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I have dream: ho visto un oggetto!

Di Luigi Patitucci |
“….come Diogene che gettò la scodella
dopo aver visto un bambino bere dall’incavo della mano, ad adattarsi”
tratto da “Come ci si veste”, Adolf Loos

Al mondo vi sono strani e opachi individui, che si fanno chiamare storici del design, e che potete immaginarli un po’ come quella donna che pensava d’averla lei sola in tutto il pianeta.

Io, invece, per l’educazione punk che mi sono dato, oltre ad essere condannato a non invecchiare, sono come quella donna che non aveva peli sulla lingua e, se li aveva, non erano certo i suoi.

Non so se avete mai sentito parlare di me….mi chiamano Luigi Patitucci e, cosa strana, devo deludervi, è il mio vero nome…e, persino il mio autentico cognome.

Si, non amo accompagnarmi con, misteriosi ed altisonanti, doppi cognomi ma, sapete, ho con me un’arma invincibile:

“sono esattamente quello che dico di essere!”

Si, lo so, sembra banale, ma questo accade quando hai avuto la fortuna di poter capire cosa ami veramente fare nella tua esistenza e, conseguenza fisiologica ed inevitabile, ad un certo punto le traiettorie d’esercizio del tuo lavoro coincidono meravigliosamente con l’essenza stessa della tua vita.

Questo significa una cosa sola: Niente Trucchi! Niente Inganni!

E poi, l’inganno non trova un habitat consono nelle maglie d’esercizio e negli ambiti applicativi del design, ed è bellissimo poter restituire alla utenza(..che nel design è tutto), esattamente quello che prima hai promesso loro.

Un po’ come accade al cinema con le opere di certi registi, o ancora, visto che parliamo di design, come accadeva dentro le pagine della pubblicità di una storica, e vitalissima, azienda produttrice di confetture e bandiera dell’Italian Way of Life, il cui mantra per l’appunto era:

”Arrigoni: a scatola chiusa!”

Alla faccia di quei miserabili microbi che sono gli allampanati storici del design, che si trovano stretti dentro un modus operandi che li costringe a dover fare continuo esercizio d’autorità nei confronti di masse adoranti in possesso di aspettative nobili, indissolubilmente legate alla costituzione genetica della disciplina del design che, in maniera perpetua vengono tradite, squallidamente disattese.

In genere, è gente che ha del tempo da sprecare, che si trova abilmente parcheggiata all’interno di vetuste istituzioni accademiche, lontane ere geologiche dal dibattito contemporaneo che avviluppa la disciplina del design.

Individui che non hanno mai avuto la possibilità di poter sentire il suono incantatore, dolce e feroce come un vino ambrato, delle sirene dell’esercizio creatore proveniente dalla questione del progetto. Semplicemente perché non ne avevano la capacità, il talento, le giuste coordinate culturali.

Individui che non hanno mai messo in azione la loro capacità di poter ascoltare il mondo, di poter sentire le urgenze brutali del mondo, provenienti da ogni latitudine del pianeta, semplicemente perché non hanno mai messo a fuoco la possibilità enorme, gigantesca, ciclopica, che possiede il design, che è quella di poter intervenire per il solvimento di problematiche complesse, e per la produzione di azioni concrete nelle nostre comunità umane.

Individui che non sono mai riusciti a mettere in esercizio, ed in profitto, la loro immaginazione, individuando, di volta in volta, la terapia specifica e più efficace per la comprensione ed il solvimento di problematiche individuali e collettive.

Semplicemente.

Ho visto un oggetto!

…una sorta di flauto di colore azzurro, di materiale plastico, leggero, pratico, dal basso costo( …si aggira sul paio di dollari), facile da riprodurre in serie e con un discreto gradiente estetico, che sostanzialmente viene utilizzato per poter bere l’acqua direttamente da un fiume o da un bacino, una pozza, senza incappare in mortali infezioni batteriche.

Si, questo oggetto è stato concepito da un designer, come uno strumento in grado di poter arrestare con una barriera fisica, costituita da tutta una serie di filtri attivi, proprio quella frazione batterica atta a procurare pericolose patologie, responsabili di un numero spaventoso di morti, specie in alcune regioni del pianeta ove le risorse naturali scarseggiano e l’impoverimento e le carestie sono questione ordinaria.

Si, questo oggetto è stato concepito da un designer, il cui lavoro dovrebbe essere citato sino allo sfinimento, specie alle nuove generazioni di progettisti, per l’alto grado esplicitato nella funzione di servizio prodotta per la comunità planetaria intera.                                                             E’ un oggetto che parla una lingua morta del design, quella che tutti noi pensiamo ormai appartenga agli annali della storia, quella che ci ricorda del buon vecchio, caro esercizio del design orientato tutto sulle frequenze proprie ed inequivocabili del bisogno, ma che invece, a mio avviso, risponde a pieno alle esigenze denunciate dalla comunità cui è destinata l’opera d’ingegno.

Il design, quando nasce da una condizione di necessità è sempre invenzione, e qui stiamo a parlare di gente che non riesce nemmeno a comprendere le ragioni euristiche ed umane, quali costituenti essenziali di un corpo morale e molecolare proprio della disciplina del design.

E poi, last but not least, la cosa che amo di questo strumento è la sua forma, che rimanda alla fisionomia di un flauto…un flauto magico ed incantatore, come nella favola del Pifferaio Magico, capace di muovere milioni di individui nella direzione della vita.

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