Rivelazione di segreto d’ufficio a giudizio il pm Nico Gozzo
Rivelazione di segreto d’ufficio a giudizio il pm Nico Gozzo
Una vicenda che finirà davanti al tribunale di Catania, competente a giudicare i magistrati nisseni, nata dall’inchiesta aperta dopo la pubblicazione di intercettazioni in carcere tra il capomafia Totò Riina e i familiari
PALERMO – Rivelazione di segreto d’ufficio: è l’accusa da cui dovrà difendersi il procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo, rinviato a giudizio oggi dal gip di Catania Oscar Biondi. Una vicenda che finirà davanti al tribunale etneo, competente a giudicare in caso di coinvolgimento di magistrati nisseni, nata dall’inchiesta aperta dopo la pubblicazione del contenuto di alcune intercettazioni in carcere tra il capomafia Totò Riina e i familiari. Alcuni stralci della conversazione tra il capo dei capi e il figlio furono riportati dal Fatto Quotidiano. In particolare, nel pezzo uscito a ottobre scorso, si virgolettava una frase del padrino corleonese ritenuta ambigua dagli investigatori. «Quest’anno la Juve è una bomba», diceva Riina. Parole apparentemente innocue che, a dire dei pm, avrebbero nascosto una minaccia a uno dei magistrati palermitani che indaga sulla trattativa Stato-mafia. La conversazione, peraltro, venne messa in collegamento con una lettera anonima giunta ai pm di Palermo in cui si denunciava il raggiunto accordo tra il boss latitante Matteo Messina Denaro e non meglio precisati «amici romani» per una ripresa della strategia stragista. Dopo la pubblicazione dell’articolo venne aperta un’indagine dai pm di Caltanissetta che, ipotizzando il coinvolgimento di un collega del distretto, trasmisero tutto a Catania. Vennero perquisite le abitazioni di due cronisti del Fatto e a casa di una di loro fu trovato un file dal quale, secondo l’accusa, sarebbe stato possibile dedurre un ruolo di Gozzo nella fuga di notizie. L’accusa in aula è stata rappresentata dal procuratore aggiunto di Catania Carmelo Zuccaro che ha chiesto il rinvio a giudizio del collega, difeso dall’avvocato Francesco Crescimanno. L’autorità giudiziaria etnea dovrebbe inviare la decisione del gip al Consiglio Superiore della Magistratura che potrebbe aprire un fascicolo a carico del magistrato. Nico Gozzo, per anni pm a Palermo, ha sostenuto l’accusa al processo all’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri. A Caltanissetta, da procuratore aggiunto, ha riaperto e coordinato le indagini sulle stragi di Capaci e sull’attentato di via D’Amelio consumato all’ombra della cosiddetta trattativa Stato-mafia per cui pende un processo a Palermo. E proprio nel corso del dibattimento sul patto stretto tra clan e pezzi delle istituzioni, che si celebra davanti alla corte d’assise del capoluogo, oggi ha deposto il pentito catanese Maurizio Avola. Il collaboratore ha testimoniato, oltre che sulla decisione di Cosa nostra di punire i nemici con le stragi, su un presunto piano ideato per uccidere l’ex pm Antonio Di Pietro. «C’era stato chiesto durante un incontro, organizzato all’hotel Excelsior di Roma, al quale parteciparono Cesare Previti, il finanziere Pacini Battaglia, il boss catanese Eugenio Galea, il luogotenente di Nitto Santapaola Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano ed un certo Sariddu che poi scoprì essere Saro Cattafi, soggetto vicino ai Servizi», ha raccontato. Secca la replica di Previti: «Avola farnetica».