Terroir & vitigni
Etna vs Franciacorta, gara “amichevole” di bollicine
Due territori enologici d’eccellenza, due produttori amici per un confronto “spumeggiante” Terreno della "tenzone", la Tenuta del Gelso a Catania
Etna e Franciacorta, l’esplosione (in tutti i sensi) di un territorio e il consolidamento di un altro che ha, dalla sua, il blasone di un eccellenza italiana ormai storica. Impersonati da Giuseppe Mannino e Riccardo Ricci Curbastro, amici di lunga data, i due territori enologici si sono “incontrati” in occasione dell’ultima edizione di Terroir & Vitigni, aalla Tenuta del Gelso, una festa, più che una competizione, che celebra ogni anno il confronto fra realtà vitivinicole.Etna-Franciacorta, incontro o scontro?Giuseppe Mannino: «Incontro sempre, almeno fra di noi, ci conosciamo da 32 anni, per me lui è sempre stato un buon consigliere vista la sua esperienza precedente».Le ha rubato un po’ di segreti quindi…Riccardo Ricci Curbastro: «No assolutamente (ride ndr), anzi devo dire che per me oltre all’amicizia l’essere qui è il rimpianto di non avergli dato retta quando mi consigliava di investire sull’Etna. All’epoca non avevo i soldi per farlo e non me la sono sentita, ma il rimpianto mi è rimasto è uno dei grandi territori che ho nel cuore». Giuseppe Mannino: «Quando gliel’ho detto io ci volevano 12mila euro l’ettaro ora ce ne vogliono 250mila…».Cosa ruberebbe l’uno all’altro dei rispettivi territori?Ricci Curbastro: «L’Etna. Un viticoltore lavora con la natura e per me un vulcano è l’espressione più forte che la natura possa offrire. Da una parte è strumento di distruzione e dall’altra ricchezza estrema, perché quello che viene dal centro della terra sono minerali e variabilità di suoli, tutte caratteristiche che fanno dell’Etna un territorio del tutto particolare, un “Nord” in mezzo alla Sicilia, in mezzo al Mediterraneo».Giuseppe Mannino: «Io, invece alla Franciacorta ruberei lo spirito imprenditoriale dei suoi abitanti. Hanno quella capacità di impegnarsi in maniera stacanovista nel lavoro che a noi manca».Cosa accomuna invece questi due territori del vino?Ricci Curbastro: «In questo momento la Franciacorta sta affrontando le sfide legate al cambiamento climatico. Nel 2019 abbiamo introdotto una varietà – l’Erbamat – nel disciplinare del Franciacorta che, era coltivata nel 600 in maniera intensiva ma poi era stata abbandonata per la sua alta acidità. L’abbiamo recuperata perché fu in grado di resistere a un cambiamento climatico legato alla piccola glaciazione fra il 500 e il 600, successivo al periodo di gran caldo fra la fine dell’impero romano e il medioevo. Lo abbiamo fatto perché possa resistere ai cambiamenti climatici che stiamo vivendo oggi».Mannino: «Sull’Etna il cambimento climatico incide in maniera strana, non tanto nella quantità di caldo quanto nelle stagioni sfalsate, piove quando non dovrebbe piovere e viceversa, ma noi siamo abituati a fare aridocoltura, quindi per è normale non irrigare o fare delle pratiche colturali che conservano l’acqua nel suolo. Sono tecniche che abbiamo sempre messo in pratica, solo che prima pioveva in autunno-inverno, ora in primavera e questa cosa ci mette nei guai. Sull’Etna non avevamo mai avuto problemi di peronospera, quest’anno con le piogge anche durante in fioritura abbiamo avuto problemi enormi di peronospera che non siamo riusciti a contenere del tutto».