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VIENI CHE TI FACCIO UN TAMPONE: DALLE ZONE ROSSE ALLE LUCI ROSSE E’ UN ATTIMO

Di ottavio cappellani |

Non tutte le aziende sono in crisi a causa del coronavirus. Anzi, ce ne sono alcune che proprio dalle situazioni di quarantenza hanno visto incrementare i loro affari. Ovviamente il porno online è uno di questi. Grazie anche a campagne di marketing “virale”, è il caso di dirlo, come quella di consentire accessi gratuiti agli abitanti delle cosiddette “zone rosse”.

Da “zona quarantena” a “zona a luci rosse” il passo è breve. Vuoi la noia, vuoi la vicinanza forzata, l’immaginario erotico della pandemia sta venendo fuori. Casalinghe annoiate, studenti universitari costretti nelle loro stanzette, lolite imbronciate a stretto contatto con padri adottivi, in un mix tra Fellini apocalittico e Tinto Brass ospedaliero.

Sui siti porno è tutto un “caricare” (nel senso di caricare sui server) video di ambientazione Covid19. C’è la milf che ha un urgentissimo bisogno di un tampone, c’è il tizio con i muscoli guizzanti sotto la tuta di “contenimento” (e si capisce subito cosa la tuta stia “contenendo”) che accorre per “monitorare” una situazione di emergenza. E’ un fiorire di termometri e stetoscopi, sonde e tubi, alla ricerca di quel monello di coronavirus che, a quanto pare, ama nascondersi negli anfratti più birichini.

I titoli, come le trame, sono imperdibili. C’è il tizio che si aggira nella Wuhan deserta alla ricerca di sopravvissuti, nella pellicola post-apocalittica, citazione de “La città verrà distrutta all’alba”, che diventa – traduciamo molto liberamente dal cinese – “La signora verrà distrutta all’alba”.

C’è il team di dottori, sotto il camice niente, che si dà da fare con i pazienti molto impazienti: “E.R. Membri in prima linea”, che usano le TAC in maniera creativa. C’è un treno di pazienti infetti scortati da forze dell’ordine, che conserva il titolo originale del film che parodizza: “Cassandra crossing”, soltanto che qui Cassandra, un’attrice, “crossing” da uno all’altro mentre il treno entra ed esce dalle gallerie. “Mad Max Large”, dove, per così dire, gli “autoarticolati” che si danno da fare nel deserto sono davvero dei bestioni. Ma il mio preferito resta la parodia de “L’ombra dello scorpione”: scenario post-apocalittico, solo due gruppi di sopravvissuti che si aggirano per città e lande desolate, un gruppo molto religioso che non vuole fornicare, l’altro di pazzi scatenati per i quali ogni occasione è buona per fare “chisottochisopra”, e il titolo, “L’ombra dello stallone”, con le inquadrature dell’ombra di profilo che lasciano poco all’immaginazione.

Non mancano invece produzioni più intime e minimaliste, dal tocco volutamente amatoriale, quasi un neorealismo stile “Il sorpasso”, dove la provincia silenziosa si anima di guardatine maliziose nella noia della quarantena, dove spariscono le differenze sociali, di ceto e di età, tutti accumunati dall’epidemia e da una certa voglia di non so proprio bene cosa.

Ah, dimenticavo, presenza immancabile di tutti questi film è la famigerata mascherina antivirus. Ah, sì, tutte le protagoniste hanno una certa e rischiosa propensione a togliersela dopo i primi due minuti.    

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