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Stadio: «Sono stati premiati Lucio Dalla e la nostra storia»

Stadio: «Sono stati premiati Lucio Dalla e la nostra storia»

Gaetano Currieri: «Abbiamo vinto con la canzone bocciata l’anno scorso» / VIDEO

Di Giuseppe Attardi |

SANREMO. «E’ la nostra rivincita, perché scottava ancora quell’ultimo posto nel 1986 al nostro primo Festival con Canzoni alla radio, che era ed è ancora una bella canzone». Esattamente trent’anni dopo Gaetano Curreri, artigiano della musica di 63 anni, ha alzato sul palco dell’Ariston ben quattro trofei, tra cui quello più ambito di vincitore di Sanremo 2016 per la canzone Un giorno mi dirai, toccante dialogo tra un padre e una figlia. «Anche se io non sono un papà – sorride – Sono però un attento osservatore del mondo dei padri e dei figli avendo tre nipoti che ho visto crescere e affrontare problemi con i loro genitori. La stessa persona che parlava dei Beatles è cresciuta e oggi preferisce affrontare altri argomenti – aggiunge indicando la spilla con i quattro di Liverpool al bavero della giacca – Nel dialogo tra un padre e una figlia si aprono tante porte: si comincia a considerare una vita intera, le cose capitate, le rinunce, gli errori. Parlare di queste cose ti apre il mondo».

La marcia trionfale era cominciata giovedì con la vittoria nella serata delle cover. «Una sorpresa anche per noi – confessa Curreri ancora incredulo – Anche perché Un giorno mi dirai era stata scartata l’anno scorso. Il testo – rivela – era lo stesso, ma in effetti non c’era il suono che rappresenta gli Stadio. Non avevamo neanche un progetto pronto. Ora c’è un tour, c’è un album, Miss Nostalgia, con un cameo di Vasco Rossi e il sax virtuale di Lucio Dalla». Gli Stadio sono gli Zelig della musica italiana. Non nel senso del cabaret, ma di Leonard Zelig, l’omino del film di Woody Allen, che ogni tanto sbucava accanto a personaggi famosi. La band bolognese in decenni ha vinto Nastri d’argento e David Donatello, ha scritto o cantato con Carlo Verdone, Sergio Castellitto, Fausto Brizzi, Ron, Roberto Roversi, Patty Pravo, Claudio Lolli, Jovanotti, Roberto Vecchioni, Andrea Mingardi, Freak Antoni, Alessandro Bergonzoni, Noemi, Ivano Fossati, Luca Carboni, Francesco Guccini, Vasco Rossi e ovviamente Lucio Dalla. Che resta ancora il punto di riferimento per quella che veniva definita “la band di Dalla”. «Dovevamo giustificarci sempre, dicevano che era lui a farci fare i dischi». Era stato proprio il piccolo grande uomo di Bologna a dare un nome a quel gruppo di musicisti. «Il primo, infatti, era fortemente autoriferito, i Dalla’s Brothers, poi vennero i Banana Republic e, infine, davanti all’insegna di un’edicola bolognese, la folgorazione».

E lo zampino dell’autore di Caruso c’è anche in questa vittoria. E’ stata La sera dei miracoli, nella notte delle cover, «quando ci siamo ricordati che siamo gli Stadio dopo che Lucio dall’alto mi aveva dato una zoccolata. Lui è stato un maestro severo, al primo errore ti guardava male, al secondo ti dava una zoccolata, al terzo lanciava un mazzo di chiavi pesantissimo. Per evitare le chiavi, c’è stato uno scatto d’orgoglio dopo una prima serata in cui sembravamo intimiditi dal palco». Il ricordo del maestro fa correre la mente al passato. «Perché la nostra musica è legata al passato, ma guardiamo indietro per poterci proiettare avanti. E’ quello che ci ha insegnato il poeta Roberto Roversi. Nostalgia che non fa rima con melanconia – tiene a sottolineare il leader degli Stadio – E’ uno sguardo rivolto all’indietro, al passato, per correggere gli errori compiuti, per cogliere un’ispirazione. Noi di errori ne abbiamo fatti tanti, lo ammettiamo, ma abbiamo anche scritto canzoni ancora oggi importanti. La nostra è una storia di alti e bassi, abbiamo mandato giù molti magoni. Questa vittoria rappresenta il coronamento di trent’anni di carriera. Eravamo contenti già dopo la serata delle cover. Avevamo guadagnato un briciolo di autostima in più. Non ci aspettavamo un regalo così grande».

Curreri ha un doppio legame con la Sicilia. L’accento tradisce le sue origini romagnole, ma «mio papà e mia madre sono di Sciacca, lì ho ancora dei cugini proprietari di una famosa macelleria». Mentre un concerto ad Acireale rievoca un brutto momento, «anche se quando lo racconto sembra bello» sorride. Una emorragia cerebrale mentre stava cantando. «Un “colpo di culo” perché ho trovato un medico, Salvo Strano, che aveva capito tutto prima di me e poi la solerzia degli infermieri della Misericordia, la professionalità dei medici di Acireale e di Catania, il calore umano. In Sicilia sono rinato». Una disavventura simile l’ha vissuta il bassista Roberto Drovandi a causa di una sepsi: «Un anno fa guardavo Sanremo da un letto di ospedale, tra la vita e la morte: oggi son qui a festeggiare la vittoria». In Sicilia gli Stadio torneranno “live” il primo aprile al Metropolitan di Catania e il giorno successivo al Biondo di Palermo. E per mantenere l’impegno con il tour, non prenderanno parte all’Eurovision Song Contest, al quale accedono di diritto i vincitori del Festival. «Preferiamo cedere il passo a una giovane come Francesca Michielin che sognava di parteciparci – annuncia Curreri – Noi siamo degli artigiani della musica, preferiamo il palco, suonare “live” dal teatrino di Rocca Cannuccia al palasport di Bologna. Per questo la gente ci ha premiati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA