– “il gatto non è la sua coda!”
…tuonava la Jaiba alla sua Albina, personaggio dalla fisionomia grottesca, gobba e zoppa, con un’andatura che Jodorowsky descrive pari a quella di un granchio, incantevole smemorata creatura che esibisce le sue candide e ponderose carni ballando nel suo locale. E lo fa, emettendo nell’aria un suono mistico, ipnotico ed ammaliatore, che fa impazzire gli uomini, trasformandoli in cani, cani assetati di desiderio.
– “…Non c’è motivo perché tu debba sapere quel che sei stata o vergognartene, il tuo passato non conta: il gatto non è la sua coda!”
Ma il nano Amado, salvato dal suicidio per caso, dalle due donne, risponde loro:
– “Ehm…Beh…Signorine…Una coda abbandonata da qualche parte non è un gatto, questo è sicuro, ma se è attaccata alle natiche dell’animale e qualcuno la calpesta, vedrete eccome se quella coda non è un gatto.”
Inutile dirvi che ho trovato in queste mirabolanti parole di Jodorowsky, una magnifica analogia con l’isola Sicilia, perfetta ed irrinunciabile.
Tant’è che ho deciso di farvene dono, facendone così un insano utilizzo.
Da qualche tempo, stanco di sorbire ad ogni latitudine del nostro paese, l’ennesimo sermone su quanto fossimo distratti e svogliati noi siciliani, ciechi, capaci di non accorgerci, neanche per un solo istante, di stare lì a calpestare una terra fatta tutta di tesori inestimabili, ho deciso di smettere di fare coming out su tutto ciò, e di troncare subito ogni intollerante speculazione, spiegazione, ogni qualvolta qualcuno me ne faccia dono, e di allontanarmi dal malcapitato con una scusa qualunque.
Si, un po’ come quando esercito il mio sport preferito, quello che riscuote sempre più consensi e raccoglie, mi dicono, entusiasti adepti, quello del Lancio della Bomboniera dal finestrino dell’auto, ogni qual volta mi allontano dal luogo del crimine.
Che volete, sapete bene che mi sono dato un’educazione Punk.
Da qualche tempo, ancora gli stessi che esibivano, incontrandomi ad ogni latitudine del pianeta, l’insopportabile sermone, hanno deciso di calpestare anch’essi, per una serie infinita di coincidenze e circostanze infami, il suolo della tanto declamata Terra di Sicilia, e di promuoverne ovunque i suoi fasti e, persino i nefasti.
E proprio in mezzo a tanti eventi nefasti, questi calpestatori della Terra dei Ciclopi, hanno scoperto che essa risulta abitata, non soltanto dalle tracce meravigliose di una cultura costituita da diecimila anni di Storia, ma che essa è pure abitata da elementi altrettanto nefasti, capaci –pensate che arroganza!-di potersi esprimere persino in una disciplina contemporanea, la più efficace ai giorni nostri, per poter produrre azioni concrete nella nostra società complessa: la disciplina del design.
Questo loro fare, li ha però condotti nella direzione di una scoperta amara: che tale disciplina, nel nostro paese, dico in Italia, ha mosso i primi passi proprio in quest’isola magica e misteriosa.
Come se non fosse abbastanza averlo appreso per così tanti anni, quasi fosse un indigesto mantra, tra le avvincenti pagine del Vangelo secondo De Fusco(“Storia del Design”, Renato De Fusco, Laterza, 1986, Bari, sino ad oggi ri-editato, NdA), ove è scritto a caratteri ordinari, proprio come fosse questione ordinaria, che il Design Italiano nasce proprio in Sicilia, con le fabbriche Ducrot a Palermo,- e l’Officina Sangiorgi a Catania, aggiungerei.
E questo, per quanto concerne la Storia del Design Italiano.
Ma per quanto riguarda la Storia del Design nella sua accezione più ampia, in molti tra gli storici del Design, sanno che essa è rintracciabile nell’Isola Felix sin dagli albori delle civiltà che hanno solcato il Mediterraneo, e che ve ne hanno trovato approdo e fortune infinite.
Ma da qualche tempo,(…si, lo so che mi sto ripetendo, ma la monotonia delle argomentazioni a me care, me lo impone), sembra essere accaduto qualcosa che non ha precedenti nella Storia del Design Italiano.
O che, almeno sino a qualche anno addietro era considerato persino impensabile, da tutto uno stuolo di microbi del Design, talvolta denominati storici del Design, e cioè: che la Sicilia venisse riconosciuta, ed indicata nel mondo, come luogo portatore di una serie di indicatori di grande eccellenza, per lo più legati alle produzioni di tutto un territorio, ora descritto sino alla noia dalle più gettonate riviste del glamour, come ambito territoriale fortemente vocato, per caratteristiche ambientali, per metodologie produttive esemplari e profili delle proposte messe in campo di altissima qualità, e bla bla bla….
Insomma, tutto ascritto nel patrimonio genetico dell’isola Triscele.
Nulla di nuovo, direte voi.
Manco per niente, dico io.
Si, perché da qualche tempo, nel mondo, la Sicilia e le sue pregiate produzioni, vengono dichiarate come produzioni afferenti ad un ambito qualitativo, indicato e riconosciuto all’unanimità come ambito qualitativo superiore, rispetto a quello generato dal già vigoroso, ed inossidabile, brand che possiamo rintracciare sotto la denominazione di Made in Italy, già fortemente rappresentativo nei riguardi di produzioni considerate garanzia di eccellenza nei mercati internazionali.
Mi riferisco alle produzioni dei settori del design, specie in quello dell’arredo, ma potrei parlare pure dei settori delle produzioni alimentari o della moda, quali colonne portanti di tutta l’economia del nostro Sistema Italia.
Si, da qualche tempo, è avvenuto ciò in cui in pochi, considerati eversivi e tonti, avevamo sempre creduto, quel sorpasso nei confronti del brand più famoso al mondo, del brand più resistente al mondo, dopo Visa e CocaCola che, ci tengo a precisare, si riferiscono a delle aziende, affatto rappresentative di un ambito territoriale, o di alti gradienti di eccellenza legati a metodi o processi produttivi, considerati prezioso elemento di unicità nel panorama internazionale.
Proverò dunque a condurvi in un Tour turistico sentimentale, alla scoperta di avamposti speciali, in cui il design è di casa.
Elemento di unicità, dicevo, come invece appare, in maniera arrendevole e disarmante, tutto ciò che viene fuori dalle numerose entità produttive, recenti e centenarie, a volte millenarie, produzioni legate a molteplici ambiti applicativi, come quelli, ad esempio, connessi all’arte della ceramica di Caltagirone, considerato avamposto emittente in ambito mondiale di vecchi e nuovi stilemi, legati per lo più a tecniche e processi produttivi esemplari.
Cittadina posta al centro dell’isola, dove operano aziende come Improntabarre, o Made a Mano, che afferiscono a famiglie e metodi, che hanno fatto la storia di tale arte, negli ultimi duecento anni e che, oltre ad essere detentori di un saper fare manuale, che è il patrimonio più prezioso di tutto il territorio italiano, nell’esercizio sapiente di riproduzione di elementi afferenti ad epoche lontane, accosta lo sviluppo e la messa in produzione di molteplici proposte di grande attualità, capaci persino di anticipare le tendenze ed il gusto della utenza planetaria, e che trovano ampi consensi nei Saloni di settore in ambito mondiale.
E sempre seguendo la traiettoria di individuazione di pratiche e processi preziosi connessi a filo doppio con le caratteristiche ambientali di un contesto territoriale, potrei parlarvi certamente di Paternò ove, non dimentichiamolo, ha origine per la prima volta nella Storia delle attività produttive mondiali, proprio il processo di ceramizzazione della pietra lavica, o per lo meno, di particolari ed accurati processi e pratiche che ne hanno sviluppato sino alle estreme conseguenze le ampie e ciclopiche possibilità espressive , in relazione alle lavorazioni ‘sensibili’ di superficie, ed in merito a risultati di straordinaria qualità ed accuratezza del decoro.
Tutto ciò, ad opera del Maestro Barbaro Messina, che qui oggi diviene questione emittente, diffondendo e propagando numerose iniziative culturali e professionali, con i corsi tenuti nel nascente deMANU, acronimo di design Museum U.man Ability Notion di Nicolosi, ove è attivo un laboratorio condotto e diretto dal Maestro da oltre un decennio, che ha formato una moltitudine di allievi e ha sfornato ineffabili, pregiate produzioni. Produzioni spesso capaci di poter rappresentare un vasto repertorio, che affonda le sue radici millenni addietro, ma che cavalca i mercati mondiali.
Ed è una produzione, non più vincolata soltanto alla accurata e preziosa riproduzione degli elementi, caratteristici e rappresentativi, di varie epoche storiche del passato, ma accoglie anche proposte attuali di grande respiro, modale ed espressivo, venute fuori dal lavoro, costante e prezioso, compiuto negli ultimi dieci anni nei numerosi Design Lab, che riescono, ove le associazioni di categoria non erano riuscite, nell’arduo compito di generare l’interesse, ed il gradimento, di una vasta, attenta e colta, utenza planetaria.
Tale panorama è costituito da aziende che rappresentano alla perfezione il profilo dell’impresa che riscatterà, ed estinguerà le nebbie della recente crisi, ancora una volta del Design Italiano, mettendo in atto quello che il mio amico Francesco Morace, già da qualche anno suole chiamare Terzo Rinascimento Italiano, nella piena convinzione, che questo riscatto stia prendendo le mosse proprio da dentro i laboratori di queste aziende.
La costellazione degli ambiti applicativi in cui risiede la disciplina del Design nell’isola, si muove dalle latitudini proprie della ricerca di punta, alle aziende di grande tradizione secolare, sino all’autoproduzione felice, con esiti straordinari per un luogo considerato sino a qualche anno addietro al limite del confinamento geografico, che invece si appresta ora a riconquistare una egemonia culturale favorita dalla antica centralità dei suoi parametri geografici.
Un movimento che coinvolge, come dicevo, ambiti applicativi meridiani ed iperspecialistici, quali quelli del Service Design, del Public Design, dell’Interior e del Product Design, dentro incubatori ed aziende illuminate, in cui nuotano a proprio agio crew adrenaliniche di giovani progettisti, che non hanno bisogno di convincersi a forza che il modus operandi della disciplina del Design è il lavoro in equipe.
Loro, ci sono nati dentro il co-working.
E tutto ciò accade con produzioni estremamente innovative, come quella messa in campo dalla Orange Fiber, il primo tessuto al mondo ricavato dagli scarti di lavorazione delle arance, ad opera di due donne giovani e straordinarie, Adriana Santanocito, CEO & socio fondatore, specializzata in fibre tessili innovative, ed Enrica Arena, CMO & socio fondatore, specializzata in marketing, comunicazione e raccolta fondi.
Un tessuto dunque, sostenibile ed ecologico, recentemente adottato per la pregiata Capsule Collection da parte della nota casa di moda Ferragamo, impreziosita da esclusive Stampe d’Autore realizzate da Mario Trimarchi, Compasso d’Oro 2016. Un’opera che nasce dalla convinzione che in Sicilia esista la capacità di poter mettere su un’azienda, che possa brevettare e produrre tessuti di alta qualità, partendo dalle centinaia di migliaia di tonnellate di sottoprodotto, che l’industria di trasformazione agrumicola produce ogni anno e che, altrimenti andrebbero smaltite, con dei costi non indifferenti, per l’industria del succo di agrumi e per l’ambiente.
E, come sono solito dire, il design nasce essenzialmente dall’innovazione di processo, dunque ci stiamo dentro di brutto, e sul palco d’onore, peraltro.
Vi è poi Mosaicoon, una piattaforma web che aiuta i brand a diventare degli editori autonomi. La value proposition è che Mosaicoon si propone come interlocutore unico per tutte le fasi di realizzazione di una campagna video: dall’idea alla produzione, dalla distribuzione al monitoraggio dei risultati. Come lo fa? Mettendo a disposizione dei brand clienti tre piattaforme proprietarie: 1. Crevity (ultima ad esser stata creata, ma prima nel flusso di lavoro): per interrogare i creativi e raccogliere le idee; 2. Plavid: per la distribuzione di video online con un network di 220 milioni di utenti worldwide; 3. Tracking: il software online che permette di monitorare in tempo reale l’andamento delle campagna viral e di interpretare i dati fornendo oltre 40 KPIs.
Insomma, un’azienda che fornisce servizi afferenti all’ambito applicativo del Service Design.
Ma anche nel complesso ambito applicativo del Public Design, da qualche tempo, è tutto un fermento, con i numerosi esperimenti condotti in molteplici contesti ambientali, sia in aree urbane, che in aree rurali, o in siti di particolare interesse storico o archeologico, con i laboratori itineranti, tra i quali ricordo:
WOZ, un laboratorio di design fondato da Domenico Cogliandro, con l’intento di recuperare le cosiddette Micropoli, che ha visto il contributo di parecchi designer, provenienti da ogni latitudine, nei confronti di alcune comunità territoriali quali Riace, Maletto, Ustica, e nel quartiere di Ballarò a Palermo;
Design in Town, che ha realizzato numerosi prodotti culturali(elementi d’arredo, elementi d’uso, spot promozionali di eventi o di qualità uniche e proprietà caratteristiche, possedute dal contesto ambientale e storico), ad opera di Pasquale Volpe, Agnese Giglia, Matteo Ragni, solo per citarne alcuni tra gli amici;
Design al Centro, l’associazione fondata da Francesco Mingrino, che da quattro anni conduce degli esemplari Design Lab, che hanno coinvolto parecchie realtà urbane nell’area dell’ Ennese e del Nisseno, con la collaborazione attiva di aziende d’eccellenza quali Torrisicrea, LeNid, Improntabarre, e di designer e studiosi come Giulio Iacchetti, Claudio Gambardella, Arturo dell’Acqua Bellavitis, ed il sottoscritto, i cui frutti sono stati ogni qualvolta, esibiti ed accolti, in molteplici eventi espositivi nella Milano Design Week;
E, last but not least, con gli straordinari risultati conseguiti con il prezioso lavoro, costante, esemplare ed efficace, esplicitato dalla struttura creativa di
Farm Cultural Park a Favara, in provincia di Agrigento.
Tutte entità che, attraverso la messa in moto di processi e pratiche di accoglienza e solvimento, delle problematiche complesse connesse alle comunità territoriali, sono state capaci di innestare, mediante l’utilizzo di elementi semplici(e dal costo ridotto), dispositivi che, alla stregua di catalizzatori, propulsori, hanno agito nella direzione della creazione di quello che io sono solito chiamare, un Paesaggio Risonante.
Ed è tutto un fiorire dunque, nell’isola, di serie di iniziative culturali imperniate attorno alla cifra estremamente coinvolgente dell’esercizio della disciplina del design, con eventi espositivi che sono il risultato di traguardi, temporanei e provvisori, di energici percorsi di ricerca, prodotti nelle istituzioni accademiche e nelle aziende di tutto il contesto territoriale siciliano.
Penso, ad esempio, all’evento Design & Territorio, organizzato da Dario Russo, appuntamento da non perdere, che una volta l’anno, nella splendida cornice dell’Albergo delle Povere a Palermo, intende mettere in visione i risultati del suo proficuo Laboratorio di Disegno Industriale della Scuola Politecnica della Università di Palermo, in sinergia con una serie di aziende che, oramai considerano tale collaborazione una efficace risorsa, un’azione capace di poter mettere in luce talenti e proposte che sono il prodotto, spesso esclusivo, di questa magica pratica simbiotica.
O ancora, alla serie di eventi realizzati da qualche tempo dal Design Lab denominato SICILIAN CODe, attivo presso l’azienda MOHD, a Catania ed a Messina, che ha inteso realizzare sin dal concepimento degli spazi deputati ad accogliere l’utenza, con un progetto di Interior design di Salvo Puleo, un luogo che potesse essere una efficace scena per poter meglio ricevere, ed esibire, la presenza, al suo interno, di un vero Laboratorio di Progetto, ma anche di eventi espositivi e Confidential Talk con i protagonisti del design italiano ed isolano. Lo spazio dello showroom catanese, ha accolto di recente tre eventi in simultanea: una quota parte della mostra Prossimo Futuro, a cura di Luigi Prestinenza Puglisi che sta girando il paese, cui si è innestata SICILIAN CODe, a cura di Salvo Puleo, con una selezione dei designer emergenti siciliani, e la perfomance “alla Castiglioni”, che ha visto come protagonista Giovanna Castiglioni, figlia di Achille Castiglioni, in sinergia con l’azienda FLOS;
Negli spazi di Tito D’Emilio, sempre a Catania, dove ad opera di Marzio D’emilio, erede di un’azienda che ha realizzato le fondamenta del settore della promozione e distribuzione della cultura del design in Italia, vengono realizzati progetti di sviluppo di prodotti e di eventi in maniera perpetua, da oltre un decennio. Lo showroom è stato per anni sede e presidio della Delegazione di ADI Sicilia(la delegazione territoriale dell’Associazione per il Disegno Industriale), in ossequio al vincitore del Premio Compasso d’Oro per la Distribuzione del Design, consegnato al fondatore dell’azienda Tito D’Emilio, appunto qualche anno addietro, e recentemente scomparso. E’ stata anche sede dell’evento espositivo inerente il concorso annuale di design denominato Design What’s Up, creatura di Alfio Cicala, che da due anni ha trovato casa a Taormina, tra gli eventi che vengono condotti nel mese di luglio ( Masterclass, Lectio, mostre, Talk e galà di premiazione nella serata finale, accolto nella magica ed elegante cornice del teatro greco-romano della cittadina) nella prestigiosa rassegna denominata Taomoda, invenzione eccezionale di Agata Patrizia Saccone;
Potrei nominare ancora la famiglia Rizzotti, che ha accolto numerose mie mostre sul design negli ultimi venti anni, ed incontri con protagonisti di grande rilievo internazionale del design, quali Giulio Cappellini, o le maestranze della Horm che hanno realizzato la Libreria Toyo, per l’appunto disegnata dal Premio Pritzker 2003 Toyo Ito. E la prima conferenza stampa della presentazione di ohome, il parco del design, reale e virtuale, che ho inteso fondare nel lontano 2003 con una serie di sette eventi espositivi( Domestic Exil, No More Drama(9/11), Bambino(Natività), Health & Beauty(Reservoir Effect), etc… ), in simultanea, in diverse sedi distribuite nell’intera area metropolitana della città di Catania.
E poi Spazio Design. In quest’ultimo, è stata presentata di recente, in una entusiasmante ConfidentialTalk con il designer Stefano Giovannoni intervistato da Vincenzo Castellana e dagli allievi dell’Abadir – l’accademia diretta da Lucia Giuliano e da Vanni Pasca per il Dipartimento del Design, che accoglie il corso di Laurea in Design e Comunicazione, e numerosi Master di grande livello e di preziosa unicità della proposta in ambito internazionale-, la collezione della nuova azienda fondata dal noto designer. Mi riferisco a qeeboo, protagonista assoluta dello scenario rutilante dell’ultima Milano Design Week, con i suoi scimmioni-lampada ed i feroci squali-portaombrelli di matrice cartoonista.
Come vedete, il panorama è vasto, e certamente non basteranno queste poche righe a farvi prendere consapevolezza della odierna mole di energie attive, che operano già da decenni, nell’ambito delle numerose traiettorie di produzione della disciplina del Design in Sicilia.
Ma ci rifaremo.
In fondo, una rubrica, serve proprio a questo scopo.
Un blog, specie sul Design, nato proprio con l’intento di poter mettere in piazza, in una Agorà che si offre alle smancerie della seduzione digitale, la costellazione di energie attive che si muovono, a volte sfiorandosi, morbide e sottili, dolcemente…, altre, aggregandosi come molecole-amanti fortemente eccitate da una temporanea, inestinguibile, passione, che è cifra espressiva costante ed ingombrante…, o alle volte cozzando, configgendo e rimbalzando veloci, sicure di poter tornare a muoversi ancora e subito, sicure dell’entità dell’energia potenziale in gioco, ma non abbastanza certe da poterne cogliere le vere, ciclopiche, opportunità.
stay tuned, dESIGN People!!!