C’è un archivio in Sicilia che custodisce circa 300mila fotografie, raccolte in 74 anni grazie all’inesauribile lavoro dei fotoreporter. La Fondazione Domenico Sanfilippo editore si pone oggi l’obiettivo di preservare e valorizzare l’immenso patrimonio fotografico che quel “pozzo della memoria” custodisce, raccontandolo e rendendolo fruibile al grande pubblico: si tratta dell’archivio del quotidiano “La Sicilia”.
«Gli archivi – sottolinea Carmelo Nicosia, docente di fotografia nell’Accademia di Belle Arti di Catania – fonte inesauribile di mantenimento e conservazione attiva della memoria, custodiscono migliaia di fotografie che hanno la capacità di trasformarsi da strumento di rappresentazione, con le sue finalità del momento storico, a testimone oculare, prova storica». I fotoreporter, insieme ai giornalisti sono sempre i primi a raggiungere i fronti di guerra e gli scenari più catastrofici per registrare quei fatti e raccontarli al grande pubblico. Le loro foto però, scattate per la cronaca, diventano negli anni una fonte storica e una testimonianza inesauribile. «La fotografia, come una registrazione tecnica della realtà – spiega la prof. Carmen Cardillo, docente di “Archiviazione e Conservazione della Fotografia” nell’Accademia di Belle Arti di Catania – media il rapporto tra la nostra sensibilità e il mondo esterno, dischiudendo un nuovo rapporto con il tempo; grazie ad essa, l’esperienza storica assume una configurazione inedita in cui le tre estensioni temporali coincidono, fondendosi nell’unica dimensione di un presente perpetuato attraverso l’immagine fotografica».
Tra i professionisti della fotografia, i fotoreporter, per la natura stessa della loro attività, sono narratori di un presente che diverrà storia da manuale. La mostra “L’Isola che non s’arrende (1968-1969)”, promossa dalla Fondazione Domenico Sanfilippo editore, è un affondo nell’archivio fotografico del giornale La Sicilia, ma soprattutto un omaggio al loro lavoro. «I fotoreporter del quotidiano “La Sicilia” – ha commentato Giovanni Chiaramonte, uno dei maestri della fotografia italiana – nati e cresciuti nella prima metà del ‘900, hanno saputo vedere e mettere in scena nelle loro immagini le peripezie dell’isola durante gli anni ’60 grazie al linguaggio di una visione matura ed essenziale, capace di trasmettere con immediatezza e semplicità la profondità del dramma che avevano di fronte».
La mostra ripercorre attraverso 69 foto i momenti salienti del biennio 1968-1969 in Sicilia. «Davanti alle rovine del terremoto del Belìce e ai volti dolorosi dei sopravvissuti- prosegue Chiaramonte – come di fronte alla Strada Statale 115 coperta di pietre e veicoli in fiamme nei sanguinosi scontri di Avola tra contadini e polizia, o tra gli studenti in rivolta durante l’occupazione dell’Università di Catania, Nino Furnari, Mario Torrisi, Carmelo Condorelli, Gregorio Merito, Tano Zuccaro e tanti anonimi colleghi si pongono in quei momenti difficili della storia isolana e nazionale come gli eredi del Verismo e del rapporto intrinseco tra scrittura e fotografia maturato in Luigi Capuana, Giovanni Verga e soprattutto in Federico De Roberto i cui articoli, con propri testi e immagini, furono pubblicati sulla rivista mensile del “Corriere della Sera”, La Lettura, nei primi anni del XX secolo».
Gli scatti del fotoreporter Carmelo Condorelli, uno dei primi a giungere nella Valle del Belìce dopo il disastroso terremoto, in compagnia dei giornalisti Tony Zermo e Candido Cannavò, ci raccontano la sofferenza dei paesi più colpiti attraverso i volti sgomenti di chi ha visto crollare tutto e i corpi inerti di chi si muove tra le macerie. Ad esse si aggiungono le fotografie di Gregorio Merito che nel Belìce immortalò corpi e paesaggi da Apocalisse, e gli scatti del fotoreporter Nino Furnari. È a quest’ultimo che si deve l’immagine simbolo del disastroso terremoto del gennaio del ’68: il piccolo Franco Santangelo in braccio al pompiere che lo estrasse dalle macerie dopo 30 ore. Fu lo stesso Furnari a documentare le proteste che attraversarono il rovente ’68 siciliano: l’occupazione di Palazzo Centrale dell’Università di Catania prima e il corteo dei braccianti di Avola dopo. Questo prezioso materiale fotografico sarà per la prima volta esposto al pubblico alla Galleria Credito Siciliano di Acireale dal 22 febbraio al 30 marzo. Un’occasione unica per riscoprire la Sicilia degli anni ’60, per preservare la storia più recente dell’Isola e difenderla da ogni distorta falsificazione.
La mostra “L’isola che non s’arrende (1968-1969), a cura della Fondazione Domenico Sanfilippo Editore, sarà visitabile, a ingresso libero, da venerdì 22 febbraio al 30 marzo alla Galleria Credito Siciliano di Acireale. Aperta dal mercoledì alla domenica (ore 10-12/17-20), esclusa domenica 3 marzo. Per la prima volta saranno fruibili 69 foto dell’archivio fotografico de “La Sicilia”, 2 video-interviste ai protagonisti di quegli anni, pagine storiche del quotidiano catanese e numerosi cimeli. Tre le aree tematiche. Il terremoto nella Valle del Belìce; la contestazione giovanile con l’occupazione del Palazzo Centrale dell’Università di Catania ma anche col volontariato a San Cristoforo e il viaggio in Cecoslovacchia organizzato da Gioventù Studentesca testimoniato dalle fotografie dell’archivio privato Romana Romano; infine i fatti di Avola del 2 dicembre del 1968 che provocarono la morte di due braccianti. L’esposizione è prodotta dalla Fondazione Domenico Sanfilippo editore con l’art consulting della Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catania e la Fondazione Oelle. |