CATANIA – Mare nostrum «non era la bacchetta magica» e «non ci sono elementi per dire che non ci sarebbe stato il disastro” se il dispositivo fosse ancora attivo, ma certamente consentiva “interventi più rapidi ed efficaci per soccorsi e indagini». “Boccia” Triton il procuratore di Catania, Giovanni Salvi, titolare dell’inchiesta sul naufragio avvenuto al largo della Libia in cui sono morte tra le 700 e le 900 persone, con 27 sopravvissuti partiti da Malta per il capoluogo etneo, dove, ricoverato in ospedale, si trova già il 28mo migrante che si è salvato. I superstiti sono tutti uomini e stanno bene. Anche il ricoverato, un 33enne del Bangladesh, che ha un trauma toracico-addominale, ma non è grave. Tra i 27 che in serata arrivano a Catania su nave Gregoretti ci potrebbe essere anche lo “scafista” del peschereccio affondato. Sarebbe un tunisino. A identificarlo sarebbero stati agenti della polizia di Stato, personale dello Sco di Roma e della squadra mobile di Catania. Su di lui forti sospetti e indicazioni, ma nessun provvedimento giudiziario. La Procura lo interrogherà assieme agli altri.
Ha già sentito il migrante ricoverato nell’ospedale Cannizzaro. È stato lui a parlare di 950 persone stipate su un peschereccio con «centinaia di persone chiuse in stive su due livelli dai trafficanti prima di salpare dalla Libia» e che tra le vittime ci sarebbero 200 donne e 50 bambini. Una tragedia che non ha fermato le partenze dei disperati – oggi ne sono stati soccorsi 638, che erano a bordo di sei gommoni di difficoltà – e di cui parla, forte della sua esperienza alla guida di una Procura che «ha trattato i due terzi delle inchieste in Italia su sbarchi di migranti», il procuratore Giovanni Salvi dal suo «punto di vista di magistrato». Il suo ufficio è impegnato in prima linea ed è convinto: «Triton è meno efficace di Mare nostrum». Ma non solo: il «soccorso in mare – dice – richiede una elevata professionalità» che hanno i militari della Marina, della Guardia costiera e della Guardia di Finanza, ma «non tutti gli equipaggi della navi mercantili, che ringraziamo per le centinaia di vite che hanno salvato».
Per questo i filoni dell’inchiesta sono due: uno riguarda l’individuazione dell’organizzazione di trafficanti, l’altra la modalità del naufragio e del ruolo del mercantile portoghese ‘King Jacob’ e del suo comandante. In quest’ultimo caso la Procura vuole verificare «se la tragedia è avvenuta per lo spostamento delle persone a bordo o se c’è stata una collisione con la nave che ha effettuato il salvataggio». Giovanni Salvi ha precisato che «al momento non ci sono ipotesi di responsabilità, né indagati». La polizia di Stato, oltre a controllare la “scatola nera”, cercherà filmati su eventuali telefonini di superstiti o dell’equipaggio del ‘King Jacob’.
E intanto da Palermo arriva l’allarme lanciato dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia: «Dai dati in nostro possesso sulle coste libiche ci sarebbe circa un milione di migranti pronti a partire». E mentre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni segnala di avere ricevuto tre chiamate di richiesta di aiuto al largo della Libia, da Rodi i media locali lanciano la notizia del naufragio di un barcone con 200 persone a bordo, con una sessantina di superstiti. Tornando al naufragio dell’altra notte, la Procura di Catania ha inviato su nave “Gregoretti” della Guardia costiera poliziotti del Servizio centrale operativo di Roma e della squadra mobile di Catania per avviare gli interrogatori dei superstiti.
Se sarà necessario e utile alle indagini si tenterà anche di recuperare il relitto, che giace nel fondale a 73 miglia al largo della Libia. E anche l’esame autoptico sui 24 corpi recuperati in mare lasciati a Malta. All’Isola dei Cavalieri, spiega il procuratore Salvi, le salme sono arrivate perché «mi era stato detto da investigatori che era opportuno e non c’erano necessità legate alle indagini». «”Così – sottolinea il magistrato, rispondendo a precise domande dei cronisti – ho firmato il nulla osta, e l’ho fatto prima della conferenza stampa del premier Matteo Renzi: non ci sono problemi. Potete stare tranquilli – assicura – che da questa Procura non ci saranno zone d’ombra sulle indagini».
Indagini che continuano. Con i primi esiti: nessun collegamento con l’inchiesta di Palermo che ha portato a diversi fermi, anche perché le organizzazioni di trafficanti non sono in “rete” tra di loro, non ci sono infiltrazioni mafiose e neppure terroristiche. Certo, osserva il procuratore Salvi, tutto dipende da quello che accadrà in Libia: «L’attuale situazione ha fatto cambiare rotte e dinamiche anche nei salvataggi». E il futuro non è roseo neppure sui possibili scenari terroristici: «Al momento non è emersa la loro presenza sui barconi», ma «se organizzazioni con quelle finalità dovessero arrivare a controllare parte della Libia, ciò potrebbe rendere pericolosa la situazione per l’Italia e l’Europa”.
Intanto continuano senza sosta le operazioni di ricerca, navali e aeree, nel tratto di mare dove è avvenuta la tragedia. Ad accogliere nave Gregoretti a Catania, in rappresentanza del governo, il ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio.