Dio sia lodato per il Nobel alla Gluck, del cui clitoride – sempre ringraziando Dio – non sappiamo nulla, e il cui “Iris selvatico” non è un pacchio isterico. Che sia d’esempio a quella miriade di poetesse italiche sbiottate, coi nudi sfumati, un po’ fetish un po’ col vuoto dentro da riempire a colpi di verso (chiamiamolo verso). Che sia maestra delle alde merini, che a ogni botta d’arrapamento ne fanno una questione lirica. Perché davvero non se ne può più dell’esibizionismo (una caviglia in Cina, l’altra in Spagna): e lo abbiamo capito che vi prude! Ma “dirlo” o “poetarlo” non è più, nel 2020 segno di libberazzione della ddonna. Dio sia lodato per il Nobel dato alla Gluck, che cerca Dio nei prati, che pensa ai morti, che parla col Padre e ne disegna i sotterfugi. Ringraziamo Dio per chi ci racconta della diffidenza e del dubbio e delle trappole. E della vecchiezza e della saggezza. Di chi è stata giovane qui e non lo è più e lo sarà.