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La guerra del torrone: lo zucchero e l’albume ci vanno o no?

Polemica a Caltanissetta tra un torronificio e il presidio slow food: la ricetta diventa un caso

Di Luigi Scivoli |

C’è ora diversità di pensiero sulla ricetta per la preparazione del torrone di Caltanissetta. La divergenza, destinata a creare polemiche su uno dei prodotti caratteristici locali, riguarda gli ingredienti utilizzati che, per il presidio Slow food, «sono soltanto miele, mandorle e pistacchi» mentre per il torronificio Geraci, che produce torrone e specialità siciliane dal 1870, bisogna aggiungere lo zucchero e gli albumi.

Il presidio Slow food, infatti, ha affermato che «la prima particolarità del torrone di Caltanissetta riguarda la ricetta: gli ingredienti utilizzati sono soltanto tre: miele, mandorle e pistacchi». E subito ha precisato: «Niente zucchero aggiunto, zero albumi, nessun conservante: miele, mandorle e pistacchi, rigorosamente siciliani, come stabilito dal disciplinare di produzione adottato dai quattro produttori che aderiscono al presidio Slow food, sono più che sufficienti».

Ma il torronificio Geraci ha subito replicato: «Il fatto che lo zucchero e gli albumi siano presenti nella ricetta del torrone di Caltanissetta è invece attestato, a partire dal 2012, nella scheda tecnica relativa al prodotto in questione inserito nel settore “Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria” dell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali.

E ha aggiunto: «La presenza di zucchero e albumi nella ricetta è riportata anche nel disciplinare grazie al quale nel 2013 il torrone di Caltanissetta è stato inserito nel Libro dei mestieri, dei sapori e delle Tecniche del registro delle eredità immateriali della Regione Sicilia».

Per poi affermare che «l’aspetto più curioso riguarda il fatto che zucchero e albumi fanno parte della ricetta del torrone nisseno anche secondo l’Arca del gusto di Slow food che è il catalogo che raccoglie i prodotti che appartengono alla cultura e alle tradizioni dell’intero pianeta e che rischiano di scomparire». 

E ancora: «Da ultimo, ma non per importanza, c’è da segnalare il Disciplinare del torrone di Caltanissetta, stipulato nel 2016 e sottoscritto da tutti i produttori nisseni di torrone, anche da quelli che oggi sostengono la tesi della referente Slow food Stefania Fontanazza di una ricetta “autentica”, priva di albumi e zucchero, da tramandare e diffondere».

Per il torronificio Geraci comunque «si tratta di una questione che, partendo dagli ingredienti del torrone perché esclude dalla paventata “autenticità la ricetta di aziende, come la nostra, che hanno una storia e una tradizione radicata nel territorio». E chiarisce meglio: «Una questione che chiama in causa la leggerezza con cui si stilano e si firmano documenti che tutto e il contrario di tutto e che dimostrano come sia fiorente un mercato delle “autenticità” che mira solo a creare valore aggiunto a prodotti indipendentemente dalla veridicità delle fonti e delle storie su cui si basa».

Afferma quindi: «Il torronificio Geraci ha sempre sostenuto il fatto che la tradizione non rimanga mai uguale a se stessa e che invece si evolva nel tempo. Così come è convinto che i timori nutriti nei confronti dell’uso smodato degli zuccheri nella nostra società possono anche far pensare a un torrone realizzato diversamente. Ma questo non significa riconoscere come autentica e antica una ricetta di torrone che non è quella del torrone di Caltanissetta». Geraci conclude annunciando: «Siamo disponibili ad avviare su questo argomento una discussione con i cittadini, le associazioni e le istituzioni che hanno a cuore il futuro di questa città e di un suo pezzo importante: la tradizione storica e culturale dolciaria».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA