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Rimborsi, quando i consiglieri di Siracusadissero “no” alla modifica della legge 30

Rimborsi, quando i consiglieri di Siracusa dissero “no” alla modifica della legge 30

Di Massimo Leotta |

Per spiegare il concetto si sono affidati anche a Giovanni Paolo II. Perché nella lettera che hanno inviato ai capigruppo dei partiti presenti in Assemblea regionale hanno citato una frase del pontefice polacco. «I cattolici si assumano la responsabilità e il dovere del benessere della collettività attraverso una generosa partecipazione alla vita politica», la frase di Wojtyla.

Ma dove volevano arrivare 19 consiglieri comunali di Siracusa? La lettera servirà a spiegare che va bene il taglio ai costi della politica, va bene la riduzione dei gettoni e anche dei consiglieri. Ma a 2 condizioni: la prima è che tutto partisse dai piani alti («vale a dire dai lauti compensi e benefit dei deputati regionali che percepiscono 16mila euro al mese») e che in alcun modo si mettesse in discussione la legge laddove disciplinava i permessi e la possibilità di astenersi dal lavoro per l’intera giornata.

Perché, secondo i 19 consiglieri comunali del 2010 (Alfredo Foti, Sergio Bonafede, Angelo Cavarra, Antonio Grasso, Alberto Palestro, Giuseppe Leone, Alfredo Romeo, Giuseppe Di Natale, Luciano Aloschi, Giovanni Raddino, Giovanni Moncada, Giuseppe Rabbito, Franco Formica, Giancarlo Lo Manto, Raimondo Giordano, Giancarlo Garozzo, Marco Mastriani, Leone Sullo e Claudio Fortuna) altro non sarebbe stato che «una vera e propria mortificazione, svilimento e denigrazione delle prerogative e competenze nei confronti dei Consigli comunali e dei consiglieri comunali».

Ma cosa stava succedendo? In un piano di riorganizzazione e di tagli ai costi della politica nell’ottobre del 2010 era in discussione un disegno di legge (che era già stato votato ed esitato dalla giunta regionale). Un disegno di legge che prevedeva tagli per i quali nessuno da Siracusa si opponeva (assessorati, consiglieri comunali e provinciali, circoscrizionali, enti inutili, comunità montane, incarichi esterni, consulenze, spese di rappresentanza, sponsorizzazioni, società partecipate, collegi di revisori, commissari, gettoni di presenza), ma che per il Comune di Siracusa prevedeva anche la rinuncia alla possibilità di assentarsi dal luogo di lavoro per l’intera giornata in presenza di sedute di Consiglio e di commissione.

Con una lettera appassionata i consiglieri siracusani hanno spiegato la loro contrarietà a questa ipotesi. «Se la ratio della legge – scrivono nella lettera – è legittima e condivisibile, meno lo è la sua declinazione, poiché si sta per compiere una vera e propria mortificazione nei confronti dei Consigli comunali e dei consiglieri comunali delle città con popolazione inferiore ai 250mila abitanti, che non potrà non avere conseguenze di natura politico–amministrativa. Nei fatti, secondo dei criteri meramente numerici si sta per compiere un abuso e una discriminazione, non tenendo minimanente in considerazione le specificità dei territori ai danni dei Consigli comunali e dei consiglieri cui si vuole, di fatto, impedire di compiere il proprio mandato elettivo con cognizione competenza e conoscenza degli atti amministrativi». Così scrivevano nel 2010 (il documento è stato inviato nella tarda serata del 22 ottobre). Alcuni sono rimasti su queste posizioni, altri hanno cambiato idea.

Tanto che il sindaco ha affidato a Facebook quel che non ha potuto dire a Striscia la notizia e cioè che «i rimborsi dei datori di lavoro, in cui la situazione siracusana dipende essenzialmente dalla legge regionale 30 del 2000 sono un’anomalia siciliana che deve essere rivista, come il Pd siciliano sostiene nella riforma Baccei». Ha proprio cambiato idea Garozzo che nel 2010 preoccupato sosteneva che la riforma sarebbe stata «a vantaggio esclusivo di sindaci e giunte».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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