Ue, è caccia ai trafficantidi esseri umani: ecco chi sono
Ue, è caccia ai trafficanti di esseri umani: ecco chi sono
Dall’eritereo arrestato a Catania che aveva organizzato almeno 23 viaggi alla vera “primula rossa” dei boss degli scafisti, Ermias Ghermay, una specie di fantasma ricercato dalle polizie di mezza Europa
Dei capi delle organizzazioni che gestiscono i viaggi della speranza dalla Libia alla Sicilia, c’è traccia in decine e decine di intercettazioni telefoniche e nei rapporti dei servizi segreti che danno loro la caccia. Sono quelli che radunano – a migliaia – i migranti stipandoli nelle carette del mare che poi solcano il Canale di Sicilia e che spesso sono condotte da gente inesperta. Ora però a scendere in campo è l’Unione europea che ha annunciato il pugno di ferro contro i trafficanti che gestiscono le rotte dei migranti dal nord Africa alle coste siciliane. Nel piano Ue complessivo sulle migrazioni la lotta a queste organizzazioni criminali sarà infatti una della priorità. Questo è almeno quanto ha annunciato il commissario Ue all’Immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, che è intervenuto dopo i casi delle navi Ezadeen e Blue Sky, stracolme di profughi e abbandonate dagli scafisti in prossimità della costa. «I trafficanti trovano nuove rotte per l’Europa e impiegano nuovi metodi per sfruttare i disperati – ha detto Avramopoulos –. La lotta a queste organizzazioni criminali sarà una priorità top nel piano Ue complessivo sulle migrazioni». Il commissario Ue all’Immigrazione ha elogiato la Guardia costiera italiana e Frontex che, nel quadro dell’operazione congiunta Triton, «hanno salvato centinaia di migranti» ed ha evidenziato che «questi eventi sottolineano la necessità di un’azione risoluta e coordinata di tutta l’Ue». «Dobbiamo agire contro i trafficanti – ha detto Avramopoulos -. Non possiamo permettere loro di porre a rischio vite su navi abbandonate in condizioni meteo pericolose. L’Ue si muoverà con impegno e determinazione».
Eppure molti dei capi delle organizzazioni sono piuttosto noti. L’ultimo è finito in carcere, a seguito di una inchiesta della Procura di Catania denominata «Tokhla», che in eritreo significa «sciacallo». È un 29anne di Asmara che si chiama Measho Tesfamariam. Lui da solo ha organizzato almeno 23 viaggi della speranza. Il giro d’affari è di milioni di euro se si pensa che per ogni singolo barcone l’organizzazione incassa quasi mezzo milione di euro. A loro non interessa se poi il gommone affonda, come accaduto nel giugno scorso quando hanno perso la vita 244 persone: 197 eritrei, 46 sudanesi e uno scafista. Fra loro molte donne, due ventenni incinte di sei mesi e un piccolo esercito di bambini. Nelle intercettazioni risate, soddisfazione per avere comunque incassato il denaro e tentativi di depistare i familiari dando loro per certo l’approdo in Italia. Tesfamariam organizzava le traversate seduto comodamente nella sua casa in Germania. I familiari delle vittime, gli eritrei inghiottiti dal mare gli davano la caccia. Come accadde due anni fa a quello scafista aguzzino – autore di torture inimmaginabili – che scampò per miracolo, all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa, al linciaggio da parte di alcuni profughi che lo avevano riconosciuto.
Ma la vera «primula rossa» del traffico di esseri umani è probabilmente Ermias Ghermay. È una specie di fantasma che le polizie di mezza Europa rincorrono da anni e il cui nome ricorre spesso nelle inchieste (e nelle intercettazioni) relative al naufragio del 3 ottobre del 2013 che provocò 366 morti a Lampedusa. Di Ermias gli investigatori sanno molto, ma non abbastanza per acciuffarlo. È furbo e conosce alla perfezione – perché lo gestisce lui – come funziona il traffico di essere umani dalla Libia verso la Sicilia. La descrizione fisica di chi lo ha visto si legge nei verbali della Procura di Agrigento e di quella di Palermo che hanno indagato sulla strage: ha una quarantina di anni ed è etiope di Addis Abeba, ha una corporatura robusta, non è molto alto, veste all’occidentale e conosce molto bene diverse lingue, dal tigrino all’arabo, dall’inglese al francese fino all’italiano. Le lingue gli servono perché è lui che chiama i soccorsi se dopo due giorni dalla partenza non ha ancora notizie dei suoi «clienti».
Gli investigatori hanno persino ascoltato la sua voce e sanno anche che abita nel quartiere di Abu Sa’ a Tripoli da dove si sposta frequentemente verso le località costiere di Zuwara, a Zawia e Garabulli e da dove partono le imbarcazioni cariche di migranti grazie a cui lui fa i soldi a palate perché ogni migrante prima di salpare deve versare tra i 1600 e i 1800 dollari americani. E in ogni barcone lui ne piazza anche 150 o 200. Ermias ha anche una moglie che si chiama Mana che abita in Germania e ha due utenze telefoniche libiche spesso in contatto con i cellulari italiani. Suo fratello è stato per diversi mesi al Cara di Mineo ed ha anche ottenuto lo status di rifugiato politico dalla Commissione Territoriale di Siracusa.
Il suo «vice» più importante è John Mahray, che «lavora» in Sudan dove organizza le carovane dei migranti dal Centro Africa verso le coste del Maghreb attraversando il deserto del Sahara sui camion. Sono il manifesto del cinismo: il giorno dopo la strage di Lampedusa commentando il naufragio hanno una sola paura: perdere una fetta di «mercato» a vantaggio di un’altra organizzazione che fa loro concorrenza in Libia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA