PALERMO – A quasi 45 anni dalla scomparsa, una lapide da oggi ricorda il giornalista Mauro De Mauro, sequestrato da un commando mafioso la sera del 16 settembre 1970 davanti al portone di casa in viale delle Magnolie, in una zona residenziale di Palermo. Questa mattina si è svolta una cerimonia sul luogo in cui De Mauro fu sequestrato dai mafiosi.
Sono intervenuti il sindaco Leoluca Orlando, i familiari di De Mauro, la figlia Franca ed il nipote Alessandro, il presidente dell’Unci Sicilia, Leone Zingales, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, il presidente dell’Assostampa siciliana, Giancarlo Macaluso, ed i consiglieri nazionali dell’Unione cronisti Giuseppe Lo Bianco e Antonella Romano.
Tra le autorità presenti, il vice-prefetto vicario Maria Rosa Trio, il comandante provinciale dei carabinieri, Giuseppe De Riggi ed il questore Maria Rosaria Maiorino.
«In questo luogo – si legge nella lapide – la sera del 16 settembre 1970 vili mani mafiose strapparono all’affetto dei suoi familiari il giornalista Mauro De Mauro. A ricordo della sua tenacia e del suo coraggio i cronisti e la municipalità posero».
Il presidente dell’Unci Sicilia, Leone Zingales, ha ringraziato l’Amministrazione comunale che «ha accolto la nostra richiesta» ed il sindaco Leoluca Orlando «che ha seguito passo dopo passo l’iter farraginoso che ci ha condotto a questo brillante e doveroso risultato. Finalmente la città di Palermo colma una lacuna sul versante della memoria. Troppi quasi 45 anni per ricordare un cronista attento e rigoroso che ha sacrificato la propriavita nel nome della verità».
Il cronista Giuseppe Lo Bianco ha ricordato la figura di De Mauro.
Emozionata la figlia Franca De Mauro: «Mi riempie di gratitudine – ha detto – che si sia voluto tenere vivo il ricordo di mio padre sia piantando un albero in suo onore nel Giardino della Memoria, sia ora attraverso una lapide posta nel luogo del suo rapimento.
Dopo la tragedia di 44 anni fa la mafia ha continuato a fare vittime e, per quanto combattuta con maggior vigore, resta presente e forte in tutto il paese. Quindi sono sempre più necessarie le iniziative volte a modificare le condizioni che ne permettono il proliferare. Una di queste è mantenere viva la memoria di tutte le vittime».
Il fratello di De Mauro, l’ex ministro Tullio, ha fatto pervenire un messaggio all’Unione cronisti: «Una lapide per Mauro dopo tanti anni, quasi 45 anni, proprio per questo si carica di significato.
Il mare degli anni non ha cancellato la memoria sua non solo in chi gli è stato legato per affetti familiari o amicizia. La città stessa lo ricorda. È una città assai cambiata dalla cupa città spevantata e assoggettata degli anni intorno al 1970. A prezzo carissimo di vite umane Palermo ha trovato in sè la forza di riconoscere il proprio diritto a una vita più libera, più civile. Nè a palermo, nè in Italia la coscienza si traduce però facilmente in atti che realizzino quel diritto. Il cammino è lungo, la fatica a tratti disperante. E dunque è un atto già significativo, non trascurabile, non banale che la città, grazie ai suoi cronisti, grazie al Comune, si ricordi e accetti di ricordare su una pietra durevole chi quel cammino aveva cominciato a percorrere con il suo lavoro di giornalista puntuale e rigoroso».
Mauro De Mauro, nato a Foggia nel 1921, sposato e padre di due figlie, era cronista de L’Ora quando fu sequestrato. Per il quotidiano del pomeriggio aveva seguito alcune tra le più scottanti inchieste del tempo, tra gli inizi degli anni ‘60 e l’estate del 1970. Prima della scomparsa stava collaborando con il regista Francesco Rosi che era impegnato nella ricostruzione della morte del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, rimasto ucciso nell’incidente aereo di Bascapè (Pavia) nel 1962.