Spi, ecco il «piano predatorio» per svendere i tesori della Sicilia

Di Mario Barresi / 22 Gennaio 2015

PALERMO – È il contrappasso siculo dell’impareggiabile scena di Totò e Peppino che vendono la Fontana di Trevi. Esattamente all’incontrario: con la Sicilia che si risveglia – davvero – senza una parte dei suoi tesori. Svenduti, per molto meno di un piatto di lenticchie; e messi dentro scatole e scatolette riconducibili ai mostri sacri della finanza internazionale. Pagando un “obolo” d’ingresso («con una sottoscrizione irrisoria») si è subito in pole position per acquisire (o per decidere a chi vendere o dare in concessione) un quarto del valore incalcolabile di immobili, demanio e persino – sostiene qualcuno – dei beni culturali. «Una delle operazioni più spericolate della storia della nostra Regione», magari giustificata dalle «sempre più gravi condizioni di indebitamento», dietro la quale si nasconderebbe «il depredamento dei beni pubblici». Palazzi di pregio, nelle operazioni ora sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Ma anche pezzi «naturalistici, se si osserva come boschi, laghi e fiumi, e persino beni culturali sembra “siano passati di mano”».
 
È il contenuto-choc della denuncia che Rosario Crocetta ha presentato alla Procura di Palermo lo scorso 9 gennaio. Lo scandalo, per intenderci, per il quale il governatore disse che «saranno in molti a ballare la samba». Un dossier che riguarda Sicilia Patrimonio Immobiliare, la partecipata regionale nell’occhio del ciclone per la vendita di 34 immobili a prezzi sottostimati, poi subito “affittati” alla Regione a canoni salatissimi. Dalle stesse carte che il presidente della Regione ha consegnato al procuratore Francesco Lo Voi emerge un «progetto» dalle conseguenze ben più gravi, «teso a depredare non soltanto l’inestimabile patrimonio immobiliare regionale», ma anche a «sottrarre alla titolarità sovrana l’immenso patrimonio demaniale, naturalistico e culturale». Il tutto con «operazioni spregiudicate che il mantenimento di Sicilia Patrimonio Immobiliare autorizzerebbe a perpetuare».
 
L’esposto che Crocetta ha consegnato ai magistrati palermitani è frutto di una relazione di Antonio Fiumefreddo, avvocato catanese, fino a poco tempo fa presidente del Consiglio di sorveglianza di Spi, ora nominato presidente di Riscossione Sicilia. Da settembre 2014 al vertice del’organo di controllo di Spi, Fiumefreddo ha acquisito, nonostante le difficoltà e i muri di gomma dentro gli uffici della stessa azienda partecipata, una corposa documentazione. Decisiva per la denuncia poi presentata dal governatore.
 
Lo stranissimo caso della Spi – svelato dalle inchieste giornalistiche de l’Espresso e di Repubblica, ma anche oggetto di un’approfondita indagine della Corte dei conti regionale – ruota soprattutto attorno all’affare dei 33 immobili della Regione, ma anche al censimento del patrimonio costato 80 milioni. Ma le 32 pagine della denuncia di Crocetta tracciano altri scenari. Un «disegno predatorio», appunto, con «un obiettivo ancora più inquietante», ovvero la «pervicace condotta di spoliazione della sovranità stessa della Regione, che la detiene per conto dei cittadini».
Tutto parte dalla costituzione di “Sicilia Patrimonio Immobilare”, azienda partecipata della quale la Regione detiene il 75%. Il restante 25% è privato: della “Psp Scarl”. Una società consortile che ha riunito il raggruppamento temporaneo d’imprese che nel gennaio del 2006 si aggiudicò il bando di gara: Sti Spa, Ge. Fi. Fiduciaria Roma Spa, Ge. Fi. Intermediario Srl, Centro Cartografico Italiano Spa, Sti Servizi Srl (oggi Exitone Spa), Banca Nuova Spa, Gf Studio Srl e Grs Consulting Srl.
 
Il “corredo” della Regione nel matrimonio con il socio privato all’inizio era «formato esclusivamente dai beni immobili assunti in consistenza dal Dipartimento Personale, Servizi Generali e di Quiescenza, Previdenza ed Assistenza del Pesonale», ma – ricordano anche i magistrati contabili – «è stato successivamente integrato con i beni immobili gestiti da altri Assessorati regionali, nonché dagli Enti vigilati e finanziati». Al 31 dicembre 2007 il censimento informatico dava questo risultato: 1.033 fabbricati (superficie di 3.065.480 metri quadrati); 705 terreni (132.230.075 mq); 1.411 boschi (1.572.208.766 mq). In tutto 3.149 beni censiti come “codici regionali”, per una superficie di 1,7 miliardi di metri quadrati. E cioè il 6,8% dell’intero territorio della Sicilia. «In fase di studio», inoltre, nei piani della Spi risultano anche «altri interventi di valorizzazione». Che riguardano: aree inquinate, patrimonio culturale, borghi rurali, patrimonio ospedaliero e demanio marittimo.
 
L’operazione di dismissione dei primi 34 immobili, dunque, è soltanto la prima parte del «progetto» denunciato da Crocetta alla Procura di Palermo. Perché il socio privato, la Psp, prevede un Pea (Piano esecutivo di alienazione) suddiviso in tre tranche. Nella prima c’è il progetto di costituzione del “Fondo comune di investimento immobiliare della Regione Siciliana” con un «perimetro iniziale» di 53 asset per un valore 330 milioni di euro. Ma c’è anche un “Piano esecutivo di alienazione n. 2”, nelle carte che adesso sono sia sul tavolo della Corte dei conti sia su quello della Procura di Palermo. «Il valore di questo tipo di operazione si attesta a circa 160 milioni, ma non sono esclusi ulteriori apporti». Oggetto della costituzione di un nuovo Fondo immobiliare, del quale la Regione doveva restare socia di maggioranza relativa al 30%, era il trasferimento di altri immobili, «beni disponibili, non utilizzati o sottoutilizzati, oppure passibili di piani riallocativi, di proprietà della Regione e degli Enti vigilati e finanziati».
 
La gara a evidenza pubblica per cercare il soggetto attuatore del Fondo, bandita il 7 agosto 2007, va deserta: “Pirelli Re” (già fra gli aggiudicatari del primo Pea) e “Fabbrica Immobiliare” ritirano le manifestazioni d’interesse. La Regione dispone un’altra gara, stavolta a trattativa privata, con scadenza dei termini fissata al 19 settembre 2008. Nel dossier di Crocetta non c’è traccia dell’esito di quest’ultima gara. Così come nessuno degli atti chiesti dalla Corte dei conti alla burocrazia regionale – e in particolare alla Ragioneria, da cui dipendono il “Servizio Partecipate” e il “Servizio Demanio” – è stato inviato alla magistratura contabile. Tanto che nell’esposto alla Procura si chiede anche di accertare «le responsabilità, sia commissive sia omissive» dell’«inspiegabile» rifiuto di fornire alcuni documenti. Tra i quali, oltre a un report su assunzioni e stipendi alla Spi, c’erano anche l’inventario dei beni immobili «affidati o da affidare», ma soprattutto l’«elenco delle operazioni finanziarie già effettuate e quelle che ci si propone, eventualmente, di effettuare».
 
Eppure gli affari potenzialmente più redditizi erano legati al “Piano esecutivo di alienazione n. 3”. «Un’operazione di valorizzazione attraverso la definizione di una concessione pluriennale a terzi, a titolo oneroso, del diritto di superficie di terreni e boschi, con la creazione di un cluster di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili». La Psp aveva iniziato lo studio dei cespiti regionali – sulla «producibilità energetica» e sul «peso dei vincoli amministrativi su di essi incombenti» – ma la terza tranche del piano di dismissione si poi è fermata. «Soprattutto per l’espressa richiesta del presidente Crocetta», confermano dallo staff di Palazzo d’Orléans. Anche la Corte dei conti ha espresso «vive perplessità sull’opportunità di attualizzare il valore di ipotetiche future concessioni demaniali cinquantennali di terreni e boschi», un’operazione che «avrebbe margini troppo ampi di aleatorietà, non certo confacenti ad una pubblica amministrazione».
 
La palla passa adesso alla Procura di Palermo, alla quale Crocetta ha consegnato la stima che «il danno per la Regione ammonti a centinaia di milioni di euro». Briciole, se paragonate al «disegno criminale» di svendere i tesori dell’Isola. Come Totò e Peppino. Ma sul serio.
 
twitter: @MarioBarresi
 

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Pubblicato da:
Redazione
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