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SIETE VITTIME DI “PERFEZIONISMO DA SOCIAL”, ANCHE SE NON LO SAPETE. SOPRATTUTTO SE CREDETE DI NON ESSERLO.
dal quotidiano La Sicilia di oggi
I “millennials” (nati tra l’inizio degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Duemila) soffrono di “perfezionismo da social”. Il “Psychologycal Bullettin” lancia l’allarme: i social mettono in continuo confronto questa generazione pompando all’inverosimile la loro competitività. Dallo studio emergono tre diversi fenomeni di “perfezionismo”: verso se stessi, verso gli altri e le vittime.
I perfezionisti verso se stessi sono quelli impazziti dai profili delle fashion blogger e dei cosiddetti “rich kids” (i figli dei magnati di qualche cosa). Sono quelli che si fanno i selfie come fossero sul grattacielo “The pinnacle” a Londra a spendere i soldi del loro paparino oligarca russo e invece sono nel pub aspirante fighetto, per dire, del centro storico di Barrafranca.
I perfezionisti verso gli altri sono quelli che passano la vita a criticare i primi e i loro modelli. Si sentono molto underground e alternativi ma soffrono della stessa identica malattia. Si fanno i selfie come fossero nel Greenwich Village in una New York degli anni Sessanta e invece sono nel pub coi bancali nel centro storico di, per dire, Catania (a Catania il bancale è segno di impegno e profondità e musicalità e cultura).
Il terzo gruppo, le vittime, sono quelli che non ci si raccapezzano. Sono quelli che non sanno come farsi i selfie perché in casa non hanno un angolo abbastanza minimal-artistico-didesign- ausoopenspeis-d’arte, non sanno accoppiare le copertine dei libri nella libreria di legno scandinavo, si sentono ridicoli a fotografare un angolino del tavolo con una sbrecciatura hipster e se ci viene una foto sfocata la cancellano perché gli sembra semplicemente venuta male e non espressione di una fluidità del caos urbano che si rispecchia nella sensibilità di un anima alla ricerca di una identità dello specchio di un bagno in un pub.
Le “vittime” insomma, sono le persone tanto intelligenti da comprendere che i “social” non sono la vita. Devono soltanto capire che le vittime non sono loro, bensì quelli che appartengono alle prime due categorie.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA