TRAPANI – Sequestro di beni ai fini della confisca, per un valore di circa 25 milioni di euro, appartenenti a imprenditori da anni operanti soprattutto nel settore degli appalti pubblici nel trapanese.
L’operazione è stata condotta da Polizia e Guardia di finanza a Trapani, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Alcamo, Castellammare del Golfo e Santa Venerina.
Il provvedimento ablativo nei confronti di Domenico Funaro di Santa Ninfa e del figlio Pietro, accusati di mafia, è stato emesso dal Tribunale di Trapani su proposta del questore.
Il sequestro riguarda: tre beni immobili, 38 beni mobili (autovetture, furgoni, mezzi meccanici) 11 società/imprese (capitali sociali e pertinenti complessi aziendali), 22 partecipazioni in altre società, 82 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura.
Alla base dell’indagine vi sono le dichiarazioni rese da Vincenzo Sinacori, già capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo e divenuto poi collaboratore di giustizia.
Gli imprenditori, secondo gli inquirenti, farebbero parte di «un reticolo imprenditoriale per il condizionamento illecito» degli appalti pubblici. Secondo l’accusa a sostegno dell’ipotesi investigativa vi sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori e Nino Birrittella. Sinacori, in particolare ha parlato di rapporti intrattenuti da Domenico Funaro con l’imprenditore edile Michele Accomando, ritenuto dagli inquirenti appartenente alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. Dalle indagini antimafia condotte nel Trapanese emergono secondo i magistrati, inoltre rapporti dei Funaro con gli imprenditori Tommaso Coppola e Antonino Birrittella (oggi collaborante), considerati «principali referenti operativi» del capomandamento di Trapani, Francesco Pace. Secondo Birrittella, «tutte le attività di turbativa d’asta, falso e corruzione, relative al controllo occulto sugli appalti, venivano poste in essere, tra gli altri, dai Funaro».