CATANIA – «Lasciate che, subito, rivolga il pensiero mio e della Chiesa di Agrigento alle sorelle e ai fratelli dei paesi dell’Etna che sono stati colpiti dal terremoto. Sentano il nostro affetto e la nostra solidarietà e noi agrigentini preghiamo e vogliamo fortemente con voi che la vita di tutti ritorni alla normalità e la serenità prenda finalmente il posto dell’amarezza e della paura». Sono state le parole d’esordio del cardinale Francesco Montenegro nell’omelia per il Solenne Pontificale che si celebra nel Duomo di Catania per la Patrona della città, Sant’Agata, di fronte a tanti fedeli e alle autorità cittadine, oltre all’arcivescovo mons. Salvatore Gristina, gli arcivescovi e vescovi di Sicilia, i padri abati, il cerimoniere arcivescovile, i canonici metropolitani e collegiali, i vicari episcopali e foranei, i sacerdoti, i diaconi, nonché i seminaristi, gli alunni della scuola “Sant’Euplio”.
Presenti anche le dame e i cavalieri della delegazione Gran Priorale del Sovrano Militare Ordine di Malta e della sezione catanese “Cardinale Salvatore Pappalardo” della Luogotenenza Italia Sicilia dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il servizio liturgico è curato dal Seminario Arcivescovile dei Chierici e dalla Cappella Musicale del Duomo, diretta dal maestro Giuseppe Maieli.
«Come Agata, dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente in una società in cui ciò che conta è il potere, il denaro e il piacere; una società, la nostra, che pur definendosi “cristiana” non sempre sa o vuole reagire dinanzi alla diffusione della cultura della morte!» ha detto ancora Montenegro che nell’omelia ha affrontato anche il tema della mafia. «Pensiamo ai mali che affliggono la nostra terra di Sicilia, dalle varie mafie alle tante forme di ingiustizia sociale – ha aggiunto – dalla violenza che si fa contro l’ambiente al lavoro nero o allo sfruttamento degli operai, dal pizzo alle estorsioni,dai costumi disonesti alle tante forme di corruzione che inquinano il vivere sociale. Il coraggio di Agata deve spingerci a essere più coerenti, più forti, più decisi, più determinati nel dire “no” alle logiche di morte per schierarci col Vangelo, costi quel che costi. Nella nostra martoriata Sicilia – ha ricordato il cardinale – quando il popolo ha abbassato la testa è stato schiacciato e addomesticato nella sua voglia di futuro, nelle prospettive da offrire alle giovani generazioni, nella ricerca di un bene più grande e duraturo. Quando, invece, con forza e con grandi sacrifici, ha rispettato la libertà, i valori cristiani e umani, e ha esercitato la fede come bene prezioso, ha fatto enormi passi in avanti. In questa nostra drammatica fase storica – ha sottolineato l’arcivescovo metropolita di Agrigento – come cristiani abbiamo bisogno di rialzare la testa; abbiamo bisogno di coscienze libere che sappiano far sentire la loro voce rivendicando la dignità della vita umana in ogni sua forma e denunciando ciò che non funziona».
Anche l’emergenza migranti – tema sempre caro al vescovo di Agrigento – è un argomento cardine dell’omelia di monsignor Montenegro, secondo il quale «per essere buoni cristiani non baste pregare, prendere i sacramenti e andare in chiesa», ma è «necessario anche lottare per una società più giusta, preferire e cercare la trasparenza o interessarci dei poveri e dei migranti, mostrare rispetto e offrire amicizia a chi è disprezzato, o essere disponibili verso il parente o il vicino di casa in difficoltà o dare più tempo alla moglie o al marito o ai figli o ai genitori …».
«Lui ci chiede di andare controcorrente in una società che sta mettendoci l’uno contro l’altro, sta dividendo il mondo in due – ha sottolineato l’arcivescovo di Agrigento – e se sentiamo l’orgoglio di appartenere alla razza di Dio, di essere cristiani. per saperlo riconoscere in ogni uomo soprattutto se povero, sia che cerchi il cibo nei cassonetti della spazzatura, sia che venga col barcone da lontano».