Massimiliano Perrotta è drammaturgo e regista teatrale e chi scrive sa quanta poesia visiva c’è nei suoi spettacoli. Come in Mare nostrum e ne L’incantesimo, quadri evocativi che sembrano le scansioni di un poema. Dunque non ci si stupisce più di tanto se adesso viene fuori una plaquette di versi, Riva occidentale, pubblicata per i tipi della casa editrice siciliana Sikeliana: “…tra i ruderi di questo luna park / riconto i miei anni ad uno ad uno / saluto la giovinezza che vacilla…”.
Poemetto che ha suscitato anche l’interesse del critico Antonio Di Grado che in uno dei suoi post scrive: “I miei amici sanno che bazzico di rado con la poesia, forse perché temo l’improvvisazione. Ma oggi ricevo questa plaquette di Massimiliano Perrotta, che m’incanta per la sua grazia stremata, per una soavità disincantata e beffarda che mi ricorda il grande Angelo Maria Ripellino».
Un esordio felice che sarà presentato sabato 25 marzo, alle 18, alla libreria Catania libri della città etnea.
Regista e drammaturgo, come si inserisce questa prima raccolta poetica nel processo creativo di Massimiliano Perrotta?
«I miei primi esperimenti creativi, da ragazzo, sono stati poetici. Diciamo che elaborare uno stile che mi soddisfacesse ha richiesto… un po’ di tempo».
Riva occidentale, perché questo titolo?
«Nel libretto mi aggiro tra le nostre “rovine” contemporanee, cercando, però, di non perdere la speranza».
Il critico Antonio Di Grado in un post recente su fb ha fatto il paragone con Ripellino. E’ un pensiero consivisibile?
«Ripellino è una figura che sento affine e trovo i suoi versi magnifici tanto quanto la sua prosa saggistica».
Allora parliamo dei poeti preferiti. Ce ne sono di siciliani?
«Mi sento figlio dei grandi padri modernisti (Eliot, Montale, Pound), ma anche di una linea poetica siciliana che partendo da Addamo, Bonaviri, Cattafi, Ripellino arriva oggi a Maria Attanasio e Angelo Scandurra».
Ritorniamo al teatro. Come si combinano assieme le attività di drammaturgo e regista?
«Sono due attività che mi piace svolgere sia separatamente, sia portando in scena le opere che io stesso scrivo. Con i testi di altri autori il lavoro è più intellettuale e al tempo stesso più emotivo; con i miei testi direi quasi più “spiritico”, in quanto continuo a evocare i personaggi con cui ho già parlato in fase di scrittura».
Tra i contatti del passato ci sono stati Sebastiano Addamo e Manlio Sgalambro. Che intellettuali sono stati?
«Ho avuto il piacere di conoscere Addamo nei miei vent’anni e mi ha insegnato soprattutto il senso del rigore. Sgalambro lo intervistai per il mio documentario “Sicilia di sabbia” e mi regalò un momento cinematografico ricco di intelligenza».
Nascerà mai un romanzo?
«Sono ontologicamente multidisciplinare, non mi pongo limiti. Mai dire mai».
Quali sono i prossimi progetti teatrali?
«A breve dovrei portare in scena un dramma belliniano scritto da un bravissimo scrittore catanese… di cui per scaramanzia non diciamo il nome».
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