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Stupro a Catania, quando la barra dei valori non è in asse

Di Carmela Marino |

Catania – Tre ragazzi apparentemente normali. Muscoli e tatuaggi esibiti sui profili social, tagli di capelli alla moda e un diploma con cui cominciare a cercare un lavoro. Per due di loro, si stava aprendo uno spiraglio seppur con dei contratti a tempo: uno avrebbe fatto il manovale, l’altro il gelataio. Salvo Castrogiovanni, Roberto Mirabella e Agatino Spampinato hanno la faccia di tre ventenni come tanti; quelli che invece l’altra sera, in una zona appartata di piazza Europa a Catania, avrebbero violentato una 19enne americana, in città da tre mesi come ragazza alla pari, sarebbero state tre belve. Usiamo il condizionale, che è sempre d’obbligo in attesa di un procedimento giudiziario. I tempi al presente li usiamo invece per lo sconcerto che questa storia, così come la cronaca ce l’ha consegnata, sta sollevando. Lo sdegno è totale.

Se la ricostruzione dovesse essere confermata, quella consumata da questi tre ragazzi non sarebbe soltanto una storia di violenza sulle donne, ma è una storia di violenza, brutta, impietosa, bestiale. Punto. La società civile, il cittadino comune, le mamme e i papà che ricoprono i figli di raccomandazioni, i giovani che hanno sorelle più piccole d’età, le nonne, l’impiegato o il disoccupato: tutti, proprio tutti, auspicano che i tre giovani denunciati dalla vittima, se realmente colpevoli, dovranno pagare. E anche tanto. Perchè non si può abusare di una coetanea così come avrebbero fatto loro. Senza pietà, senza risparmiarle nulla di ciò che una furia ormonale, cieca e ingiustificata, può scatenare; senza ascoltare i suoi lamenti, senza che nessuno dei tre si fermasse per un attimo e dicesse agli altri due: “Ma cosa stiamo facendo”? Ed evidentemente senza neanche pensare che tanta brutalità avrebbe segnato anche le loro vite.

Pare che al momento i tre giovanotti, apostrofati sui social con gli epiteti più feroci, non si siano neanche resi conto della gravità di ciò che hanno fatto. Peccato ragazzi. Potevate avere una vita normale, laddove normalità è parola bellissima. Una vita giovane fatta di sogni, di futuro e di progetti, di studio, di amici, di ragazze (da amare e non da stuprare), di cocktail (da bere senza alzare troppo il gomito), di genitori da rendere orgogliosi, di gite, viaggi o di semplici scampagnate. A vent’anni non bisognerebbe pensare ad altro. Soltanto ad essere normali, magari con qualche vena di sana follia. La barra però, quella dei valori, dell’educazione, del rispetto per le donne (e per gli uomini), dovrebbe sempre essere mantenuta in asse. Sempre ragazzi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA