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Scuola, presidi contro la Dad «Lesa l’autonomia scolastica»
Roma. La scuola resiste anche al nuovo Dpcm e alle pressioni di chi chiedeva, per gli istituti superiori, solo la didattica a distanza. La percentuale si alza, arriverà al 75% ma stavolta varrà per tutta Italia. A decidere quali classi seguiranno le lezioni a distanza, se i primi o tutti e cinque gli anni, saranno i dirigenti d’istituto. Resta invariata la didattica al primo ciclo, dalle materne alle medie, che sarà in presenza. Vengono modulati ulteriormente gli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9, come avviene oggi. La bozza del nuovo Dpcm, in via di definizione mette ordine nel mondo della scuola e obbligherà, se approvato in questa forma, i governatori che hanno messo le superiori in Dad al 100% ad adeguarsi. Anche se i governatori ancora insistono sulla didattica a distanza completa, primo fra tutti De Luca.
C’è malumore fra i presidi che invece rivendicano l’autonomia degli istituti. Critico il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli: «Le soluzioni rigide non sono funzionali. L’autonomia delle scuole deve essere salvaguardata e i singoli istituti devono poter decidere. Mi auguro che la scuola possa far salvi gli insegnamenti laboratoriali che devono essere lasciati in presenza. Non si può imporre dall’esterno una percentuale rigida come il 75% in Dad perchè questo non corrisponde alle esigenze dei singoli bacini di utenza. La situazione di una grande città è immensamente diversa da quella di un’area rurale».
Intanto ieri la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina è tornata a difendere la scuola e il rischio contagi al suo interno: «Il monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità dice che la trasmissione del virus dentro le scuole è ancora limitata. I focolai a scuola nella settimana dal 12 al 18 ottobre sono solo il 3,5% di tutti i nuovi focolai che si registrano nel Paese. Ma il dato più sorprendente è un altro: la settimana precedente (5-11 ottobre) erano il 3,8%. Quindi il numero di focolai dentro le scuole è addirittura sceso, in proporzione al totale». E ribadisce: «L’Iss conferma che dentro le scuole il rischio di trasmissione del virus continua ad essere molto molto basso. È tuttavia chiaro che le attività extra e peri scolastiche possono costituire un innesco di catene di trasmissione laddove non vengano rispettate le misure di misure di prevenzione previste». E a dare man forte alla visione di una scuola abbastanza sicura ha contribuito anche l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco: «È indubbio che nelle ultime settimane nella fascia d’età scolastica c’è stato un aumento dei contagi, che però probabilmente sono avvenuti fuori dalle aule. All’interno delle aule c’è controllo e distanziamento, quindi non c’è un grosso rischio di contagio. In questo momento ci sono davvero pochi casi di focolai all’interno delle scuole. Sembra che nelle strutture scolastiche i contagi non si stiano verificando, ma quello che si teme è ciò che succede fuori dalla scuola, all’ingresso, all’uscita e sui trasporti».
Arriva a conclusioni diverse l’analisi condotta da Enrico Bucci e Antonella Viola del Patto Trasversale per la scienza, secondo cui le scuole non rappresentano un «moltiplicatore di infezioni» ma «non sono più protette del resto della comunità e il tasso di infezione scolastica appare seguire quello della comunità circostante». Pertanto, «la probabilità di infezione in una scuola non è significativamente diversa da quella della società nel suo complesso. Al momento non esistono motivi per evocare la chiusura delle scuole più di quanto non ve ne siano per un lockdown dell’intera società» ma è «urgente intervenire su regole e procedure». La proposta del Patto Trasversale per la scienza è quella di «introdurre test rapidi antigenici e la procedura di pooling, in modo da evitare di affaticare ulteriormente il sistema diagnostico nazionale, già sotto stress per la ripresa epidemica in atto».