Il Teatro di Paglia di Elio Gimbo, da domani (6 agosto) a domenica (9 agosto) propone il “Discorso sugli Italiani” (marzo 1824) di Leopardi, in una vivacissima e pungente drammatizzazione di cui è protagonista Sabrina Tellico (che mette assieme con sapienza fascino e acume critico, padronanza scenica e idealità politica) con il contributo di Daniele Scalia e Tommaso Mirabella a rendere gli umori del popolo al quale basta un fiasco di vino e un piatto di lenticchie per non vedere le rapine colossali di cui è vittima. Un testo leopardiano che purtroppo ben si adatta alla situazione odierna e che nell’allestimento primaverile riscosse meritato successo.
La nuova serie di recite ha diversi motivi d’interesse anche per chi avesse seguito la precedente: si sviluppa in un teatro materialmente di paglia, ricavata dalla mietitura del grano (che un tempo faceva della nostra Isola il granaio di Roma e oggi è quasi scomparso dalla Piana), sullo sfondo di quel che resta dell’acquedotto benedettino in un cortile antistante la Biblioteca comunale Bellini, ben nota agli studiosi. Biblioteca e campagna come nel Sabato del Villaggio, nella lirica a Silvia e uno sfondo politico severo che guadagnò al giovanissimo conte Giacomo il favore del ministro prussiano Niebuhr, ma non lo salvò dalla miseria economica. Fu persino sconfitto in un concorso per lui vitale da un oggi dimenticatissimo Carlo Botta.
Questo teatro civile fa avvertire le trasformazioni che pochi ormai notano per avere conosciuto le altre realtà storiche. Come ama definirlo lo stesso Elio Gimbo è una «radura nel mondo selvaggio» e già pensa ad includere nella radura il Monàrchia dantesco (che fu pure condannato per le sue posizioni antipapiste) e il Cortegiano di Baldassar Castiglione che fu il modello (ma fino a che punto?) di una classe politica culturalmente raffinata ed eticamente grossolana: che oggi, con qualche sparuta eccezione, ha perso anche la cultura.