“Troiane”, sullo sfondo di un bosco “morto” la speranza che va oltre le rovine

Di Donata Guarino / 11 Maggio 2019

Siracusa – Seconda serata, ancora un successo al teatro greco di Siracusa. In scena Le troiane di Euripide, spettacolo (stavo per dire gioiello!) allestito dalla regista e attrice francese Muriel Mayette-Holtz, direttrice dell’Accademia di Francia a Roma e membro della Comédie-Française. Siamo accolti da un tramonto dorato e da una scenografia che è piuttosto un paesaggio e lo spettacolo inizia ancora prima del tempo. Un bosco morto che torna a vivere non può non emozionare. Stefano Boeri, professore al Politecnico di Milano, ha realizzato questo.


Sono alberi spezzati da una tempesta di vento nei monti della Carnia, lo scorso ottobre. Essi, deposti così, rendono la desolazione, la terribile furia che li ha strappati alla terra ma che recuperati, per magia, sono in qualche modo vivi, presenti quasi a ricordare che le tragedie ambientali insieme alle tragedie che riguardano la storia dell’uomo costringono a riflettere sulle responsabilità di ciascuno di noi. Troia è ormai caduta e le donne vengono assegnate come schiave e concubine ai vincitori. Il futuro alle troiane non riserva che dolore e miseria. Abbandonate dagli dei, sembra che non siano più neanche esseri umani. Dice l’araldo Taltibio ( Paolo Rossi mirabile, disinvolto, emozionante) ad Andromaca, quando le strappa il figlio: “pensa che sei prigioniera e a noi non manca la forza per affrontare una donna sola”, quasi a volerle impedire di piangere per la morte imminente del bambino. Questa pretesa è assurda e fa emergere le contraddizioni e la follia di chi crede che la forza da sola basti a piegare per sempre un essere umano.

Ecuba (una Maddalena Crippa che davvero tocca il cuore) assiste al circolo infinito di violenza e di rovina. Ma trasmette anche tanta dolcezza, come il Coro del resto. In fondo neanche l’incendio con il quale si chiude la messinscena toglie un po’ di speranza. Emerge una forza morale, un messaggio pacifista che mi porta alla scrittura di Primo Levi, essenziale nel ricordare che niente può togliere la memoria di se stesso. Apre il dramma Poseidone (Massimo Cimaglia) che afferma: “stolto è l’uomo che distrugge città, perché uccidendo gli altri è se stesso che condanna alla rovina, col tempo”!

La traduzione efficace ed essenziale di Alessandro Grilli ha una degna compagna di viaggio, che è la musica di Cyril Giroux ( Che scoperta! Una vera meraviglia!). I costumi sono di Marcella Salvo, il progetto luci di Angelo Linzalata. Assistente alla regia è Mercedes Martini, al progetto scenico Anastasia Kucherova. Hanno recitato anche: Francesca Ciocchetti (Atena), Marial Bajma Riva(Cassandra), Elena Arvigo (Andromaca), Graziano Piazza (Menelao), Viola Graziosi (Elena), Clara Galante (Corifea), Elena Polic Greco (Capo coro), Riccardo Scalia (Astianatte). La chitarrista è Fiammetta Poidomani. Fanno parte del Coro: Doriana La Fauci, Maria Baio, Maria Gabriella Biondini, Cettina Bongiovanni, Carmen Cappuccio, Irene di Maria, Lucia Imprescia, Rosamaria Liistro, Giusy Lisi, Maria Verdi. Partecipano al Coro (prigioniere e guardie) gli allievi della scuola dell’ADDA – Accademia d’arte del dramma antico -.

Con uno studiato effetto di luci e di colore si chiude questo spettacolo nel quale i vincitori sono giudicati dalle stesse donne troiane che hanno deciso di portarsi a letto. Il punto di vista è quello dei deboli. Ed è importantissimo. Ed esemplare! Anche oggi nel 2019!

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