Donne catanesi “illuminate”, col duplice obiettivo di democratizzare l’aggettivo “illustre” e di riportare alla luce della conoscenza e, di conseguenza, della coscienza civile, puntandovi sopra un faro inedito di attenzione, l’altra metà del cielo oscurata da una prospettiva storica raccontata da sempre tutta al maschile. Con il fine ambizioso di contribuire alla nascita di una storia nuova e insegnare così un’autentica trama democratica tessuta su un terreno orizzontale di cittadinanza.
È questa l’idea sottesa alla mostra “Illuminate. Donne catanesi nella storia” (sezione etnea di quella più ampia del Collettivo femminista RivoltaPagina “Anche la cancellazione è violenza”) commissionata quest’anno per la Notte dei ricercatori dal centro studi di genere Genus del dipartimento di Scienze umanistiche dell’università di Catania nelle persone della presidentessa Stefania Arcara e di Maria Grazia Nicolosi, entrambe docenti di Studi di genere nel corso di laurea in Lingue e letterature comparate.
«Con questa mostra – spiega Stefania Arcara, presidentessa di Genus – parliamo della violenza simbolica della cancellazione delle donne dalla storia: Rivolta pagina ha infatti creato questi pannelli dedicati ognuno a una donna del passato non conosciuta o poco nota. In questa mostra, inaugurata venerdì sera in occasione della Notte dei ricercatori (che vorremmo si chiamasse dei ricercatori e delle ricercatrici), parliamo di donne catanesi: persone di talento in vari campi ma espulse ed escluse dalla storia, quasi tutte dimenticate».
Donne come Andreana Sardo che, durante il Risorgimento, salvò dalla distruzione di un incendio la biblioteca universitaria; o come Virdimura, stimata medica ebrea del 1300; o ancora come Felicia Filomena Cacia, che durante la seconda guerra mondiale resse per 5 anni l’Osservatorio meteorologico ai Benedettini sostituendo il fratello mandato in guerra; o ancora come Clelia Adele Gloria, unica artista futurista siciliana negli anni ’30; o Maria Rosaria Statella, oculata badessa del monastero di San Placido al tempo del terremoto del 1693; o Pia Nalli, prima ordinaria di una cattedra di Matematica in Italia. E poi le partigiane, tra cui Goliarda Sapienza, o la giornalista Maria Grazia Cutuli. In tutto 12 pannelli più uno introduttivo con i quali, sottolinea la professoressa Arcara, «pur senza seguire un criterio storico-scientifico, si vuole criticare l’idea di una storia universale neutra in cui invece in realtà l’unico soggetto rappresentato è sempre quello maschile, mentre le donne sono sempre escluse e cancellate. Noi vogliamo invece farle rivivere».
Un intento che accomuna Genus al collettivo RivoltaPagina, che esiste dal 2011. «La mostra più ampia (con un totale di una cinquantina di pannelli), itinerante (è già stata esposta in una trentina di luoghi) e in continua espansione – spiega Emma Baeri di RivoltaPagina – è nata nel 2014, in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre: non ne potevamo infatti più di panchine e scarpe rosse, volevamo spostare lo sguardo per vedere dove nasce la violenza fisica, che è la condizione estrema di una asimmetria arcaica di potere nei rapporti tra uomo e donna. Pensiamo infatti che sia importante spostare l’occhio sulla cultura che produce il disprezzo verso le donne, considerate oggetti di proprietà. La mostra si basa quindi sul desiderio collettivo di spostare lo sguardo dai corpi della violenza alla violenza della cultura». Violenza simbolica di una cultura che si presenta subdolamente come “neutra” e che, in virtù di questa mistificazione, ha sistematicamente cancellato, marginalizzato e inferiorizzato le donne, giustificando e perpetuando l’asimmetria di potere tra i sessi.
«Ancora oggi – sottolinea la professoressa Baeri – i manuali scolastici e i testi universitari, nei rari casi in cui le includono, presentano le donne – nei campi più svariati dello scibile umano – come “minori” e poco rilevanti, ancelle del sapere universale maschile. La mostra, che non ha pretese scientifiche nel senso comunemente inteso, ha l’ambizione di proporre un uso critico, consapevole, della “vecchia storia” e di contribuire alla nascita di una storia nuova. Vogliamo insomma spargere semi, per contribuire a formare la trama democratica e il terreno orizzontale della cittadinanza. Per questo abbiamo deciso di cominciare a cercare donne che, secondo noi, avrebbero meritato di essere sui libri di storia o di scuola».
Nel cartello introduttivo della mostra più ampia «si dice infatti con chiarezza – spiega la professoressa Baeri – che c’è la necessità di spostare lo sguardo su queste figure. La nostra ricerca nasce da una esigenza di democratizzare l’aggettivo illustre, nel senso che siamo tutte illustri e nel senso che l’attenzione deve essere rivolta a tutte le donne. Infatti, nella nostra mostra c’è un cartello che si chiama “Una”, senza nome, che rappresenta la vita di ogni donna».
La mostra “Illuminate. Donne catanesi nella storia”, allestita nelle Cucine del Monastero dei Benedettini, sarà visitabile, con ingresso libero, da domani a giovedì 3 ottobre (ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18).