rosso, emulsione di bottarga dello stesso, capperi olive taggiasche pomodorini gialli appassiti, sorbetto al pomodoro e cipolla al vino acidulo
Pasta chi finocchi, angiovi e muddica atturrata e poco pecorino
Mezzi paccheri Piazza al ragù di buzzonaglia profumato al limone
Tataki di tonno rosso in crosta di sesamo, vellutata di cavolfiore maionese vegan di nocciole e arance
Mezza sfera di melanzana sciroppate, ricotta dolce, crumblè alla vaniglia di bourbon, dressing al cioccolato fondente e cialda di caramello e bottarga