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Piazza Scammacca rinasce grazie a 5 ragazzi catanesi

Il primo Mercato metropolitano sarà inaugurato a fine giugno grazie ai finanziamenti di Resto al Sud. Su una superficie di 1000 metri quadrati ci saranno sei ristoranti, ciascuno dedicato a un tema specifico

Di Carmen Greco |

Una piazza che “si muove”, fra spazi all’aperto e al chiuso, che si rinnova e si riappropria della sua funzionalità urbana, quella di creare relazioni, di rigenerare luoghi, di creare lavoro. Una piazza-mercato in cui la diversità gastronomica diventa ricchezza e sei diversi modi di mangiare si intrecciano sotto un’unica regia, improntata all’ottimizzazione dei costi, al risparmio energetico, alla sostenibilità, al lavoro. È un piano ambizioso, ambiziosissimo, quello di cinque ragazzi catanesi (di cui tre fratelli) che hanno ideato il progetto “della vita” quando i mercati, quelli storici, languono, la città è nel degrado più assoluto e intorno a loro, in piena pandemia, riecheggiava lo slogan tipico catanese del “non si può fare”.  Un progetto nato è cresciuto durante il lockdown, partito da lontano, da Riva del Garda, dove Nicola e soci avevano già dato vita ad una panineria gourmet (di successo) in cui la particolarità è costruire panini regionali “imbottiti” con i rispettivi prodotti d’eccellenza, dalle Alpi a Lampedusa. «Ci siamo detti: ma perché non portiamo “Panem” (così si chiama) anche a Catania?».

«Da lì è partito tutto e solo questo pensavamo di realizzare. Avevamo già individuato questo edificio in piazza Scammacca – racconta Lucia, l’unica donna del gruppo – era assurdo che un posto del genere, l’ex chiesa di Santa Maria del Rosario (distrutta dai bombardamenti del ‘43 ndr), a due passi da piazza Duomo, non venisse valorizzato con la sua piazza». Ecco, allora, l’opera di “convincimento” con il proprietario del palazzo per affittare l’immobile, l’iter pachidermico per le incombenze burocratiche, l’inizio dei lavori avviati nell’ottobre scorso, dopo due anni di progetto “congelato” dalla pandemia. E l’idea che dalla panineria gourmet, si allarga.

Oggi, a poche settimane dall’inaugurazione, il Mercato metropolitano “piazza Scammacca” è una realtà. Mille metri quadrati di superficie sulla quale saranno operativi sei ristoranti con format diversi, dalla panetteria-panineria alla postazione del pesce, della carne, della pasta-dolci, del cocktail bar, oltre ad uno spazio culturale aperto alla città ospitato nell’ex sagrestia della chiesa. Il tutto per un investimento complessivo di due milioni di euro impiegati per la maggior parte nella ristrutturazione dell’immobile, e per tutta l’impiantistica, e le attrezzature di cucina. «Abbiamo ottenuto – racconta Nicola Vitale – due finanziamenti di Invitalia con la misura agevolata di Resto al Sud, per un totale complessivo di 350mila euro oltre ad altri 70mila del decreto Rilancia Italia post covid sempre tramite Invitalia. Non siamo ricchi, non conosciamo nessuno, siamo dei ragazzi come tanti che si sono rimboccati le maniche per scrivere (bene) il progetto e presentare le domande di finanziamento. Lo abbiamo fatto anche per chi non sapeva dove mettere le mani, sapevamo che la nostra era un’idea vincente, perché non volevamo solo fare un’operazione puramente commerciale, ci serviva che qualcuno credesse nelle nostre idee e che, in piccole porzioni, collaborasse con noi. Così è stato molto più complicato, ma alla fine ci siamo riusciti».

La cronologia parte nella primavera del 2019 quando i cinque ragazzi “catanesi che non se ne sono mai andati nonostante le esperienze fuori” (così si autodefiniscono) partecipano al bando di “Resto al Sud”, nell’ottobre successivo la buona notizia dell’approvazione del finanziamento e il via alla parte burocratica per i lavori «una matassa spaventosa», dicono. Sette mesi fa, finalmente, l’apertura del cantiere. «Abbiamo studiato tantissimo il “sistema” mercato metropolitano – ricordano – ce ne sono tantissimi in Italia e all’estero anche molti belli. Da anni facciamo comunicazione sul food, abbiamo girato tanto, ma nessuno aveva mai pensato a come ottimizzare costi, energie, attrezzature. Tanto per fare un esempio, avremo una zona lavaggio piatti comune per tutti, un modo per ridurre i costi di macchinari, energia (hanno realizzato una cabina elettrica di 200Kw che servirà anche l’isolato ndr), personale (35 nuove assunzioni), consumo d’acqua. Ci sarà un sistema d’aerazione centralizzato, una cassa comune, una brigata di camerieri condivisa per tutte le postazioni e non si limiteranno ad essere dei “portapiatti”, ma dei comunicatori del valore culturale del cibo».

Le materie prime saranno made in  Sicily e, semmai, a cambiare potranno essere i metodi di lavorazione e di cottura «per evolverci anche da questo punto di vista». «Dopo il covid – dice il responsabile del personale, Marco La Piana   c’è difficoltà a trovare figure professionali nell’ambito del food, tanti locali stanno riaprendo e la concorrenza è forte, ma chi ci ha detto di sì ha sposato con grande entusiasmo la nostra filosofia, l’ultima cosa che mi hanno chiesto è stato l’ammontare dello stipendio».   «Il nostro obiettivo a lungo termine è implementare la nostra offerta – immagina Lucia Caruso con un pizzico di scaramanzia – ma quello che ci piacerebbe di più è poter essere d’esempio. Per Catania è arrivato il momento di un bel cambiamento. Basta accettare le cose che calano dall’alto. Noi giovani possiamo riuscirci».  L’impatto con il quartiere? «È stato positivo, dalla signora anziana che abita qui, al giovane studente. Ma tutti ci hanno detto la stessa cosa: «l’importante è che vogliate davvero cambiare in meglio questa zona…».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA