Catania – Il titolo della mostra che Marella Ferrera ha allestito nel suo Museum&Fashion porta il titolo de “La Bottega dei Segni Perduti”, ma in realtà è anche una mostra dei Segni ritrovati. Le “furmitte” o “stampitte”, prodotte a Caltagirone da botteghe di cannatari e stovigliai nella seconda metà del XVIII sec., che la stilista catanese espone fino all’8 febbraio 2020, raccontano e ricostruiscono storie di un tempo che fu e che felicemente ritroviamo. Presentata lo scorso 8 dicembre insieme a Vincenzo Forgia, studioso, ricercatore ed esperto conoscitore calatino di maioliche antiche siciliane, “La Bottega dei Segni Perduti” è un meraviglioso viaggio nel tempo per ricostruire la memoria dei valori e delle tradizioni simbolo della nostra terra; un nuovo studio di ricerca, di storia che si cela dietro l’oggetto attraverso un attento allestimento curato insieme a Paolo Gagliardi.
Le prezioso formelle, destinate in origine a prelati e famiglie dell’alta società e raffiguranti soggetti “colti” e “raffinati” appartenenti alla simbologia sacra o mitologica, dal XIX sec. invece diventano più vicine al mondo popolare ritraendo scene di vita vissuta o quotidiana. Una geniale idea di dare un’impronta artistica a tutte le creme e geli di frutta e fiori. L’atlante iconografico della nostra Isola, fatta di “segni” ormai in estinzione. “… Emerge la sensazione che gli artisti dal XVIII al XX secolo avessero scritto una sorta di libro tramite le formelle, una sorta di racconto per immagini che andava quindi studiato e conservato per essere tramandato …”, scrive Vincenzo Forgia.
In esposizione anche i “Fischietti” degli artisti calatini Graziano e Leone, naif e coloratissimi, dalla valenza comunicativa e propiziatoria, di buon auspicio per il ritorno della primavera e destinati principalmente ai bambini. E poi i “pastorelli “ popolari dei “Presepi degli umili”, a volte “piatti” posteriormente, dal forte valore simbolico ed espressivo.
«Li ho sempre collezionati come fonte d’ispirazione, come lettere sparse in attesa di un alfabeto che poi diventasse scrittura», dice Marella Ferrera. «Ciò è stato possibile grazie all’incontro col Prof. Forgia, sono rimasta estasiata dalla sua “scrittura”. Come segni perduti e poi ritrovati, oggetti che improvvisamente dialogano con il presente e diventano radici del nostro futuro».