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Montante, dalla Cassazione “spallata” al reato di associazione a delinquere
Annullato, con rinvio al Riesame, il capo d’imputazione di associazione a delinquere. Uno “scossone” nel processo ad Antonello Montante, sul quale (assieme a Giuseppe D’Agata e Diego De Simone) ieri sera s’è pronunciata la sesta sezione della Corte di Cassazione su istanza dei legali dei tre imputati.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del Tribunale del Riesame (che aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Caltanissetta lo scorso marzo) nella parte che riguarda le ipotesi di corruzione, favoreggiamento, rivelazioni di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico. Ma mette in discussione l’associazione a delinquere, finalizzata alla commissione degli altri presunti reati, contestato a Montante e ai suoi sodali.
Si dovranno adesso attendere le motivazioni del dispositivo. Ma la palla ripassa adesso al Riesame di Caltanissetta, che dovrà pronunciarsi nuovamente. Non significa che non potrà confermare quanto già deciso, ma è chiaro che la pronuncia della Cassazione è un risultato che viene accolto con soddisfazione dai legali della difesa: Nino Caleca e Giuseppe Panepinto (con la “new entry” di Carlo Taormina nel collegio) per Montante; Marcello Montalbano per l’ex capo della security di Confindustria Di Simone; Mario Brancato per il colonnello D’Agata.
Difficile, in questo momento, stimare gli effetti sul processo in corso. Montante (assieme ad altri cinque) ha avuto accesso al rito abbreviato, del quale si sono già svolte un paio di udienze davanti al giudice e le prossime sono in programma il 7 e il 10 dicembre prossimi; 12 imputati sono stati rinviati a giudizio, con rito ordinario, dal gup nisseno Graziella Luparello e le loro sorti processuali sembravano destinate a incrociarsi con quelle degli altri quattro (fra cui il senatore Renato Schifani) che hanno invece chiesto il rito immediato con prima udienza il 17 dicembre.
Cosa succederà adesso? Gli avvocati difensori ritengono che sia messo in discussione la competenza del dibattimento a Caltanissetta, fondato sul fatto che tutti le accuse sono legate alla “regia” di un associazione a delinquere radicata nella città di Montante, ritenuto il capo. E qualcuno si spinge addirittura a ipotizzare lo “spacchettamento” del processo: i singoli reati contestati – dalla corruzione allo spionaggio-dossieraggio – potrebbero essere giudicati nei luoghi in cui sarebbero stati commessi (anche a Roma, Milano e Palermo) e non soltanto nella città nissena dove, invece, secondo i pm c’era la “sede legale” dell’associazione criminale.
Intanto, nei prossimi giorni dovrebbe arrivare – in attesa delle motivazioni – un’altra mossa della difesa di Montante: chiedere, di nuovo, la scarcerazione dell’ex paladino antimafia, recluso al “Malaspina” di Caltanissetta.
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