TRAPANI – La droga viaggia su rotte commerciali, su “autostrade del mare” piene di navi che trasportano centinaia di tonnellate di hashish. Un giro da 200-400 milioni di euro al viaggio. Cifre da criminalità organizzata internazionale che riesce ad agire in più Paesi e in diversi Continenti. È lo scenario che emerge dal sequestro nel Canale di Sicilia della guardia di finanza di una nave mercantile con 30 tonnellate di hashish e al fermo dell’equipaggio, composto da 10 persone, condotti poi nel porto di Trapani. Cinque giorni fa un’altro analogo blitz delle Fiamme gialle in alto mare, al largo di Pantelleria, ha portato al sequestro di un cargo battente bandiera del Togo con 40 tonnellate della stessa sostanza stupefacente e il fermo di 16 persone.
Salgono così a 80 le tonnellate di droga sequestrate quest’anno dalla Guardia di Finanza che, con propri gruppi territoriali e speciali, come Goa e Scico, da tempo è sulla scia di questi trafficanti e ha in corso indagini con forze investigative internazionali e di altri Paesi.
La rotta è nota: il punto di raccolta e partenza dell’hashish avviene sulle coste atlantiche di Nazioni del Nord Africa, come il Marocco. È lì che organizzazioni criminali di siriani e libanesi organizzano le grandi spedizioni, utilizzando cargo che abitualmente frequentano, legalmente, le rotte commerciali e per questo più difficili da individuare. La destinazione è variegata e dipende anche dall’acquirente, che può essere unico, o avere più soci.
Il cargo con l’hashish attraversa lo stretto di Gibilterra e comincia la sua consegna anche in mezzo al mare: una “nave madre”, con una tecnica utilizzata da trafficanti di migranti, trasborda parte del suo carico su pescherecci o natanti di media dimensione che si dirigono poi verso le coste di Spagna, Italia, Francia… Il cargo, invece, continua la sua rotta iniziale che si concluderà in un grande porto dei Paesi dell’Est Europa, nel Mar Morto, in Turchia o in altre Nazioni dell’area.
Anche quest’ultima nave percorreva la stessa rotta, che era identica a quella carica di droga sequestrata cinque giorni fa: attraversato lo Stretto di Gibilterra si dirigeva verso il Mar Nero. A circa 50-60 miglia da Pantelleria mezzi aeronavali della guardia di finanza sono intervenuti attuando un«ispezione di bandierà. Sul ponte sono state trovate le prime confezioni di hashish. La complessa operazione internazionale è stata condotta da mezzi territoriali e speciali delle Fiamme gialle e in collaborazione tra il comando generale della Guardia di Finanza, il Maritime analysis and operations centre di Lisbona e la Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa) di Roma.
Sulla “rotta della droga” le Fiamme gialle impiegano aerei dotati di sofisticate apparecchiature di rilevamento e unità navali d’altura della Guardia di Finanza che effettuano vigilanza aeronavale nel Canale di Sardegna e nello Stretto di Sicilia per il monitoraggio delle rotte commerciali e la prevenzione e repressione dei traffici illeciti verso le coste italiane e comunitarie.
LE ROTTE
Il Mediterraneo è sempre stato un crocevia fondamentale delle rotte della droga: dall’Africa e dal Marocco in particolare arrivano le navi cariche di hashish e marijuana che per raggiungere l’Europa attraversano lo stretto di Gibilterra (proprio come le due navi fermate in questi giorni) e poi si dirigono verso l’Europa. Dai porti della Turchia partono invece le navi cariche di eroina prodotta in Pakistan, Afghanistan e Myanmar e che fanno un po’ la rotta inversa rispetto a quelle cariche di hashish ed “erba” con i porti di Gioia Tauro, Bari e Ancona che fanno spesso da porta europea per questo tipo di stupefacenti. Ci sono poi le navi cariche di cocaina che partono dal Sud America e sfruttano principalmete i porti europei (spagnoli e olandesi) che si affacciano sull’Oceano Atlantico ma non mancano i carichi destinati ai porti italiani come quelli di Genova, Livorno e la stessa Gioia Tauro a conferma che il Mediterraneo è diventato l’hub
logistico ideale per far entrare la droga nel Vecchio Continente.
Con i suoi 7.400 chilometri di coste, l’Italia diventa di conseguenza approdo ideale per piccole imbarcazioni, yacht, gommoni, velieri di ogni tipo, carichi di stupefacenti. Hashish soprattutto, su imbarcazioini guidati da due-tre persone che partono dalle spiagge del Marocco e arrivano fino alle coste siciliane e sarde, dove scaricano e ripartono. E di recente dalle coste africane sono arrivate anche partite di cocaina. Prima non succedeva. Ma ora i cartelli colombiani e messicani hanno stabilito basi operative nel golfo di Guinea, dove si fanno mandare la coca dalla madrepatria. Dopodiché la trasportano via terra, attraverso il deserto, fino in Marocco e da lì, su yacht e velieri, la portano in varie zone del Mediterraneo, tra cui le coste italiane della Sardegna e della Sicilia». E in Sicilia, secondo le indagini, a gestire i traffici c’è uno dei latitanti più pericolosi di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, che si è occupato di “rivitalizzare” contatti e canali attivi negli anni ottanta con con i principali cartelli della droga mondiali.
La caccia ai trafficanti corsari non si fa con controlli a tappeto, l’area marina sarebbe troppo vasta. Bisogna lavorare come gli investigatori della terraferma, analizzando dati, predisponendo intercettazioni, scambiando informazioni con le forze di polizia estere, collaborando con il Centro operativo di analisi marittime di Lisbona (Maoc) che ha competenza per tutto il Medirettaneo. E all’occorrenza, lanciarsi nell’inseguimento. Che spesso finisce – come in questi giorni – con un maxisequestro droga.