Catania – Il teatro come meraviglia, come inganno, come riscoperta dei valori che i mass media stanno appiattendo nella finta ebrezza della partecipazione inutile. E’ la formula slogan che Laura Sicignano, come direttrice artistica del teatro Stabile i ieriha illustrato davanti a un folto pubblico. Uno stacco netto con le tradizioni anodine delle presentazioni programmatiche. Il proscenio era dominato da uno slogan che da solo dichiarava gli intendimenti della stagione ventura. Una scritta intrecciava: Meravi-inganni-gliosi, come quel poeta barocco che affermava essere del poeta il fin la meraviglia e che nella città risorta in età barocca trova oggi, come nel passato, una piena giustificazione. Un breve filmato di esordio, un festoso buffet conclusivo e nel mezzo rapide comunicazioni: sintetici interventi di alcuni degli artisti che contrassegnano il programma e nessuna passerella di interventori alla ricerca di qualche scampolo di protagonismo.
Rapidissima introduzione di Caterina Andò responsabile dell’ufficio stampa; quindi solido intervento del presidente del CdA del teatro, Carlo Saggio: «Nonostante tutte le difficoltà si è lavorato con passione positiva addirittura contagiandola anche agli altri soggetti con i quali gli amministratori hanno avuto a che fare. Non solo gli amministratori si sono appassionati al loro lavoro e ora sono fieri di avere realizzato quel che inizialmente sembrava arduo. Il grande obiettivo di stabilizzare la situazione appare ormai vicino». Lina Scalisi, cattedratica di storia all’università e personalità di spicco della ricerca, vice-presidente, ha sottolineato come il cartellone «sia aperto alle questioni sociali, divenendo tramite di conoscenza per le giovani generazioni» concludendo con la metafora che «la rassegna di quest’anno è un “ritorno al futuro”, nel senso che apre lo sguardo verso più ampi orizzonti che sostanzialmente sono coerenti con le nostre tradizioni».
Quindi Laura Sicignano che, pur essendo ligure ormai conosce a fondo le personalità artistiche e le tradizioni, si è soffermata sui titoli del ricco cartellone: (13 titoli in abbonamento e altri sette fuori abbonamento), «una stagione dedicata a bambini dai 5 ai 100 anni che vogliono meravigliarsi e non farsi ingannare dalle ingannevoli meraviglie del mercato e della propaganda», dando la parola, per un intervento sentimentale all’attore Sebastiano Lo Monaco che visitò il Teatro greco di Siracusa, quando ancora era nel grembo della madre, frequentò i teatri catanesi e nazionali di cui adesso è sicuro mattatore. Sarà lui, il prossimo 15 ottobre ad aprire la stagione del nostro Stabile nella Antigone sofoclea, per la regia della medesima Sicignano. Accanto a Lo Monaco, Lucia Cammalleri, Egle Doria, Luca Iacono, Silvio Laviano, Simone Luglio, Franco Mirabella, Barbara Moselli, Pietro Pace, Edmondo Romano.
I classici (cioè i testi che hanno segnato la storia occidentale) si susseguono: a novembre il pirandelliano L’uomo dal fiore in bocca che si completa con Nella mia carne, epilogo in sette movimenti di Vincenzo Pirrotta, che realizza uno spettacolo di cui è autore, regista e protagonista, affiancato da Giuseppe Sangiorgi. A gennaio L’anima buona di Sezuan di Brecht con Monica Guerritore come regista e protagonista; quindi, dall’8 febbraio, I Giganti della Montagna pirandelliani di cui Gabriele Lavia sarà regista e protagonista, in scena al Teatro Massimo Bellini; Il giardino dei ciliegi di Cechov, in una moderna rilettura di Alessandro Serra, uno dei registi più innovativi del panorama italiano. Non c’è trama, tutto è nell’essenza dei personaggi; Misura per Misura di Shakespeare, regia Paolo Valerio, protagonista Massimo Venturiello, per giungere, nella prossima primavera a Lu cori non ‘nvecchia omaggio all’opera di Nino Martoglio, elaborazione dei testi e regia sono di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, pluripremiati autori e registi siciliani. Elena Radonicich e Peppino Mazzotta sono i protagonisti de L’onore perduto di Katharina Blum, dal romanzo di Heinrich Böll, regia Franco Però, coprodotto dallo Stabile.
Tra gli spettacoli ospiti, La cena delle belve di Vahé Khachà (scrittore armeno naturalizzato francese) nella versione di Vincenzo Cerami, per la regia associata di Julien Sibre (dal 19 novembre); Le regole per vivere di Sam Holcroft, traduzione di Fausto Paravidino e regia Antonio Zavatteri, una commedia comica; Misery ripreso da un romanzo di Stephen King, con Filippo Dini – pure regista – e Arianna Scommegna; La gioia, di Pippo Delbono che ha mietuto successi internazionali ma anche a Catania ha segnato serate significative, in cui cerca con bruciante intuizione di attraversare sentimenti estremi: angoscia, felicità, dolore, entusiasmo. La donna leopardo, da un testo di Moravia, adattamento e regia di Michela Cescon, coproduzione dello Stabile di Catania.
Gli spettacoli fuori abbonamento meritano ulteriore attenzione: Il Romeo e Giulietta con dodici adolescenti catanesi (i due innamorati di Verona erano poco più che ragazzini); Hans(el) e Gret(el), scritto e diretto da Emma Dante; Berlino, cronache del muro di Ezio Mauro che vede portare sul palco lo storytelling della caduta del sistema comunista; Naufragata, una produzione Circo Zoé; Pueblo, uno spettacolo di Ascanio Celestini; La cucina dell’amore di e con Carmelo Chiaramonte; Operastracci o dell’educazione sentimentale di Enzo Toma e Silvia Ricciardelli, in cui gli stracci prendono vita attraverso l’opera lirica e diventano burattini nelle mani dei giovani attori.
Nelle osservazioni finali, il presidente del CdA ha fatto notare che la cultura di impresa, pur basandosi su fondamenti diversi da quelli della cultura creativa, è pur sempre una forma di cultura umana e nel caso di Catania e del suo Teatro Stabile ha dimostrato che il rigore amministrativo è la base indispensabile, ma non contraddittoria, rispetto all’invenzione artistica. Insomma: che sull’esempio della gestione del teatro di prosa dovrebbero muoversi anche altre istituzioni culturali che attraversano frangenti incresciosi.