Noto (Siracusa) – Un campo di piante di ulivo, sacro albero del Mediterraneo, per fare rinascere la luce dalle tenebre, la vita dalla morte, e proteggere e custodire i luoghi e le persone che li vivono. Quando Odisseo, che in un ulivo aveva intagliato il suo letto nuziale, dopo il lunghissimo esilio nel Mediterraneo finalmente ritorna in patria, sulle rive della baia di Itaca riconosce «l’albero dal largo fogliame» (Od., XIII 102 ss.), e capisce di essere infine arrivato a casa.
E’ così dal richiamo al mito, alla letteratura omerica e al simbolismo, nasce l’Orto degli Ulivi, l’ultima opera di Domenico Pellegrino, che a partire da sabato 29 agosto troverà dimora all’interno del Parco dell’anima recentemente presentato a Noto nei terreni dello Zahir Counrtyhouse. Artista siciliano noto anche internazionalmente, Domenico Pellegrino nella sua carriera ultraventennale ha portato in giro per il mondo le figure e i simboli della storia millenaria della Sicilia e del Mediterraneo, facendo del ricorso alla mitologia classica uno degli elementi connotativi della propria ricerca. Miti e leggende si rincorrono nel lavoro dell’artista, che in quest’occasione realizza un orto di ulivi recuperando tre tronchi di alberi morti, donati dalla Fondazione Radicepura e Piante Faro, che Pellegrino fa rivivere con le sue “gemme di luce”. L’opera è prodotta da M’AMART con il sostegno di Assemblea Regionale Siciliana e Fondazione Sicilia.
Gli alberi sono sollevati da terra e le radici pronte a posarsi su un altro terreno: un invito ad agire. L’artista conduce lo spettatore nel suo viaggio a tratti “onirico” ma mai utopistico, mostrando un campo di ulivi ricchi, fluidi come l’acqua, tutti diversi ma uniti per formare una comunità. Le opere fanno parte di una collezione composta da 24 alberi – come 24 sono i libri dell’Odissea – che Pellegrino realizzerà, e che costituiranno una collezione diffusa.
“L’uomo è al centro di tutte le modifiche del nostro pianeta. Viviamo nell’epoca battezzata dagli scienziati antropocene. Siamo parte de “l’era dell’uomo”, ovvero una fase caratterizzata dall’impronta dell’essere umano sull’ecosistema globale. Tenendo conto dei cambiamenti climatici, dell’erosione del suolo, del riscaldamento degli oceani o ancora dell’estinzione di numerose specie, il “peso” delle attività antropiche sembra evidente”. Afferma l’artista.
Nell’ottica della multidisciplinarietà e della commistione tra i diversi generi artistici che contraddistingue le iniziative del Parco dell’anima, la presentazione dell’opera di Domenico Pellegrino sarà arricchita dalla danza, con la performance del regista e coreografo Ivan De Marco, Il pomeriggio di un fauno (in francese, L’Après-midi d’un fane).
Nel celebre balletto del coreografo Vaclav Nižinskij su musiche di Claude Debussy, cena, costumi e movimenti coreografici sono realizzati in perfetta armonia fra loro in un quadro dai chiari riferimenti alla pittura vascolare greca. I danzatori, ninfe e fauno, attraversano lo spazio scenico e vi si dispongono come in un fregio bidimensionale in un paesaggio onirico stilizzato. Un chiaro richiamo all’archetipo e al sogno di Alessia Montani fondatrice e direttrice artistica del Parco dell’anima che ha tra i suoi obiettivi quello di innervare tutta l’area del Mediterraneo nel segno del recupero e della conservazione di quanto di più prezioso ha l’uomo: la memoria, in tutte le sue forme. Anche attraverso il recupero delle antiche semenze e la tutela della biodiversità vegetali e animali.