Buio in sala
Negli sguardi annichiliti di “Una questione privata” l’ossessione di un amore rivelatosi traditore
Nella lettura di Paolo e Vittorio Taviani del classico di Beppe Fenoglio "Una questione privata", si intuisce il genio fratelli nel desiderio di trovare la poesia anche in situazioni di drammaticità estrema come la guerra e di parlare d’amore quando è l’odio a colmare l’animo degli uomini. Manca, però, il tratteggio psicologico dei protagonisti, i dialoghi sono poveri di forza espressiva il protagonista (Luca Marinelli) è iperteatrale e mal si adatta al cinema. Quella ridondanza di sguardi annichiliti, i ripetitivi silenzi generano l’incapacità di trasmettere l’ossessione di un amore rivelatosi traditore
Ancora una volta i fratelli Taviani attingono ai grandi della letteratura; questa volta il romanzo ispiratore è “Una questione privata” di Beppe Fenoglio pubblicato postumo, e forse incompiuto, nel 1963. Il grande scrittore con questo suo libro voleva allontanarsi dalle tematiche sulla resistenza privilegiando proprio la sfera del personale in un momento in cui i destini di tutti erano accomunati dall’orrore della guerra; proprio da questo, il titolo “Una questione privata” che i Taviani hanno mantenuto immutato. Lo scrittore in questo libro, pur non prescindendo mai dal rigore realistico di una lotta partigiana condotta nei disagi e nelle difficoltà, scandaglia i sentimenti di quei giovani a cui la guerra rubava i migliori anni della vita; che sacrificavano la loro gioventù nel rispetto degli ideali politici, che fanno degli ingenui più arditi i tasselli fondamentali del progredire sociale di un popolo.
Lorenzo Richelmy, Valentina Bellè e Luca Marinelli in “Una questione privata” dei fratelli Taviani
La storia è semplice, quasi classica. Milton (Luca Marinelli) e Giorgio (Lorenzo Richelmy) sono giovani partigiani ed hanno conosciuto Fulvia (Valentina Bellè), sfollata a causa della guerra nella residenza estiva dei genitori, nella campagna piemontese. Durante tale periodo nasce l’amicizia tra i tre e, tra Milton e Fulvia, una storia d’amore: è un amore platonico fatto di letture, giochi e balli al ritmo delle dolci note di “Over the Rainbow” ma nel tempo il sentimento si alimenta consolidandosi soprattutto nella mente del ragazzo anche quando Fulvia va via. Milton, ancora militante, dopo un anno ritorna davanti alla villa di famiglia della ragazza: la scruta tra la nebbia quasi volesse ritrovarsi nell’estasi nascosta del suo passato, nella limpida atmosfera di quei giorni ed invece la spia di nascosto, quasi in un’azione di guerriglia amorosa. Viene però sorpreso dalla custode che lo riconosce e che gli dà la possibilità di rivedere i luoghi della felicità passata. Il rivisitare le stanze vuote lasciate in penombra, il rivivere ciò che è stato, il tenero amarcord di una felicità andata viene sconvolto dall’insinuare da parte della custode di una relazione tra Giorgio e Fulvia.
Nella mente del giovane esplode la gelosia davanti a cui tutto precipita; tutto perde significato e anche l’orrore della violenza diventa sfondo opaco alla rabbia e al sospetto. Nasce per il giovane Milton l’impellente quasi vitale necessità di verificare la veridicità di quell’insinuazione, che non può che concretizzarsi con la ricerca di Giorgio, (l’unico che può dirgli la verità) caduto nel frattempo nelle mani dei fascisti. La “questione privata” diventa febbrile inquietudine, ed elemento centrale della vicenda. A fronte delle corse ossessive del protagonista che cerca qualcosa che possa placare il suo tormento, il film si muove pachidermico e un po’ noioso.
Paolo e Vittorio Taviani
E, se si intuisce il genio dei Taviani nel desiderio di trovare la poesia anche in situazioni di drammaticità estrema come la guerra e di parlare d’amore quando è l’odio a colmare l’animo degli uomini, quando la tragedia fa ricoricare accanto alla madre morta la bambina che non può credere nell’abbandono della mamma, le aspettative dello spettatore rimangono in parte deluse. Forse ciò è dovuto al mancato tratteggio psicologico dei protagonisti, nei dialoghi poveri di forza espressiva e all’iperteatralità del protagonista (Luca Marinelli) che mal si adatta al cinema. Quella ridondanza di sguardi annichiliti, i ripetitivi silenzi generano l’incapacità di trasmettere l’ossessione di un amore rivelatosi traditore; di mostrare l’intensità dell’emozioni che squassano l’animo e stremano la mente indebolendola e fiaccandola; non fanno sentire la martellante e perenne follia di quel pensiero, unico chiodo fisso. Così lo spettatore, come il giovane Milton, si sente tradito dai fratelli Taviani nell’attenzione che in altre opere lo avevano abituato ad accedere con facilità alla pienezza dei messaggi che in questo film risultano più criptici.
Ciò non toglie che alla fine non se ne comprenda il messaggio, che, nello stile è quello loro. Infatti, nell’ultima scena del film quando Milton visto di spalle corre verso un punto lontano verso la linea dell’orizzonte si capisce come tutto questo percorso abbia avuto per il ragazzo il preciso significato di conoscenza e di crescita anche in mezzo all’orrore e al sibilare delle pallotte dapprima agognate nel desiderio di un abbraccio mortale e poi comprese nel loro folgorante e nitido significato di spinta salvifica: egli deve vivere; proiettarsi lontano anche se non se ne ravvisi alcun motivo per farlo; perché solo attraverso i percorsi oscuri, orribili che la vita offre a piene mani, in ogni tempo ed in ogni posto, nella consapevolezza di essere vivi, ognuno può ritrovare se stesso e dare un prezioso significato alla vita.
La scheda del film
Titolo: Una questione privata
Regia: Paolo Taviani
Sceneggiatura: Paolo e Vittorio Taviani
Durata: 84 minuti
Genere: drammatico
Cast: Luca Marinelli, Francesco Turbanti, Valentina Bellè, Anna Ferruzzo, Lorenzo Richelmy, Alessandro Sperduti, Guglielmo Favilla
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