Un cuore ribelle dall’anima rock

Di Giuseppe Attardi / 09 Febbraio 2016

SANREMO. ”Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”. Adottando come filosofia di vita questa citazione dal libro Un po’ per amore, un po’ per rabbia di Pino Cacucci, Miele, al secolo Manuela Maria Chiara Paruzzo, all’età di 23 anni tagliò il cordone ombelicale con le proprie radici e con le sue lunghe gambe si trasferì da Caltanissetta a Milano.

 «Mi ero appena esibita in un festival locale – ricorda – C’era un’orchestra ad accompagnarmi e nutrii invidia per tutte quelle persone che conoscevano la musica. Così decisi di studiare». E per farlo bene, la piccola scuola di canto che Manuela frequentava a Caltanissetta non era più adatta.

«Andai a Milano e m’iscrissi al Cpm di Franco Mussida (il chitarrista della Pfm, nda) – continua il racconto – Studio di piano, lezioni di canto e corsi di scrittura». Perché Manuela voleva diventare una cantautrice, come i suoi idoli: Lucio Dalla, Ivano Fossati, Tom Waits, Nick Cave. Per mantenersi agli studi, ogni sera Manuela si armava di chitarra e spartiti e andava a suonare nelle strade di Milano: «Cantare fra la gente a ridosso di una chiesa, una piazza o un portico antico è uno degli esperimenti che qualunque musicista dovrebbe concedersi: il contatto con le persone è talmente intenso da diventare quasi fisico». Nel frattempo prova ad abbozzare canzoni sue. Niente da fare. «Non riuscivo a trovare l’approccio giusto, cestinavo tutto. Non mi usciva nulla di buono, di vero».

Poi un pomeriggio dopo una violenta discussione al telefono con il padre, nasce Mentre ti parlo. «Ho cominciato subito a buttare parole su un foglio. Parole di rabbia e di amore allo stesso tempo. La canzone racconta l’esigenza naturale di ogni figlio di tagliare i fili di un legame ormai troppo stretto con i genitori, nonostante l’amore incondizionato. E’ una canzone che grida le parole che io urlavo al telefono con mio padre: poterlo amare, ma essere capace ancor più di amare me stessa, comunque io sia. La mia storia di cantautrice è iniziata quando ho avuto il coraggio di scrivere la frase: “Troverai i miei occhi magari meno storti”. Perché quelle precise parole buttate su quel foglio erano me, la mia insicurezza e il mio orgoglio, il mio rapporto difficile con il mio sguardo imperfetto».

Mentre io parlo diventa la canzone–manifesto di Manuela. Il passo successivo è Area Sanremo, dove al momento dell’iscrizione sulla domanda le veniva offerta la possibilità di scegliere un nome d’arte. E, per tagliare ogni legame con il passato, «scrivo d’istinto Miele, perché è un alimento dolce e in contrasto è anche molto denso. Io vivo di contrasti, sono piena di contraddizioni».

Manuela a 26 anni diventa Miele («oggi qualcuno comincia a chiamarmi così»). Mentre io parlo supera l’esame Area Sanremo e si piazza tra le otto canzoni in gara all’Ariston fra le nuove proposte. Una ballad intensa, interpretata con pathos, dall’anima rock, come quella di Miele: «Sono Miele e sono Siciliana. Sono Miele e faccio rock alla siciliana. Rock col pizzo e lo scialle» sono i suoi slogan. Anche se le sue composizioni e il suo stile d’interprete riportano alla mente Ivano Fossati e Mia Martini. «Amo Janis Joplin, ma sarebbe presuntuoso cercare di imitarla – commenta – Rock e blues non fanno parte della cultura italiana. Il blues nel nostro Paese è riuscito a farlo solo Pino Daniele». Per una sorprendente coincidenza, Mentre io parlo si sfiora a Sanremo con la canzone degli Stadio Un giorno mi dirai: da una parte una figlia che parla al padre, dall’altra un genitore che dialoga con la figlia. A rendere ancora più singolare questo incrocio, la cover di Grande figlio di puttana che Miele ha inserito nel suo primo album Occhi.

«Mi fa impressione – ride Miele – Sono una grande ammiratrice degli Stadio e c’è stato un periodo in cui quella canzone la cantavano tutti a casa mia». La ragazza nissena è sorpresa anche dal grande sostegno che le sta dando la città: «Non me lo aspettavo – confessa – Caltanissetta è una città strana. Sembra che stia davvero partecipando al mio sogno, lo vedi nei sorrisi della gente. Il mio legame con la Sicilia continua a restare forte. Sono andata via perché non riuscire a fare quello che sognavo. Ma in questi giorni ho incontrato persone che sono riuscite nella loro impresa restando».

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: cultura miele sanremo 2016