Viaggio a Designland, dove il Made in Siciliy supera (in gradimento ed appeal) il Made in Italy

Di Luigi Patitucci / 02 Dicembre 2019

    Da qualche tempo, -…si, lo so che mi sto ripetendo, ma la monotonia delle argomentazioni a me care, me lo impone – sembra essere accaduto qualcosa che non ha precedenti nella Storia del Design Italiano.

    O che, almeno sino a qualche anno addietro, era considerato persino impensabile, da tutto uno stuolo di microbi del Design, talvolta denominati ‘storici del Design’, e cioè: che la Sicilia venisse riconosciuta, ed indicata nel mondo, come luogo portatore di una serie di indicatori di grande eccellenza, per lo più legati alle produzioni di tutto un territorio, ora descritto sino alla noia dalle più gettonate riviste del glamour mondiale, come ambito territoriale fortemente vocato, per caratteristiche ambientali, per metodologie produttive esemplari e profili di altissima qualità delle proposte messe in campo, e bla bla bla….                                                                Insomma, tutto ascritto nel patrimonio genetico della nostra isola .

  

Nulla di nuovo, direte voi.                                                                        Manco per niente, dico io.

 

    Si, perché da qualche tempo, nel mondo, la Sicilia e le sue pregiate produzioni, vengono dichiarate come produzioni afferenti ad un ambito qualitativo, indicato e riconosciuto all’unanimità come ambito qualitativo superiore, rispetto a quello generato dal già vigoroso, ed inossidabile, brand che possiamo rintracciare sotto la denominazione di Made in Italy, già fortemente rappresentativo nei riguardi di produzioni considerate garanzia di eccellenza nei mercati internazionali. Mi riferisco alle produzioni dei settori del design, specie in quello dell’arredo, ma potrei parlare pure dei settori delle produzioni alimentari o della Moda, quali colonne portanti di tutta l’economia del nostro Sistema Italia.

    Si, da qualche tempo, è avvenuto ciò in cui in pochi, considerati eversivi e tonti, avevamo sempre creduto, quel sorpasso nei confronti del brand più famoso al mondo, del brand più resistente al mondo, dopo Visa e CocaCola che, ci tengo a precisare, si riferiscono a delle aziende, affatto rappresentative di un ambito territoriale, o di alti gradienti di eccellenza legati a metodi o processi produttivi, considerati prezioso elemento di unicità nel panorama internazionale. 

 

    In poche, chiare e semplici, inequivocabili, parole, il Made in Sicily sembra mostrare al mondo un appeal più seducente, coinvolgente, profondo, del Made in Italy.

 

    Oggi i designer, nelle aziende siciliane, come dicevo prima, partecipano attivamente con i quadri dirigenziali alla definizione delle traiettorie di sviluppo legate alla produzione, dunque alla determinazione delle risorse da dover impegnare nel tempo, in tali direzioni. Ma potrei dire, trascorsi ormai quindici anni, che forse in questa storia non è importante la misura spaziale o temporale degli eventi, ma sono altresì importanti gli incontri, il nascere di nuovi sistemi di relazione, l’offuscarsi di pratiche ritenute oramai inefficaci ed obsolete, i mutamenti prodotti nella nostra vita reale di ogni giorno.

Insomma, il percorso, pezzo per pezzo, esperienza dopo esperienza, tentazione dopo tentazione. 

 

E l’utenza?                                                                                                   L’utenza, avverte la necessità di voler essere fortemente coinvolta in questo gioco di specchi e di rimandi, aspettando, di volta in volta, l’entrata in scena di un’altra rappresentazione, che equivale, in un certo modo, ad un’altra dimensione, ad un diverso livello dell’essere. 

L’utenza non cerca altro che trovarsi in uno Stato d’Eccezione Permanente.

 

    E devo dirvi, che in tutto ciò, c’è una cosa che mi fa impazzire di piacere, una cosa che osservo ogni volta che mi reco in una di queste aziende, in religioso silenzio e con somma, infinita soddisfazione, ed è il poter vedere questi designer, a volte molto giovani, girare indisturbati all’interno dei locali delle aziende coinvolte, dedicati alla produzione, alla generazione dei progetti, alla logistica, insomma in ogni ambito, senza che nessuno dica loro nulla, o ancor più, provi stupore per la loro presenza.                          Segnale inconfondibile, e rappresentativo, di un mutato approccio di metodo, da parte di tutte le figure che concorrono alla messa in atto della questione produttiva, nonché di forte integrazione e di accoglimento della figura del designer, non considerata più un male necessario, ma elemento prezioso ed insostituibile, con cui intessere un dialogo continuo e profondo.

  

Proverò dunque a condurvi in un Tour turistico-sentimentale, alla scoperta di avamposti speciali, in cui il design è di casa.

 

 Toccherà oggi a Moak.

  

   Nata nel 1967, Caffè Moak opera nel settore della torrefazione e distribuzione del caffè. A cinquant’anni di attività oggi l’azienda è presente in molti Paesi, ma il suo legame con il territorio è primordiale. La città di Modica, dove fu fondata Moak, ha fatto parte nella sua storia millenaria delle più grandi civiltà: Motyca per i greci, Motuca per i romani, Mohac per gli arabi.                                                                                      E proprio agli arabi ci si volle richiamare quando Giovanni Spadola diede vita ad una nuova realtà imprenditoriale. In pochi anni Caffè Moak raggiunge importanti traguardi, con una significativa espansione prima sul territorio italiano, poi all’estero, conquistando i mercati dei cinque continenti. Un successo ottenuto grazie ai nuovi progetti di modernizzazione che l’azienda ha avviato sia nel settore produttivo che gestionale.

    La nuova sede opera in un complesso architettonico caratterizzato da ampi spazi vetrati e interamente coperto da un impianto fotovoltaico, progettato nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita. Ciò che però ha reso Moak un marchio di qualità del nostro “Made in Italy” è la accurata selezione dei caffè, tra i più ricercati al mondo, ed ancora, il procedimento della ‘tostatura singola’, un procedimento che permette di rispettare le caratteristiche organolettiche di ogni singolo chicco, consentendo dunque di poter offrire ai propri clienti il piacere di un vero espresso italiano, al bar, a casa o in ufficio.

Insomma ovunque vi troviate.

    E credo, che basti questo, a poter rintracciare una serie di pratiche, di approcci di metodo, di processi, in uso da millenni nella nostra isola, ed ora offerti in ostensione all’intera utenza planetaria, con il beneficio delle possibilità concesse dai nuovi sistemi di comunicazione digitale, a generare quel desiderio irrinunciabile di potersi recare sui luoghi d’origine di tali meraviglie; od ancora, di potersi circondare di alcuni elementi, che come dei feticci quotidiani, fungono da efficaci, insostituibili catalizzatori, energizzando il nostro sonnacchioso e routinario modus vivendi.

 

    L’azienda Moak possiede un superlativo ufficio marketing, diretto dalla mia amica Annalisa Spadola in qualità di Responsabile Marketing & Comunicazione, ove operano alcune tra le figure più irrequiete e cazzute del design italiano, con cui posso assicurarvi, è sempre un grande piacere poter comunicare, collaborare, affinare nuove ed entusiasmanti avventure creative che, nella quasi totalità dei casi, hanno come obiettivo quello di darsi alla gente, in un trionfo di gradimento sulle questioni di prossimità, sulle esigenze del territorio, ed all’intero sistema globale.                                                                                                                       

Tra questi, voglio segnalarvi la designer Stella Orlandino, cui la nota rivista “Interni” lo scorso mese ha dedicato un servizio.

         

    Ogni prodotto viene pensato, disegnato, poi realizzato dalle migliori aziende presenti nell’intero territorio siciliano, per rendere il piacere dell’azione di preparazione della bevanda più semplice, ma anche più bello. Con la ricerca di for[me]moak hanno creato un design esclusivo, che unisce estetica e riconoscibilità degli allestimenti personalizzati.                            Ogni dettaglio, ogni materiale, viene pensato per poter rendere l’azione della preparazione del caffè nella nostra casa, o nei locali pubblici ove possiamo trovare la presenza del brand, un vero e proprio rito, quale evento esclusivo, portatore di valori che affondano nella tradizione millenaria dell’isola e nei profili ancora evanescenti della contemporaneità.  Frequenze eccitanti che hanno condotto l’azienda ai vertici del gradimento nel settore del design e della comunicazione in genere, traghettando le preziose icone dolenti create negli ultimi dieci anni, nell’Olimpo delle icone desideranti del nostri scenari domestici, come le collezioni di particolarissime tazzine da caffè recanti le immagini dei protagonisti più noti dell’R&B, del R-n-Roll, del blues, del Jazz.                                                                                                                               

    O ancora, della collezione di ciotole “for[me]legami”, realizzate da un’altra azienda dai profili di grande cultura ed eccellenza, creatrice di elementi di ampio pregio artistico, da decenni messi in visione, dapprima sotto la denominazione di “Ceramiche Branciforte”, ora invece sotto l’ombrello della versione aggiornata e prepotente dell’azienda, per così dire, in sintonia con l’era digitale, di “Improntabarre”, costola creata da qualche tempo dall’erede di cotanta magnificenza, afferente alla grande storia delle produzioni ceramiche di un luogo estremamente rappresentativo nel mondo, quale è, per l’appunto, la cittadina di Caltagirone, attraverso la figura dell’architetto-designer Andrea Branciforte.

 

    La linea “for[me]legami” è ora entrata in nomination per poter concorrere alla assegnazione del Compasso d’Oro 2020, il più antico e autorevole premio mondiale di design, creato dall’ADI , l’Associazione per il Disegno Industriale.                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il progetto – ideato e realizzato da for[me]moak insieme ad Andrea Branciforti – è stato inserito nella prestigiosa pubblicazione dell’ADI Design Index 2018 – la selezione del miglior design italiano – nella categoria “Design per abitare”.                                                              I progetti candidati sono stati presentati lo scorso 15 ottobre a Milano in una mostra allestita al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo Da Vinci”, dove sono rimasti in mostra fino al 19 novembre, poi traghettati presso la Casa dell’architettura di Roma.

 

Questo, dESIGN People,                                                                              giusto per cominciare a raccontare le meraviglie generate nella nostra isola e messe in visione, in ostensione, all’intera utenza planetaria, con la convinzione della esistenza della necessità di dover esibire tutti quegli elementi di grande pregio provenienti da energie attive, capaci persino di poter mettere in campo proposte uniche, originali, esclusive, ed all’avanguardia, che si sono mostrate prepotenti, lungo i migliori canali che conducono al circo mediatico afferente al mondo del design, quello alto, fatto di profondità culturale, simbolica, di significazione consistente.          Una rarità ai giorni nostri, immersi come siamo nell’angusto e squallido supermercato del preconfezionato.

 

 

Appuntamento dunque alla prossima, ove, come appare naturale, vi parlerò di “Improntabarre”.

Aloha

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Redazione
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