Piccoli fiori color indaco avvolti dal verde intenso di foglie filiformi che sbucano dal terreno. Tra i petali, i pistilli gialli e tre “fili” rosso fuoco. Sono gli stimmi del «Crocus Sativus», il fiore dello zafferano. Il periodo dell’anno che va da metà ottobre a novembre, è il momento in cui le piantagioni di zafferano sparse per il mondo (anche in Sicilia ci sono piccole produzioni nell’Ennese) si tingono di viola e di rosso e inizia la raccolta del fiore da cui si ricava l’oro rosso.
Nel mondo i maggiori produttori sono l’Iran che, da solo copre il 90% della produzione mondiale, poi il Kashmir (tra India e Pakistan) dove si producono dalle 10 alle 30 tonnellate all’anno di zafferano molto pregiato. Seguono Grecia, Marocco, Spagna. In Italia, si coltiva in Abruzzo (lo zafferano di Navelli, in provincia dell’Aquila è il più ricercato, costa dagli 11mila ai 18mila euro al kg ed esiste anche un consorzio per la su tutela), ma ci sono anche piccole produzioni in Sardegna, Valle d’Aosta, Toscana. In Sicilia lo zafferano si coltiva, per esempio, a Calascibetta. Piccolissime quantità, appena 4 chili di “fili” di zafferano contro i 40 di Navelli, patria dell’oro rosso, ma di qualità. Produzioni di piccola, piccolissima entità, ma ad alto reddito. Mezzo grammo di stimmi di zafferano siciliano costano al consumatore 10-12 euro. Il prezzo elevato è dovuto non tanto ai metodi di lavorazione che non sono complicati, quanto alla fase successiva. Va fatto tutto manualmente, dalla raccolta dei fiori a quella degli stimmi che devono essere essiccati. Per ottenere un grammo di zafferano ci vogliono 114 fiori.
La coltivazione dello zafferano ha un vantaggio in più, il recupero dei terreni agricoli e, quindi, anche da questo punto di vista rappresenta un’opportunità per l’economia dei piccoli territori. Infatti non a caso in provincia di Enna, la popolarità dello zafferano si è diffusa anche grazie al “Piacentinu” (“che piace” in dialetto locale), il pecorino “giallo” che si esporta in tutta Europae che vanta anche un marchio dop. Su 100 litri di latte ci vogliono 4 grammi di zafferano. La leggenda vuole che Ruggero I, conte di Altavilla, già nell’XI secolo curò la depressione della moglie Adelasia invitando i casari del luogo ad aggiungere un pizzico di zafferano alla preparazione del pecorino. Colti all’alba quando i bulbi non ancora scaldati dal sole sono più pesanti, dopo la separazione steli e stigmi vengono fatti seccare e poi impacchettati per la vendita. Già in questa fase meno di mezzo chilo di prodotto supera i 2 mila dollari di prezzo. Quando arriva in Europa, lo zafferano può superare anche i 30 mila dollari al chilo.
Lo zafferano si può utilizzare in tre forme: in fili, la più cara perché si tratta della prima lavorazione, di provenienza in larga misura dalla Mancha e dall’Iran, oppure da L’Aquila o dalla Sardegna; in polvere, derivata dalla seconda lavorazione, che è la più acquistata, probabilmente perché è più reperibile; infine in paste, per aggiungere colore alla fine di una preparazione. Il costo del prodotto in stimmi, detto purissimo perché conserva integre tutte le proprietà organolettiche, quotato sfuso può aggirarsi attorno ai 16-20 euro, con picchi anche fino a 30 euro al grammo, ma è anche vero che un grammo è la dose sufficiente per preparare venticinque porzioni di risotto alla milanese, indicato come utilizzo alimentare principale dal 98,8% dei consumatori secondo una ricerca di mercato effettuato dalla società Lorien per conto di Bonetti Spa (la storica azienda dei marchi Zafferano Tre Cuochi e Leprotto).
L’azienda leader nella selezione, lavorazione e confezionamento di zafferano in polvere copre con il 73% la maggioranza delle dichiarazioni di preferenza, riuscendo ad essere largamente diffusa ed al contempo a mantenere un posizionamento premium e di eccellenza. «Per ottenere 1 kg di zafferano sono necessari almeno 150.000 fiori – dichiara l’azienda – la cui raccolta e lavorazione richiedono più di 500 ore di lavoro e da 20 fiori si ricavano 60 pistilli che serviranno per preparare un’unica bustina, quindi lo zafferano di qualità non potrà mai essere economico. Se il prezzo è troppo basso significa che o la qualità è scadente o che è la polvere è stata mischiata ad altri componenti». Spesso, infatti, viene sostituito con la curcuma: ma curcuma e zenzero hanno un aroma e un gusto del tutto differenti. Poi c’è il cosiddetto zafferanone (il càrtamo) con il quale viene tagliato lo zafferano per costare di meno, ma non ha niente a che vedere con lo zafferano rosso in fili, nè nel colore, né nel profumo. Come tutte le spezie pregiate anche la storia dello zafferano è avvolta nella leggenda e nel mito.
l Greci attribuivano la nascita dello zafferano all’amore ardente ma ostacolato dagli dei tra il giovane Croco, un mortale, e la ninfa Smilace. I due amanti furono trasformati, lui, nella pianta dello zafferano e lei in quella della smilax aspera, la salsapariglia (una pianta conosciuta per la sua azione diuretuica). Ma lo zafferano si ritrova anche nella mitologia romana, collegato alla figura del dio Mercurio protettore dei commerci e dei guadagni che, avendo sbagliato il lancio del disco, colpì a morte il suo amico Crocus e fece tingere del suo sangue il fiore della pianta affinché gli uomini, attraverso il colore ed il nome, lo ricordassero per sempre. Nell’antichità s’impiegava principalmente come colorante dei tessuti per quanto già Ippocrate lo prescrivesse contro gotta e reumatismi. Furono, invece, i Persiani ad attribuirgli per primi proprietà afrodisiache.
Nella seconda metà del XII secolo L’Aquila, città appena nata, trovò nello zafferano il perno su cui far ruotare la sua economia. Carlo Magno, colpito dal valore dello zafferano, lo portava con sé in Oriente per scambiarlo con tessuti pregiati. È certo che a soli 50 anni dalla propria nascita, L’Aquila avesse il potere di intessere rapporti economici con le maggiori città italiane: Firenze, Venezia, Milano, e straniere: Marsiglia. Quando in altre zone d’Italia l’importanza di questa coltivazione cominciò a regredire, a L’Aquila lo zafferano dava fortuna e splendore alla città (XVI secolo). A quell’epoca le quotazioni della droga raggiungevano i quattordici ducati la libbra, vale a dire che ogni filamento costava più dell’argento e che le terre che lo producevano erano considerate vere miniere. Nel medioevo lo zafferano era un vero e proprio simbolo di ricchezza: basti pensare che 500 gr. valevano quanto un cavallo. Come testimonia un documento del XVIII secolo in cui un sacco di zafferano figura nella dote di una sposa. Nel 1450 Martino de Rossi, celebre cuoco del tempo, imbandiva le tavole degli Sforza utilizzando lo zafferano in circa 70 ricette, tra primi, secondi, contorni e dolci. Nel 1500, come racconta una leggenda, fu per caso utilizzato nella preparazione del famoso risotto alla milanese. Per colorare le vetrate del Duomo di Milano se ne serviva infatti il fiammingo Mastro Valerio da Profondovalle e un giorno, al pranzo di nozze per la figlia, per caso lo zafferano gli cadde sul risotto che, assaggiato non senza diffidenza, fu poi trovato squisito.
Il nome deriva dal latino Safranum da cui prende il nome il safranale, principio attivo volatile cui si deve il tipico profumo, apprezzatissimo nell’ormai principale utilizzo dello zafferano: quello culinario. Grazie alla sua capacità di colorare i piatti ed esaltarne i sapori lo zafferano caratterizza, infatti, ricette indelebili della nostra tradizione come il risotto alla milanese o l’arancino. Come tutti i prodotti della natura di colore arancio-rosso, lo zafferano è ricco di nutrienti e antiossidanti, infatti il colore rosso è dovuto alla forte presenza di carotenoidi. Minerali quali calcio, fosforo, sodio, potassio, ferro, magnesio e manganese; vitamina A e C e molte del gruppo B. Questo l’apporto in nutrienti dello zafferano le cui principali proprietà benefiche sono però dovute alla ricchezza in potenti antiossidanti: non solo zeaxantina, licopene e carotene, gli stessi carotenoidi che troviamo in pomodori e carote, ma anche crocina, crocetina e safranale in grado di ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione. Bastano davvero pochi stimmi per rafforzare significativamente l’efficacia antiossidante di ciò che stiamo mangiando: il sistema immunitario si rafforza contro le infezioni, l’invecchiamento cellulare è rallentato. Lo zafferano risulta, poi, particolarmente attivo a livello di cervello: si è visto, ad esempio, che svolge un’azione di contenimento dei sintomi nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson.
Smorzando l’infiammazione e regolando, al contempo, importanti neurotrasmettitori produce, inoltre, un effetto calmante e sedativo quando siamo ansiosi e sotto stress. Non a caso il risotto “giallo” è un “piatto della buonanotte” molto efficace sui bambini, così come sui più grandi.