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Siracusa, ecco il cemento che minaccia

Siracusa, ecco il cemento che minaccia le aree archeologiche e quelle costiere

Ed è giallo sulla rimozione di tre dirigenti della Sovrintendenza

Di Isabella Di Bartolo |

SIRACUSA – Il riconoscimento Unesco per Siracusa è a rischio. La città è protagonista di una lotta contro il cemento selvaggio che minaccia mare e beni archeologici. Questa è l’accusa che da qualche anno associazioni culturali, intellettuali, ambientalisti e politici avanzano nei confronti di compagini politiche e imprenditori che vorrebbero costruire (con tutte le autorizzazioni del caso) a ridosso di porti e mura antiche. Al centro della guerra, la Soprintendenza e i suoi dirigenti. Ma la guerra vera è all’interpretazione di normative a tutela del patrimonio che esistono sulla carta ma possono essere lette con occhi diversi.   Tutto parte dal Piano regolatore della città approvato nel 2007 e ancora oggi in vigore. Il Prg prevede la costruzione di due porti turistici a Ortigia, di 501 villette a Tremmilia, di centri direzionali e ville sulle mura Dionigiane. Tutto autorizzato. Un Prg di centrodestra che viene preso in mano oggi dal sindaco renziano, Giancarlo Garozzo, il quale però non avendo soldi sufficienti a farlo ex novo sta lavorando a una mega-variante sotto lo slogan “volume zero”. Niente nuove costruzioni, ma come la mettiamo con quelle autorizzate? Un rebus che i tecnici del Comune stanno tentando di sciogliere alla luce di un altro strumento di tutela: il Piano paesaggistico. Un Piano imposto dalla Regione a tutti i Comuni che è sovraordinato ai Prg. Nuovi vincoli, dunque, che bloccano costruzioni autorizzate.   A complicare le cose anche il Parco archeologico delle mura Dionigiane che circonda l’intera città da Epipoli a Targia. Un parco che c’è ma in realtà non c’è. Un vincolo lungo 27 chilometri che, il 17 luglio del 2005 quando l’Unesco iscrisse nella World heritage list dei beni patrimonio dell’umanità anche Siracusa, era annoverato tra le meraviglie aretusee. Ecco, è il Parco delle mura Dionigiane l’emblema dell’interpretazione delle leggi in materia di patrimonio culturale. «Il Parco è previsto dal Prg del 2007 – dice l’architetto Giuseppe Patti, leader dei Verdi – ma il Comune non ha mai dato seguito agli articoli 55 e 56 delle norme tecniche di attuazione del Prg che prevedono vincoli nell’area archeologica. E non le ha mai applicate perché il parco in realtà non è istituito. Esiste sulla carta ma non esiste come patrimonio culturale perché la Regione non l’ha mai istituito».   Ecco, appunto, l’interpretazione delle leggi. Un imprenditore può costruire a ridosso delle mura costruite dal tiranno greco Dionigi perché così prevede il Prg che non applica le norme archeologiche che, a sua volta, impone la Soprintendenza. Ed è valzer di ricorsi. «È accaduto sulla balza Acradina – dice Patti – Il Comune dà il suo benestare, i dirigenti dei servizi paesaggistici della Soprintendenza dicono no ma il sì arriva, appunto, perché la legge consente una nuova interpretazione». Ed ecco, appunto, il ruolo della Soprintendenza. «I dirigenti fanno il loro dovere – dichiara Lucia Acerra, presidente di Italia Nostra – ma poi la politica interagisce nelle decisioni a tutela del patrimonio e accade il peggio. Così a Siracusa dove si è detto sì a due porti turistici sul mare di Ortigia, a centinaia di villette a schiera sulle aree archeologiche. Una gestione fatta di interpretazioni che provoca lo sfacelo del patrimonio».   I porti sono quello di Caltagirone Bellavista sul litorale di Ortigia, bloccato da questioni burocratiche e ricorsi. Fermo anche quello dell’ex fabbrica Spero, il Marina di Siracusa, che prevedeva un’isola artificiale sul porto Grande di Ortigia. «Il progetto è stato fermato dalla Soprintendenza – dice l’architetto Patti – e adesso si lavora a un altro schema di massima senza isola artificiale». Il plurale maiestatis di Patti comprende le associazioni che hanno dato vita anche al gruppo Sos Siracusa e a numerosi gruppi virtuali a difesa del patrimonio minacciato dalle costruzioni “esagerate”.   «Noi non siamo contrari ai porti turistici – dice l’architetto – siamo favorevoli agli 800 posti barca previsti dal Piano regionale dei porti, convinti che quel tipo di turismo nautico legato alle piccole imbarcazioni di lusso possa essere vero volano dell’economia turistica di Siracusa. Ma no al turismo crocieristico, quello non serve. Sono città artificiali che occupano i nostri litorali senza vero guadagno». Al centro di questa nuova guerra il ruolo della Soprintendenza. «Chi ha detto no è stato colpito – dice Giuseppe Patti – come è accaduto per la soprintendente Beatrice Basile e, adesso, per i tre dirigenti del servizio Paesagistico, Alessandra Trigilia, archeologico, Rosa Lanteri, e architettonico, Aldo Spataro. Rimossi dopo meno di 5 anni di incarico e spostati in altri uffici. Noi abbiamo informato la Procura sulle nostre perplessità su quanto sta accadendo e abbiamo presentato esposto sulle stranezze che accadono alla Soprintendenza e provengono da Palermo. C’è una parte politica e imprenditoriale che vorrebbe mettere le mani sulla città sulla base di un Prg che è ancora attivo».   Nessuna notizia dagli uffici di piazza Duomo dove lavorano dirigenti e il soprintendente Calogero Rizzuto. I bene informati parlano di novità da Palermo che potrebbero ripristinare ruoli e placare le polemiche. Il “sacco di Siracusa”, dunque, è nelle mani della Regione.

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