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«Prima che la notte», in tv la straordinaria storia di Pippo Fava

Di Nicoletta Tamberlich |

ROMA – Giornalista dalla schiena dritta, ma anche scrittore, drammaturgo, sceneggiatore per il cinema. Non si è mai spenta la voce di Pippo Fava a trent’anni dal suo barbaro omicidio, freddato con cinque colpi di pistola alla nuca di origine mafiosa. Ora la sua storia, le sue battaglie, ma anche il suo rapporto con i giovani cui ha insegnato tanto, rivivono nel film tv “Prima che la notte” che Rai 1 manda in onda mercoledì 23 maggio in prima serata. A prestare il volto al giornalista direttore de “I Siciliani”, personaggio carismatico e sempre controcorrente e indomito che ha sposato la causa della ricerca e della denuncia pubblica della verità fino alle sue estreme conseguenze è uno straordinario Fabrizio Gifuni, tra gli attori più poliedrici e intensi di questa generazione.

Coprodotto da Rai Fiction con Fulvio e Paola Lucisano il film è aperto dalle immagini di Fava che torna a Catania sulle note di “Call me di Blondie”, stessa canzone scelta per American gigolò. «Perché siamo negli anni 80» dice il regista Daniele Vicari. Il film ripercorre la storia del giornalista fondatore della rivista “I Siciliani”, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Il rapporto con la moglie (Lorenza Indovina) da cui è separato ma che continuerà a condividere il suo sogno di giustizia. Gifuni fa notare: «Fava aveva la passione e una vocazione istintiva per raccontare le cose che vedeva. Le raccontava in maniera molto fedele, era la sua caratteristica, ma essendo un artista, uno scrittore, un drammaturgo, un pittore, era in grado di renderle profondamente interessanti per chiunque».

«La legalità – sottolinea il fondatore di Libera, don Ciotti nel corso della presentazione a Viale Mazzini – non può essere una parola astratta, deve essere una parola di vita. La legalità non deve essere un idolo». «Una bandiera, questa parola sventolata anche da chi la calpesta» dice don Ciotti, che aggiunge: «Sono stanco di sentire dire l’etica nella professione dobbiamo parlare invece di etica come professione. Deve essere alla base delle nostre scelte, dei noi progetti e percorsi». Per don Ciotti «nel film Fava è mostrato come ce lo siamo immaginati. Un uomo colto, allegro, divorato dalla passione. Il film è bello, ma proprio bello».  Il punto chiave per del film per don Ciotti è la negazione della presenza della mafia a Catania, «e oggi c’è ancora qualcuno che nega la presenza mafiosa: chi avrebbe detto dell’Emilia Romagna, della Liguria, del Piemonte? Oggi le mafie sono cambiate e si è allargata la zona grigia, intesa come lo spazio al confine tra sfera legale e illegale. I mafiosi si collocano al suo interno, i confini sono diventati opachi, teniamone conto. Cosa nostra è capace di mettere in atto una permanente opera di infiltrazione in ogni settore economico-finanziario».

Per Monica Maggioni, presidente Rai, «quella di Pippo Fava è una storia epica, straordinaria, in grado di rompere la retorica. È bello vedere come il linguaggio del cinema abbia saputo restituire la complessità della storia di Fava». Il figlio di Pippo, Claudio Fava, è uno degli autori del libro (scritto con Michele Gambino) da cui è stato tratto l’omonimo film tv ed è sceneggiatore dell’opera. Vicari sottolinea ancora: «La questione della libertà di stampa è tornata con urgenza al centro del dibattito pubblico e con essa la necessità del giornalista di svincolarsi da condizionamenti sempre più potenti e pervasivi. È per questo che la vicenda umana e professionale di Pippo Fava, mi è parsa esemplare e commovente. La libertà di stampa e d’opinione era una vera e propria missione per Pippo. Per lui il giornalista doveva essere libero da condizionamenti. Per conseguire questo scopo Fava fondò “I Siciliani”, che resterà nella storia del giornalismo italiano come un punto luminoso e innovativo. I suoi allievi (i “carusi”) hanno appreso da lui il rigore della inchiesta. «È importante come raccontiamo queste storie» osserva Claudio Fava, il figlio. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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