CATANIA – Alberto Bianco, Levante e Giovanni Caccamo, talenti emergenti nati tra il 1984 e il 1990. Nessuno di loro ha conosciuto Francesco Virlinzi, eppure non hanno avuto alcuna esitazione nel voler iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro del tributo al fondatore della Cyclope records che ogni anno il 28 luglio si tiene a casa di Nica Midulla, la mamma rock che ha raccolto il testimone lasciato dal figlio Francesco. Checco per gli amici. E che martedì avrebbe compiuto 56 anni se un male incurabile non avesse spezzato i suoi sogni. Il ragazzo che inventò la leggenda di Catania Seattle d’Italia, l’amico di Bruce Springsteen e di Michael Stipe che portò i Rem al Cibali, l’animatore della Cyclope records che scoprì e lanciò Carmen Consoli, Mario Venuti, Brando, Flor.
Bianco, Levante e Caccamo. Tranne il primo, torinese, gli altri due nati in Sicilia. Calatina lei, che all’anagrafe fa Claudia Lagona, modicano il vincitore della sezione giovani del Festival di Sanremo. Musicisti dalle origini siciliane, ma prodotti da un sistema piuttosto che da una città, contrariamenti a quelli plasmati da Virlinzi. Artisti che inseguono mode e modelli musicali commerciali, pop. Vincono concorsi, partecipano a festival, scrivono tormentoni o sono premiati dal televoto, residenti oltre lo Stretto, senza un legame diretto con il territorio.
Figli del proverbio “cu nesci arrinesci”. È il segnale dei passi indietro che Catania ha fatto da quando non c’è più Francesco Virlinzi. Di come la Seattle d’Italia abbia perso quel ruolo importante che aveva conquistato negli Anni Ottanta nella scena musicale nazionale, invertendo in alcuni casi (vedi Moltheni) le strade della musica da Nord a Sud. Un timido ma ancora impacciato tentativo di riprendere quel discorso prematuramente interrotto, è stato avviato lo scorso anno con il disco di debutto di Marco Selvaggio, virtuoso dell’hang, che ha segnato la rinascita dell’etichetta Waterbirds, i leggendari studi in cui furono registrati i primi album della “cantantessa”. Un secondo capitolo sta per aprirsi con Samuela Schilirò, «una catanese del nord», come si definisce, che martedì sera ha rotto il ghiaccio facendo da elegante e raffinata apertura ai tre giovani talenti.
Bianco, Levante e Caccamo, protagonisti alla fine di un happening sulle note di Losing my religion dei Rem, in ricordo del ventennale del concerto della band di Athens a Catania. Jam proseguita coinvolgendo The Niro, inzialmente confuso nel folto pubblico, e il violinista Olen Cesari. Un gran finale. Nello stile di Francesco Virlinzi. FOTO