«Il social networking rappresenta oggi una delle forme più efficaci di comunicazione on-line e, già nel 2012, anno in cui è stato lanciato il nostro nuovo sito era impensabile non associarlo ai canali social. Ciò che è accaduto negli anni a venire, tuttavia, è stato straordinario: oggi la nostra pagina Facebook conta oltre trecentomila “mi piace” e c’è una continua interazione con gli utenti che ci scrivono ogni giorno ponendoci i quesiti più disparati». Quando nell’immaginario collettivo si pensa all’Accademia della Crusca, viene subito in mente un luogo polveroso in cui un gruppo anziani studiosi sono impegnati tutto il giorno a scartabellare dizionari e volumi antichi per “garantire” la purezza della nostra lingua. Eppure, così come quest’ultima muta e si evolve, anche il più importante centro di ricerca scientifica dedicato al suo studio e alla sua promozione si adegua al nostro vivere digitale. In un contesto in cui sempre più si parla di “Webeti”, ma anche dei cosiddetti “Grammar Nazi”, l’Accademia della Crusca è molto attiva sui social e il suo volto è quello di una giovane ricercatrice siciliana: Stefania Iannizzotto, che, dopo una laurea e un dottorato a Catania, dal 2010 vive a Firenze, dove si occupa di ricerca e consultazione linguistica per l’Università e la prestigiosa Accademia.
LA CRUSCA SUI SOCIAL. «Le prime conferme dell’efficacia di questo strumento – racconta Stefania – sono arrivate nel 2013, in occasione del Festival di Sanremo, quando pubblicammo sulla pagina Facebook le pagelle con i voti dati ai testi delle canzoni da Lorenzo Coveri, docente di Linguistica italiana dell’Università di Genova, attribuendo al pezzo L’Italia vista dal bar del gruppo “Perturbazione” il titolo di miglior testo in gara. Da quel momento sono arrivati tantissimi contatti, anche da parte di giovanissimi che, probabilmente, senza un argomento così popolare non si sarebbero mai interessati all’attività dell’Accademia». Col passare del tempo, poi, i social network sono diventati una vera e propria piattaforma di dialogo con gli studiosi. «Su Facebook – racconta ancora la studiosa – gli utenti sentono di potersi esprimere senza remore e quindi non esitano a porre dei quesiti o a comunicare liberamente le loro critiche e osservazioni».
IL “CASO PETALOSO”. A tal proposito, impossibile non citare la vicenda di “petaloso” che, circa un anno fa, ha fatto salire l’Accademia agli onori della cronaca, tanto da portare lo stesso Presidente Claudio Marazzini a dichiararsi più che sorpreso di trovarsi su ben sei testate giornalistiche italiane, affermando ironicamente che, in altri tempi, perché si parlasse così tanto della Crusca, come minimo, il Presidente avrebbe dovuto uccidere un collaboratore. «In quell’occasione – continua Stefania – siamo diventati, come non mai, oggetto d’interesse mediatico. Questo ci ha chiaramente fatto piacere, ma, per quanto mi riguarda, è stato un incubo. Le testate giornalistiche e la rete hanno gestito male la vicenda fraintendendo il nostro punto di vista, così abbiamo ricevuto tantissimi insulti e qualcuno ha persino cercato di venderci delle nuove parole. Va chiarito che la Crusca non stabilisce quali neologismi faranno parte o meno del vocabolario della lingua italiana, poiché tutto dipende solo ed esclusivamente dall’uso e dalla diffusione degli stessi nel parlato quotidiano».
ARANCINO O ARANCINA? Ciò che emerge dalle parole della collaboratrice è un forte rammarico per la cattiveria che nel web viene mossa con troppa facilità per questioni più o meno futili, anche quando, come in questo caso, basterebbe far prevale il buon senso prima di scagliarsi contro qualcuno: «Da moderatrice della pagina Facebook cerco soprattutto di evitare che vengano pubblicate, nei commenti, offese rivolte in modo diretto ad altri utenti. Confrontarsi sull’evoluzione di una lingua è bello e siamo felici che accada, ma la medietà dovrebbe essere la chiave di lettura più diffusa, anche perché, specie quando si parla di linguistica, non sempre è possibile assumere una posizione radicale, basti pensare all’uso di “arancino” o “arancina” in Sicilia: entrambe le forme vengono utilizzate e pertanto considerate “corrette”». Si tratta, infatti, solo di una distinzione territoriale, in quanto la prima è diffusa nella parte orientale dell’isola (con l’eccezione di alcune aree nella zona ragusana e in quella siracusana), mentre la seconda ne coinvolge la parte occidentale. Parola della Crusca.